Ci volle un’infinità di tempo prima che osassi riaprire gli occhi e realizzassi che non mi ero fatta nulla. O, almeno, non ancora. Ero sospesa ad almeno una decina di metri da terra, incastrata in una rete di arbusti che avevano frenato la caduta all’ultimo istante. I loro rami mi erano penetrati in ogni parte del corpo, graffiandomi la faccia, e un fastidiosissimo bruciore mi tormentava il fianco. Imprecai fra i denti, non osando muovere un muscolo. Possibile che dovevo finire proprio fra quei cosi pieni di spine? Beh, in fin dei conti, sempre meglio che sfracellarsi sulle rive del fiume ghiacciato!
Con un profondo respiro, osai guardare giù, trattenendo a fatica le vertigini. Sarebbe bastato il minimo gesto a farmi cadere di sotto. Ma dovevo trovare comunque il modo di liberarmi da quella scomoda situazione, anche perché non sapevo quanto quei sottili rami secchi avrebbero retto il mio peso.
Facendo appello a tutte le mie forze, mi districai più veloce che potevo dalle spine che mi trattenevano per i capelli e i vestiti, divincolandomi dalla loro presa dolorosa e cercando di raggiungere il frammento di terra più vicino. Con uno schiocco secco, l’arbusto si spezzò sotto il mio peso, facendomi fare un volo di qualche metro, rotolando rocambolescamente giù per il pendio innevato, rischiando di andare a sbattere contro un albero.
Rimasi lì, distesa bocconi nella neve, lo sguardo perso sulle cime degli alberi che in quel momento mi sembravano di un’altezza vertiginosa, irraggiungibile, ogni centimetro del mio corpo dolorante e sanguinante. Eppure, ero ancora viva. Viva! Era più di quanto potessi sopportare. Scoppiai in un pianto silenzioso, le lacrime che mi scendevano lentamente lungo le guance parevano lame incandescenti in confronto a tutto quel bianco gelo che mi circondava da ogni parte.Quando finalmente mi calmai, mi tirai lentamente su a sedere e mi guardai intorno smarrita. Che fare? Dove sarei andata? Alzai lo sguardo verso il pendio da cui ero precipitata. La gola era così profonda che non riuscivo neanche a scorgerne la sommità. Il cuore mi si contrasse con una fitta dolorosa. Edmund. Come poteva una persona mostrarsi così crudele e priva di scrupoli? Quale anima nera si celava dietro quello che sembrava un ragazzo per bene, forse solo un po’ troppo sicuro di sé?
Sbattei le palpebre con violenza, come per scacciare un pensiero sgradevole. Per un attimo, solo per un attimo, una vocina maliziosa mi aveva sussurrato cose assurde quanto imbarazzanti, idee sciocche quanto irrazionali, ma che in qualche modo, nonostante in quel momento non lo avrei mai ammesso, erano la verità. Una nuova fitta di dolore mi percorse il petto e, nonostante stessi lottando con tutte le mie forze per evitarlo, scoppiai a piangere di nuovo, questa volta non per il dolore o la paura, ma per qualcos’altro, qualcosa che andava più profondamente nella mia anima, senza ancora rivelare la sua presenza, fuorché quella tristezza infinita che mi aveva presa in una morsa d’acciaio, terribile come la consapevolezza di essere stati traditi da una persona che si ama.
«No!» singhiozzai, sfregandomi violentemente il volto arrossato con il dorso della mano. «No! No!»
Scrollai il capo con furia, guardandomi intorno nuovamente alla ricerca di un segno, un punto di riferimento, qualcosa che mi strappasse via da quei miei assurdi pensieri e mi facesse preoccupare di cose ben più importanti di un ragazzino dalla lingua biforcuta. Seguii con lo sguardo il corso sinuoso del fiume che si perdeva nella foresta, simile a un pericoloso sentiero ghiacciato. Non so perché feci quell’associazione, ma, in qualche modo, sentivo che ero sulla strada giusta. Mi incamminai, dunque, lungo la sponda gelata, stando attenta a non scivolare sulla sottile lastra di ghiaccio che si estendeva a pochi metri da me, gorgogliando impercettibilmente all’interno della sua prigione. Marciai per un tempo infinito, le gambe sempre più doloranti e i piedi che ormai non li sentivo più, fino a quando non stramazzai al suolo priva di forze, addormentandomi lì dov’ero, senza preoccuparmi minimamente di trovare un riparo.
***
Fui risvegliata da un rumore che credevo di aver dimenticato, una specie di crepitio scoppiettante, accompagnato dal buon profumo della legna fresca. Aprii gli occhi lentamente, facendomi accarezzare da quel bagliore rossastro che mi riscaldava il volto. Un fuoco acceso. E una coperta di lana che mi ricopriva. Possibile che stesse accadendo davvero?
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The Passage
Fanfiction// una fanfiction ispirata a "Le Cronache di Narnia// Tornano le avventure dei fratelli Pevensie, ma questa volta non saranno soli. Penelope Mantis, una ragazza di quattordici anni che vive nel centro di Roma dei giorni nostri, troverà infatti una p...