𝗰𝗮𝗽𝗶𝘁𝗼𝗹𝗼 𝗻𝗼𝘃𝗲

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Trascorse qualche altra settimana.
Ushijima si era appena svegliato: dopo tanto tempo, aveva dormito nuovamente nella sua camera. La sera prima aveva fatto fin troppo tardi agli allenamenti per potersi recare in ospedale.

Sfortunatamente, il risveglio non fu dei miegliori: stille di sudore percorrevano la sua fronte, egli tremava e tremava, ma non per il freddo.
Tentò di calmare il suo respiro mettendosi seduto, stringendo le coperte; mai un sogno gli era sembrato vivido e vero quanto quello. Disperatamente cercò il cellulare, imprecamdo per il lungo tempo che ci mise per accendersi.
Tiró un sospiro di sollievo nel vedere il nome del rosso tra i messaggi recenti.

"Buongiorno Toshi"
Ma ciò non bastava, le sue preoccupazioni non si placarono affatto. Cercò di chiamarlo, mentre le sue mani tremavano tanto da fargli venire il mal di mare. Gli squilli parvero eterni, e per ogni bip, il suo cuore perse un battito.

"Oi Wakatoshi, buongiorno!" esclamò la voce flebile in qualche attimo: il silenzio regnò per qualche secondo, e forse egli scambiò il respiro affannoso dell'amico per un altro dei suoi allenamenti estremi.
"Va tutto bene?"
"Mh? Come sempre..." rispose il rosso, mentre con stanca leggerezza si distendeva sul letto "Piuttosto, come stai tu! Mi pari abbastanza scosso..."

Ciò che più preoccupava Ushijima, erano le condizioni dell'amico: esse peggioravano e peggioravano, nonostante egli continuasse a prendere gli antibiotici. Faceva molta fatica a respirare, tanto che ogni respiro gli sembrava un salto nel vuoto, una lotta continua; colpi di tosse, rigetti, estrema stanchezza; tutto ciò lo stava ormai distruggendo.
La sua natura ottimista, però, sembrava non cedere. Agli occhi dell'asso, pareva quasi che egli si aggrappasse a quel vuoto, cercasse disperatamente le ali di cui era stato privato.

"Wakatoshi, ci sei?" chiese Tendou dopo qualche momento di silenzio.
"Sì... sì, ci sono. Sto bene."
L'altro comprese che quella non fosse altro che una bugia, e sbuffò all'evidenza.
"Dicevo, oggi vieni qua?"
"Sì, parto adesso." si affrettó a dire il ragazzo: veloce, spostò le coperte, aprí la schermata del cellulare e si preparò a riattaccare. Udí però la voce del malato, che flebile si protraeva: rapida, chiedeva di non porre fine alla chiamata, cercava Wakatoshi nel disperato tentativo di esporgli il suo desiderio.
"Mh? Che c'è?" domandò questi.

Piano, il rosso si alzò dal letto. Percepí le sue membra farsi pesanti, il respiro divenire flebile, mentre si avvicinava alla finestra. Sì poggió sul davanzale, esitando ed esitando, osservando il suo paradiso con occhi colmi di nostalgia.
"Mi chiedevo, visto che tra poco è il mio compleanno..."
"Tendou..." lo interruppe Wakatoshi in qualche secondo: sapeva bene dove egli volesse andare a parare e, di prendersi una responsabilità così grande, ancora non se la sentiva.
"Lasciami finire, ti prego." ribatté stanco "Mi basta un'ora. Anche, soltanto, una misera ora. Voglio respirare il mare, sentire il sale che mi invade e mi libera i polmoni. Voglio stare bene, Toshi. Un'ultima volta." 

E a quelle parole, Ushijima si sentí come investito. La sua rassegnazione gli faceva male, eccome se lo faceva.
"Caspita, ti è piaciuto davvero tanto quel posto..."
Mi è piaciuto davvero tanto; il tramonto, il mare e la brezza; i sorrisi, le risate e te.
"Pensavo che ormai si fosse capito" sorrise l'altro, malinconico.
Un poco addolcito, forse Ushijima si sentí in vena di fare promesse. O almeno, di dare un accenno di quella che poi, sarebbe potuta essere una promessa.
"Dai, adesso arrivo e ne parliamo, okay?"

Satori non poté fare a meno di rimanere a bocca aperta.
Negli ultimi mesi, l'amico non aveva fatto altro che limitarsi a "no" secchi alla sua richiesta. Ma stavolta era stato diverso.
"Sì! Muoviti!" esclamò entusiasta, facendo percepire all'altro la sua esaltazione non appena ebbe chiuso la chiamata. Ciò che Wakatoshi stava cominciando a comprendere, era che, forse, sarebbe stato meglio concedere quell'uscita a Satori prima che le cose potessero mettersi davvero male.
E così, il suo compleanno sarebbe stato una settimana dopo: tempo permettendo, lo avrebbe portato ancora una volta alla spiaggia. Così disse quel pomeriggio.

"Grazie, grazie, grazie Wakatoshi!" esclamò il rosso abbracciandolo.
"Te lo avevo promesso, no?" Ushijima sforzó un sorriso.
Satori annuì, e i suoi lineamenti pallidi e malati espressero la più viva felicità in quel momento. Le iridi di Ushijima incrociarono le sue, ed un nodo strozzó la gola di quest'ultimo di fronte alla visione: amò vederlo lieto, lo aveva sempre amato. Tuttavia, il contrasto che la morte creava su di lui era spaventoso. Ombre oscure che schiarivano la sua luce.
Pensò che non si meritasse tutto ciò.
Non lui, tanto puro da esser felice per le benché minime cose.

La sua pelle pallida risaltó le sue guance come le rose, i suoi occhi cremisi creavano un bagliore rosso speranza.
"Dai vieni qua, raccontami dell'allenamento di ieri." esordì spezzando il silenzio: piano, picchiettò sul letto, e finalmente Wakatoshi di sedette di fianco a lui.
La giornata trascorse tra serie tv, fumetti e antibiotici, e quando venne l'ora, stavolta fu Ushijima ad addormentarsi sul petto di Tendou.
Questi, ancora sveglio, osservó il suo volto. Vide come una lacrima contornasse le sue ciglia, e piano, con le dita l'asciugó.

"Non preoccuparti," bisbiglió "mi va bene così, finché ci sei tu."

Le parole si dispersero nell'aria e, dopo qualche minuto, il sonno rese anche lui prigioniero.
Fin da bambino, Satori aveva fermamente creduto di aver bisogno dell'amico per portare avanti la sua vita. Tuttavia, ancora non sapeva quanto in quegli ultimi giorni Wakatoshi avesse compreso che, in fondo, avevano bisogno l'uno dell'altro.

❝𝗳𝗮𝗿𝗲𝘄𝗲𝗹𝗹, 𝗺𝘆 𝗽𝗮𝗿𝗮𝗱𝗶𝘀𝗲❞ 𝗎𝗌𝗁𝗂𝗍𝖾𝗇Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora