«Ci vediamo fra dieci giorni, okay?» mi disse mia madre, ripetendolo per l'ennesima volta. Ci trovavamo sull'uscio della porta, mia madre fuori ed io dentro. Aveva un cappello di paglia in testa che quasi le copriva tutta la faccia, la borsa marrone in spalla e il trolley rosso in mano, strapieno di roba. Sorrisi, annuendo.
«Divertiti, okay?» le risposi.
«Se non funziona la lavatrice basta che premi il pulsante che si trova dietro alla porta del bagno e la fai ripartire. Ti ho lasciato un po' di roba nel frigo, mangiala sennò va a male. Mi raccomando ricordati che ogni volta che esci devi chiudere tutte le serrande, e non ti dimenticare nemmeno di pulire un po' il salotto, che...»
«Mamma, tranquilla. So fare tutto, lo sai. Non ti preoccupare di cose che non servono. Pensa un po' a te, te lo meriti.» Le diedi un bacio sulla fronte, facendole cadere il cappello. Sorrise, con gli occhi azzurri che scintillavano controluce.
«Lo faceva sempre anche tuo padre.»
Senza volerlo, arrossii. Mia madre non aggiunse altro, raccolse il cappello e si avviò verso il taxi che la stava aspettando. Lasciò che il tassista mettesse borse e aggeggi vari nel bagagliaio, per poi aprire la portiera ed apprestarsi a salire nei posti. Si girò verso di me.
«Ti potrò chiamare?»
Risi. «Quando vuoi.»
Sorrise, tenendosi il cappello con una mano, mentre l'altra la sventolava al vento. La salutai per l'ultima volta con la mano. Mi appoggiai con la spalla contro al muro, a braccia incrociate, continuando a guardare la scena fino a che non vidi il taxi sparire sull'incrocio. Sospirai, rientrando a casa.
Presi il cellulare, scrivendo sul gruppo della novità. Come tutti i sabati, volevamo passare tutta la giornata insieme, e se ce n'era la possibilità, anche la notte. Vista la mia casa libera, informai gli altri che questa settimana si poteva fare da me, avrei pensato a tutto io. Avevo due letti matrimoniali, un divano-letto e tanto spazio in salotto, era perfetto. Diedi a tutti quanti il via libera, dicendo che potevano venire a qualsiasi ora. Alcuni risposero dicendomi lo stesso il momento in cui sarebbero venuti, altri invece si limitarono a scrivere un "ok", altri ancora visualizzare e non rispondere.
Passai la mattinata a pulire il salotto e la mia camera, visto che avrei dovuto ospitare tutti i miei amici. Feci pranzo da solo, accontentandomi del piatto degli avanzi della sera prima, riscaldato.
Mentre stavo facendo i piatti, suonò il campanello. Andai ad aprire con i guanti ancora messi, gialli canarino in tinta con le mie bellissime ciabatte pelose. E chi mai potevo ritrovarmi davanti?
Layn mi guardò sorpresa, squadrandomi dal basso verso l'alto, per poi dipingere sul proprio volto uno sguardo divertito.
«Ciao» mi disse, sorridendo. Il cuore mi fece una capriola mentre arrossivo per l'imbarazzo.
«Non ti aspettavo qui» mi giustificai, facendole cenno di entrare. Lei, conoscendo già la casa, appoggiò il solito giubbetto di pelle nero sopra il divano già spostato per la notte e mi raggiunse in cucina.
«Puoi metterti seduta, non mordo» le dissi, vedendola di marmo vicino a me. Si sollevò e si sedette accanto al piano cottura, su una zona sgombra. Mi guardò mentre finivo di fare i piatti.
«Sei il primo uomo che vedo farli» constatò.
«Volevo andare a vivere da solo, ho imparato tutte le faccende per questo. Poi sono dovuto restare per mia madre... non che mi dia fastidio, sia chiaro. Ma ogni tanto mi metto a pensare come sarebbe la mia vita se fossi solo.»
Vidi con la coda dell'occhio che Layn mi stava guardando in viso, seguendo la mia mascella, per poi guardare il mio collo.
«Ora tua madre sta bene, potresti parlargliene.»
«Più in là.»
Finì così questo discorso. Mi aiutò ad asciugare i piatti, ma rimase comunque silenziosa. Io non avevo nulla da dire, mi bastava averla vicino. Non era arrabbiata, sembrava solo pensierosa.
«Qualcosa che non va?» mi decisi finalmente a chiederle, mentre mettevo a posto l'ultimo piatto, «Sei molto silenziosa.»
«Lo sono sempre» mi rispose, guardandomi dritto negli occhi. Aveva come una luce infuocata nelle pupille, nell'aria si toccava con mano una certa tensione. Non volevo che pensasse fossi uno sprovveduto, così sorrisi sotto il suo sguardo penetrante.
«Layn, mi stai spogliando con gli occhi da quando sei arrivata, e non è per colpa di queste ciabatte bellissime» dissi indicandomele. Non avrei mai pensato di riuscire a dire una cosa simile ad una ragazza, ma ormai era fatta. Layn non aveva problemi in questo senso, ne ero abbastanza sicuro. Aveva preso confidenza con me, specialmente grazie alle sere precedenti. Il mio sesto senso non era in allarme, così parlai. Ma mai mi sarei aspettato quella reazione. Me la immaginavo arrossire, facendosi piccola sotto il mio sguardo. Magari avrebbe anche ammesso ciò, e avrebbe detto che il suo scopo era di farmi sua perché mi amava e mi voleva. Queste cosa accadono solo nei libri, vero?
Layn mi mise le mani sul petto, attaccandomi piano al frigo, questa volta mangiandomi veramente con gli occhi. Si morse il labbro e mi guardò con sguardo furbo, facendo scendere le sue mani sul mio bacino. Accarezzò le mie gambe, passando poi alle cosce. Non so che espressioni feci, ma sicuramente era lei a farmi impazzire e non io come speravo.
«Così ti sto mangiando con gli occhi, Le-loyd. E sembra che non ti dispiaccia per niente.»
Layn sorrise, staccandosi leggermente da me, guardando i miei pantaloni. Il contatto fisico faceva questo effetto a tutti, a cavolo, quel contatto fisico faceva solo impazzire. Misi le mani in tasca per cercare di nascondere la mia erezione evidente che già Layn aveva notato e sentito.
La diavoletta sorrise, scuotendo la testa. «Biondino, a me va bene. Fai qualcosa oppure continui a fare il bravo ragazzo? Perché ho i miei metodi per farti cambiare idea.»
Apri la bocca per ribattere, ma ero incollato al suo sguardo, ai suoi occhi grandi e verdi fatti risaltare dall'eyeliner nero.
Lloyd, se non fai nulla ti ammazzo, sentivo la voce di Kai nella mia testa.
Così, presi la ragazza per i fianchi e senza fatica la portai fino in camera, con lei che mi circondava il corpo con braccia e gambe.