//Tempo di tornare a casa//

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I Pevensie attraversarono il corridoio di marmo al centro della grande sala del castello di Cair Paravel, fermandosi infine dinanzi ai loro troni. Aslan li chiamò uno alla volta, ponendogli le corone sul capo e chiamandoli con quelli che sarebbero stati i loro nomi da sovrani: Lucy la Valorosa, Edmund il Giusto, Susan la Dolce e Peter il Magnifico, che da quel momento in poi gli sarebbero appartenuti per sempre. Io rabbrividii, pervasa da una gioia incontenibile nel vederli lì, tutti insieme, maestosi e allo stesso tempo puri, sovrani incontrastati come aveva stabilito la profezia, uniti nel loro destino. Ma alla felicità si stava lentamente sostituendo uno strano senso di tristezza, soprattutto quando alzavo lo sguardo verso quella figura gracile e bruna vestita di azzurro, la quale non incontrava più il mio sguardo.

Edmund era un re, ora, e ciò lo faceva sembrare distante chilometri da me. Da quel momento in poi, avrebbe avuto le sue responsabilità, i suoi doveri, avrebbe dovuto governare il regno e diventare un uomo. Il suo posto non era più quello che fino a quel momento avevamo chiamato "il nostro mondo", ma a Narnia. Lo sapevo sin dall'inizio che alla fine le nostre strade si sarebbero dovute dividere, ma allora non immaginavo minimamente ciò che significasse. Non avevo ancora accettato i miei sentimenti per il Giusto, per me non sarebbe stato un problema vivere senza di lui, come se non ci fossimo mai incontrati. Non avevamo ancora combattuto l'uno a fianco dell'altra, non gli avevo mai stretto la mano pregando che restasse in vita, non sapevo che cosa significasse trascorrere il tempo con lui, scherzare insieme e, alla fine, incontrare le sue labbra in quel bacio che non mi sarei mai aspettata.

Molte cose erano cambiate da quel "ti amo", definitivamente. Nulla sarebbe mai stato come prima. E, in quel momento, desideravo tanto che tutto ciò non fosse mai accaduto, non dopo aver visto il prezzo da pagare. Ora io e lui non avevamo più nulla a che vedere l'uno con l'altra, io sarei dovuta stare nel mio mondo, e lui nel suo: Aslan era stato molto chiaro su questo, dopo la battaglia. Divisi per sempre.

Capendo che non avrei potuto sopportare oltre, mi voltai e fuggii dalla sala senza dare nell'occhio, non volendo rovinare quel momento di festa, le lacrime che scendevano lentamente sulle mie guance.

Capendo che non avrei potuto sopportare oltre, mi voltai e fuggii dalla sala senza dare nell'occhio, non volendo rovinare quel momento di festa, le lacrime che scendevano lentamente sulle mie guance

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La spiaggia era di nuovo davanti a me, il mare che si perdeva nell'infinito sotto il cielo rosato dal tramonto, il grande palazzo di marmo che si stagliava maestoso sulla scogliera. Il mio sogno era lì. Io ero nel sogno. Il mio sogno. Quello che per tanti anni avevo cercato e in cui ero tornata, alla ricerca di risposte che avrei riportato nel mio mondo, il posto che mi apparteneva e che mi era sempre appartenuto, pronta a diventare anch'io una donna. Un fruscio felpato accanto a me mi fece voltare il capo verso il grande leone che mi si era avvicinato.

«Il mio tempo è scaduto, vero?» chiesi con un velo di tristezza nella voce.

«Sì, Figlia di Eva. Hai imparato da questo mondo tutto ciò che ti serve per affrontare il tuo. Da questo momento in poi, saprai ricoprire il tuo ruolo con giustizia e saggezza, proprio come hai imparato qui, e la tua vita sarà felice» rispose Aslan con dolcezza.

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