𝗰𝗮𝗽𝗶𝘁𝗼𝗹𝗼 𝘂𝗻𝗱𝗶𝗰𝗶

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I due ragazzi camminarono per una ventina di minuti.
Il leggero vento di maggio gli scompigliava i capelli: per loro fortuna, esso non era freddo, anzi, quasi li avvolgeva nel calore.

Satori, seppur fosse stato in quel posto soltanto una volta, pareva ricordarsi la strada in modo impeccabile: il silenzio regnó sovrano durante il tragitto, ma gli sguardi preoccupati di Wakatoshi espressero più di mille parole.

"Toshi, non guardarmi così." esordì difatti Satori nel giro di qualche minuto. Ancora teneva lo sguardo dritto dinnanzi a sé.
"Se mi sentissi male te lo direi, sta tranquillo." sorrise.

Nonostante non fosse affatto convinto delle sue parole, l'altro annuí: sapeva bene che il ragazzo fosse testardo, sarebbe morto, piuttosto di non riuscire a vedere un'ultima volta il suo piccolo paradiso.
Ma contraddirlo, d'altronde, non avrebbe portato a niente.

I due impiegarono neppure una decina di minuti per arrivare al muretto. Il primo a passare fu proprio Wakatoshi: compiuto lo sforzo, tese una mano al giovane ragazzo così da aiutarlo.
Niente da fare.

A differenza dell'ultima volta, la salute di Satori aveva portato i suoi muscoli, il suo fiato ed i suoi polmoni a deteriorarsi.
Inevitabilmente, quando cercava di tirarsi su, il suo respiro veniva a mancare, le sue guance si arrossavano e la sua gola veniva raschiata da forti colpi di tosse.
"No, okay, fermo. Sta fermo" si preoccupò Wakatoshi.
Lasciò la sua mano e, dopo qualche secondo, fu capace di scavalcare nuovamente il piccolo muro.

"Che stai facendo?" chiese Satori scorgendolo nuovamente di fianco a lui.

"Dai, vieni qui."

Il suo cuore perse un colpo.
Il più piccolo lo sollevó di punto in bianco: si ritrovò tra le sue braccia, accolto nel loro calore e, dio, se le sue gote non si arrossarono.
I suoi occhi si spalancarono tanto da uscire dalle orbite, quasi, mentre il suo cuore esplodeva di gioia ed emozione.

Piano, i due scesero la scalinata, ogni passo era come un salto verso la libertà. Durante essa, Wakatoshi aveva poggiato nuovamente Satori per terra, così che potesse comminare.
Ma non aveva osato lasciargli la mano.

Non ci volle molto affinché i due raggiungessero la fine.
Il chiarore della luna piena si estendeva sulle acque limpide, striando di un colore argentato le piaghe del mare.
La distesa era stranamente... calma. Il leggero vento che soffiava pareva non arrecarle fastidio, e le onde si infrangevano morbide sulla costa.

Satori, meravigliato, teneva gli occhi spalancati: sorrise dolcemente, seguí il suo cuore e si concesse qualche passo. Piano, lasció che la mano di Wakatoshi scivolasse via dalla sua.

Silenzio.

Tra i due ragazzi non c'era altro che silenzio, le onde mute erano l'uniche ad alimentare i loro sospiri.
Il rosso, col suo sguardo, continuava a percorrere la distesa: si sentí libero come non mai, la maestosità di quel posto donava a lui pace.

Piano si inginocchió dinnanzi al mare, chiuse le palpebre, inspiró quell'odore salmastro. Soltanto le stelle e la luna vegliavano su di loro.
"Tutto okay?" chiese Ushijima avvicinandosi. Si accovacció vicino e lui e, con iridi veloci, cercò il suo sguardo. Esso non tardó ad arrivare, Tendou gli sorrise.

"Mai stato meglio."

Quella frase non fece altro che suscitare sollievo in Ushijima. Sollievo e soddisfazione, il cuore pieno nel sapere che, una volta ancora, era riuscito a far sorridere il rosso.
Curvò le labbra a sua volta.

"Forza, andiamo a sederci là." premuroso, poi lo aiutó ad alzarsi.
A passo lento, calmo, i due si diressero nel medesimo punto dove, la volta prima, si erano stanziati.
Impulsivo com'era, Satori non lasció spazio ai pensieri: si sdraió sulla sabbia, accomodandosi tra i granelli che quasi gli solleticavano il viso. Il contatto con essa gli fece percepire quanto in realtà fosse fredda ed umida, ma solo un calore tiepido raggiunse il suo corpo. Calma.

❝𝗳𝗮𝗿𝗲𝘄𝗲𝗹𝗹, 𝗺𝘆 𝗽𝗮𝗿𝗮𝗱𝗶𝘀𝗲❞ 𝗎𝗌𝗁𝗂𝗍𝖾𝗇Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora