//Fuga//

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Libera. Ero libera.

Continuavo a ripetermi mentalmente quelle parole quasi fossero state un mantra, fissando come inebetita la catena che giaceva inerte sul pavimento ghiacciato, lontana dalla mia caviglia. Ma non ero solo libera. Di colpo mi sentivo più forte, più decisa. Uno strano senso di calore pervadeva le membra intorpidite dal freddo e dalla paura, facendomi fremere di una voglia irresistibile di sentirmi viva, determinata, pronta all'azione. Non mi sentivo più paralizzata dal gelo, nonostante fossi vestita solamente della mia solita tuta marrone con il cappuccio e avessi ai piedi solamente un paio di calzini bagnati, anzi, avvertivo addirittura caldo.

Aslan.

Sapevo che era un ragionamento del tutto insensato, ma ero certa che mi sentivo così da quando avevo visto Aslan accanto a me. Lui mi aveva parlato e mi aveva liberata. Avevo una missione da compiere in quel momento. Narnia aveva bisogno di me per permettere alla profezia di avverarsi. E io avevo bisogno di Narnia. Il cerchio era chiuso. Non potevo uscirne in alcun modo. E di certo non potevo restarmene lì seduta sul pavimento a rigirarmi i pollici, non quando avevo davanti un'occasione come quella. Alla Tavola di Pietra, aveva detto. Un altro appuntamento.

Mi lambiccai disperatamente il cervello per cercare di capire dove si celasse la trappola questa volta; anche se, in fin dei conti, qualunque posto sarebbe stato meglio di quella prigione ghiacciata. Ma quella volta sarei stata più prudente, di questo ne ero certa: al primo segnale di pericolo, me la sarei data a gambe più veloce che potevo.

Mi alzai dunque da terra, sentendo finalmente il sangue defluirmi nelle gambe, dandomi un piacevole formicolio di sollievo. Mossi qualche passo, sondando la cella alla ricerca di eventuali vie di fuga, quando il mio sguardo cadde su di lui. Edmund! Per poco non mi scordavo che non ero l'unica, a essere prigioniera! Mi avvicinai timidamente al ragazzo, convinta che anche lui fosse stato liberato, ma, con mia grande sorpresa, lo ritrovai esattamente dove lo avevo lasciato prima di perdere conoscenza, addormentato e con le gambe ancorate al suolo dalla pesante catena. Le sue condizioni erano visibilmente peggiorate. La pelle già pallida di suo aveva assunto un preoccupante colorito bluastro e il ragazzo tremava impercettibilmente. Forse aveva anche la febbre. Dovevo portarlo via di lì a tutti i costi, o sarebbe morto comunque, e al diavolo quel suo caratteraccio che si ritrovava!

Gli sfiorai timidamente la spalla, cercando di riscuoterlo dal sonno senza provocargli altri traumi. Era freddo come il ghiaccio. «Edmund?» lo chiamai a bassa voce.

Di nuovo quel suo sguardo incredibile mi inchiodò lì dov'ero. Rabbrividii e abbassai gli occhi.

«Che vuoi?» domandò lui in modo scortese.

«Non l'hai visto?» azzardai, sperando di non sembrare completamente pazza.

«Visto cosa?»

«Aslan!»

Edmund aggrottò le sopracciglia nere, scuotendo debolmente il capo.

«Ascolta, non c'è tempo. Dobbiamo andarcene di qui e raggiungere la Tavola di Pietra il prima possibile. Lì dovremmo essere al sicuro.»

«Che ne sai?» mi provocò lui in tono di sfida.

«Lo so e basta!» risposi con decisione. Quello non era proprio il momento delle discussioni. «Sono libera. Ti basta?»

Edmund mi fissò con tanto d'occhi. «Come hai...?»

«Aslan, che tu ci creda o no» dissi in tono sbrigativo.

«Va bene, va bene, sarà stato pure questo Aslan; ma intanto io sono legato da questa catena, non so se mi spiego.»

«Sta' zitto un attimo e lasciami pensare a un modo per liberarti, piuttosto!» imprecai io di rimando. Ero davvero tentata di lasciarlo lì e darmela a gambe da sola, se non ci fosse stata la profezia in mezzo, con il rischio di ritrovarmi la Strega Bianca in giro per il mio mondo.

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