REGRET

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Roy era rimasto solo in ufficio, dopo che Riza era uscita chiaramente scossa. Sentiva la guancia su cui l'aveva colpito pulsare. Portò istintivamente un mano sul viso, ancora incredulo. Non capiva bene cosa fosse accaduto, si era mosso seguendo le sue pulsioni più profonde, senza ragionare. Il caldo doveva averlo fatto andare fuori di testa: cercare di baciarla, che stupidaggine!
Tornò lentamente a sedere, dimenticando completamente il foglio volato nuovamente a terra. Ancora teneva la mano sulla guancia rossa per la sberla ricevuta. Gli occhi erano persi nel vuoto, mentre ancora cercava di mettere chiaramente a fuoco le sue azioni di poco prima. Era stato un vero demente a farsi trascinare così in basso, prenderla con la forza cosa avrebbe risolto? Nulla, assolutamente nulla. Anzi ora aveva distrutto quel poco che aveva faticosamente costruito con pazienza in quei giorni. Lo schiaffo faceva male, sempre più male, ma non sul volto, quanto nel cuore. Non era stato semplicemente rifiutato questa volta, ma proprio rigettato e allontanato. Ed effettivamente se lo meritava, non poteva trovare scuse per quel che aveva tentato di fare. Non che un bacio fosse una cosa così drammatica, ma imporsi ad una donna era veramente vergognoso, sfruttare la sua superiorità fisica per le sue stupide voglie! Pensando ciò la sua mente fece tornare, forti, le sensazioni provate in quell'istante: le labbra morbide, il sapore della sua bocca, i capelli setosi. Un riverbero dell'emozione provata tornò a farsi vivo, facendolo nuovamente bruciare di passione. Forse ne era valsa la pena, forse non aveva sbagliato del tutto pensò, ma subito scacciò quei pensieri. Aveva fatto malissimo invece, non poteva mandare in fumo il lavoro di settimane per il piacere di un istante che a questo punto probabilmente non si sarebbe ripetuto mai più. Si sforzò per dimenticare la delizia provata, almeno per il momento, e concentrarsi invece sulle conseguenze dei suoi atti.
Ora come minimo lei non si sarebbe più avvicinata a meno di due metri. E, soprattutto, non gli avrebbe più dato la benché minima confidenza. Lo avrebbe guardato con rabbia e sdegno, l'avrebbe odiato. Sicuramente. Voleva farsi amare, ed invece ecco cosa aveva guadagnato con la sua impulsività. Aveva visto i suoi occhi infuriati, uno sguardo duro e freddo, uno sguardo che al solo pensarci faceva gelare il cuore del Colonnello. Persa per sempre, ecco quello era l'unico inevitabile e doloroso frutto delle sue azioni. Eppure lo sapeva che non era ancora tempo, che Riza ancora non era pronta ad un ulteriore passo avanti. La ragazza sembrava del tutto immune al fascino che invece stregava tutte le altre donne, e sicuramente non era persona che cambiava idea velocemente. Per quanto pensasse che alla festa, quando si era dichiarato, fosse ubriaco, lo aveva comunque rifiutato. Avrebbe dovuto usare tutto il tatto e l'arte che aveva per conquistarla, non saltarle addosso come un animale. Quanto era stato stupido, quanto! Ed ora per la sua idiozia aveva azzerato le sue possibilità, non aveva più nessuna speranza di riuscire a costruire qualcosa assieme ad Hawkeye.
Stava ancora pensando alla situazione disperata in cui si era cacciato quando sentì bussare alla porta. Una piccola parte di sé, quella speranza che ancora pulsava debole nel suo animo, penso che potesse essere il Tenente.
-Avanti- disse comunque demoralizzato, il rammarico era più forte.
Quando Havoc si fece avanti nella stanza quel piccolo barlume si spense del tutto.
Insolitamente Jean si posizionò in centro alla stanza, e fece un pulito saluto militare, togliendosi anche la solita sigaretta dalla bocca. Per quanto anche lui fosse solo in maglietta sembrava il più ligio militare di tutta la base. Però non parlò fino a che non fu Mustang stesso a chiedergli il perché di quella presenza.
-Il Tenente è uscito poco fa, quasi di corsa. Mi ha detto di riferirle che si sarebbe presa un giorno di ferie anche domani.-
Rispose sempre sull'attenti e senza mai guardare direttamente il proprio superiore che se ne stava appoggiato sui gomiti e con un'espressione distrutta in volto, ma pareva non rendersene conto.
-Ti ringrazio Havoc, puoi andare.- rispose atono l'uomo, e fece un vago gesto d'uscire. Se ne era andata a casa? Beh era naturale, probabilmente voleva stargli il più lontano possibile sin da subito, anzi ancor di più in quel momento. Forse era meglio così, aveva un po' di tempo per pensare a cosa fare quando sarebbe tornata. Anche se in fondo sperava di potersi chiarire il prima possibile, attendere avrebbe reso impossibile ogni spiegazione, se mai fosse stato in grado di darne una.
