Capitolo 7

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Arrivo al campo della scuola in anticipo.
Entro in spogliatoio ed inizio a stringere i nodi della mia racchetta da lacrosse.
-Siamo in anticipo, Taylor- appare il coach che accende i lampioni nel campo.
Un suono sordo, proveniente dall'esterno mi provoca scosse di adrenalina.
Pian piano arrivano anche gli altri, la tribuna inizia a riempirsi e le cheerleader iniziano il riscaldamento.

-Tutti qui- ci richiama il coach- i Dragons non sono da sottovalutare, ma ho visto come avete lavorato durante questa settimana e devo ammettere che sono soddisfatto.-
Ci guardiamo a vicenda con sguardi fieri.
I miei occhi incrociano quelli di Jackson, lui mi lancia un sorriso di superiorità e io rispondo alzando con disprezzo il labbro superiore.
Il coach continua:- Carter. In porta, continua a fare i tuoi miracoli, come durante gli allenamenti.-
Aaron fa un passo avanti e impugna la sua racchetta. Il numero 9 stampato sulla maglia da partita è consumato; gli avevano detto di cambiarla, ma lui ne va troppo fiero.
-Difensori: Smith! Thomas! Johnson!-
3, 15, 7.
- In centrocampo:Anderson! Williams! Garcia!-
11, 59, 28.
-Attaccanti: Nelson! Rodriguez!-
19 e quello squallido e arrogante 34.
Il coach si rivolge a me:- Taylor! Sono tutti nelle tue mani, capitano.-
Sorrido.
"Capitano"
Ma quanto cazzo suona bene?
Mi sfioro orgoglioso il numero 21 stampato sulla mia maglia, impugno con decisione la mia racchetta e prendo il casco sotto braccio.
Tendo la mano verso il centro.
Immediatamente viene sotterrata da quelle di tutti gli altri.
-Uno, due, tre...- urlo.
-WOLVES!- rispondono gli altri in coro.

Aspetto nell'entrata del campo, sotto gli spalti, con gli altri.
Vedo le cheerleader fare le loro acrobazie.
Una volta anche Lily era tra loro.
Una delle ragazze viene lanciata e piroetta sospesa in aria, per una frazione di secondo vedo Lily. Scuoto la testa, non è reale. Ritorno a guardare, l'adrenalina mi gioca brutti scherzi.
Inspiro.
Espiro.
Mi metto il casco.
Dalla mia visuale, coperta da plastica grigia quadrettata, vedo l'erba che brilla sotto la luce dei lampioni.
Il coach mi da una pacca sulla spalla, invitandomi ad andare.
Corro verso il centro del campo, seguito dagli altri. Fingiamo un ululato. Una tradizione che si tramanda come un rituale ad ogni inizio partita.
Dagli spalti si leva un applauso comune.
I Dragons con le loro maglie viola sono già posizionati.
Mi stacco dal gruppo, così come il capitano avversario, ci stringiamo la mano.
Ritorno dai miei compagni.
Do un paio di colpetti sui para spalle, per darmi coraggio.
Con la coda dell'occhio vedo il coach sedersi sulla panchina, vicino alle riserve: Lopez e Foster.
Inizia la partita.
È un susseguirsi di lanci e scatti. Amo questo ambiente. È l'unico momento in cui non penso a niente. Né al passato né al futuro: solo al presente.
Il tabellone dei punti segna 4-4.
Mi viene passata la palla, i nodi saldi della racchetta la trattengono. Corro verso la porta avversaria. Meno di quindici metri separano me e il prossimo punto.
Il mio sguardo cade sul pubblico.
Lily, è lei! I suoni attorno a me si zittiscono, come ovattati. Rallento. Mi sta sorridendo.
Una spallata in pieno petto mi fa cadere e perdere la palla. La mia schiena sbatte violentemente a terra.
Che stupido. Non era lei. È impossibile.
-Taylor!- è la voce del coach.
Applauso: punto avversario.
Fischio: fine partita.
4-5
Cazzo.

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