Era così perso nei suoi pensieri che si accorse solo dopo un attimo che il Sottotenente non si era mosso.
-Havoc?- domandò quindi all'uomo che si sforzava di mantenere alzato lo sguardo.
-Signore, non vorrei essere indiscreto, ma vorremmo sapere.- rispose quasi trattenendo il fiato.
Sapere. Havoc era stato mandato in avanscoperta dal resto della truppa per curiosare in pratica. In fondo, dovette ammettere Mustang, avevano le loro ragioni, quello era anche il loro ufficio e in qualche modo erano stati coinvolti da tempo. Non riuscì a trattenere un sospiro depresso. Non aveva molta voglia di spiegare in che modo stupido e infantile aveva sconvolto e messo in fuga la loro unica collega. Ma glielo doveva, per ciò che avevano fatto alla feste e per la comprensione che avevano dimostrato anche i giorni seguenti.
-Havoc, siediti.- gli disse allora, indicando una delle due poltroncine della stanza. Voltò la sedia e si tenne la testa con un mano, mentre cercava le parole per spiegare la situazione, mentre l'altro già era seduto e lo guardava incuriosito, la sigaretta ancora tra le mani. Respirò profondamente e tornò a guardare diretto verso il biondino.
-Sai cosa significa avere l'oggetto dei desideri a pochi centimetri da te per giorni e giorni e non poterlo toccare?-
L'altro non rispose, ma fece un cenno affermativo che significava semplicemente che lo stava seguendo.
-Bene.- fece una pausa. -Io sono uno stupido e a volte non riesco a trattenermi, e oggi ancora meno.-
Si fermò nuovamente e s'appoggiò pesantemente allo schienale della sedia, lanciando indietro il capo e fissando il soffitto della stanza.
-L'ho baciata...- la voce flebile, poco più che un mormorio, spenta. -non so bene cosa mi è preso, ma quando l'ho vista, sentita, lì... così vicino... non sono riuscito a trattenermi e l'ho presa con la forza, oddio, l'ho presa di sorpresa più che altro.-
Havoc sgranò gli occhi, quindi abbassò lo sguardo e cominciò a giocare freneticamente con la sigaretta spenta. L'alchimista tornò ad osservarlo, abbassando di colpo la testa.
-Sono stato un vero cretino, vero?-
Il sottoposto continuò ad ignorare l'uomo, aprì la bocca ma poi la richiuse istantaneamente.
-Rispondi Havoc, ti ho fatto una domanda.- insistette Roy, con quel tono così stranamente mesto.
L'altro gli diede un'occhiata di sfuggita, poi tornò a concentrarsi sulle sue mani che continuavano a muoversi in modo irrequieto.
-Sì, credo sia stato veramente stupido.- mormorò.
-Già, terribilmente stupido...- commentò il Flame Alchemist mentre tornava a girarsi sulla sedia e fissava involontariamente il punto in cui aveva incontrato le labbra della sua sottoposta.
-Colonnello.- Jean richiamò la sua attenzione con un filo di voce in più rispetto a poco prima.
-Sì?-
-Credo di capire perché l'ha fatto, nessuno di noi la incolperà per ciò che è accaduto. È stato già un miracolo che si sia trattenuto sino ad ora.-
Havoc stava cercando di consolarlo? Roy si stupì per quelle parole, ora anche i suoi sottoposti avevano compassione di lui. Che pessime figure che stava facendo quel giorno. Eppure quelle poche parole gli stavano facendo un effetto strano, sentiva gli occhi bruciare, e il respiro mancargli. I suoi tentativi erano stati vani sin dall'inizio, era impossibile per lui fare breccia nel cuore di quella donna, anzi era impossibile per chiunque. E ora era pure lì ad elemosinare la pietà dai suoi uomini.
Scacciò il biondo sottotenente con un gesto secco, mentre si girava a dargli le spalle. Le lacrime scendevano lente ma inesorabili. Farsi vedere nuovamente in quelle condizioni, per di più da sobrio, era una vergogna in più che quel giorno non poteva sopportare.
In realtà non riuscì a piangere veramente, solo le lacrime continuavano a cadere. Ormai, dopo aver parlato con Havoc, aveva assorbito del tutto il fatto. Prima pensava alla questione senza averla realmente capita, ma ora tutto era scoppiato dentro di lui. Il dolore, ma soprattutto il rammarico per aver distrutto tutto, per aver perso definitivamente la donna che amava per uno stupido istinto. Si odiava per quel che aveva fatto, sia a lei che a se stesso. Come poteva anche solo pensare di riuscire a parlarle ancora una volta come in quei giorni?

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