𝗰𝗮𝗽𝗶𝘁𝗼𝗹𝗼 𝗱𝘂𝗲

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Le giornate seguirono e Ushijima, tenendo fede alla promessa, si recò all'ospedale senza che il rosso gli chiedesse niente. Tra discorsi, risate e film, egli aveva cominciato ad abituarsi a quella nuova routine.
Quella mattina, portó il proprio sguardo a posarsi sulla sveglia: le dieci di mattina, tra poco avrebbe cominciato a prepararsi per andare a trovare l'amico. Non che la cosa gli dispiacesse, anzi.
Per di più, volgendo lo sguardo al cielo, si era reso conto di quanto quella giornata paresse priva di vento, di pioggia. Il sole abbracciava il quartiere in una morsa di calore.

Quel tempo era insolito per la stagione, tanto che Wakatoshi sudó sette camicie prima di arrivare sano e salvo all'ospedale. S'imbatté ancora in quell'odore di medicinali, andando a cercare Satori nella sua stanza. Rimase sorpreso quando non lo trovò.
Ciò nonostante, era risaputo che il rosso amasse esplorare l'ospedale, talvolta, andare a salutare infermieri e amichevoli pazienti di sua spontanea volontà. Così, Wakatoshi, decise di chiedere all'infermiera più vicina.
L'unica informazione che questa gli seppe dare, fu quella di aver visto il ragazzo passare per quel corridoio qualche minuto prima. Gli sorrise, e il ragazzo ringrazió congedandosi.
E fu a quel punto, che percepí il suo cellulare vibrare. Tendou gli aveva appena mandato un messaggio.
"Toshi, sei già arrivato? Raggiungimi dove ci sono le macchinette, ti aspetto qua"

Certo che potrebbe essere un po' più preciso, pensó Ushijima. Grazie alle numerose "gite" che aveva eseguito per l'ospedale - con il più grande a guidarlo -, sapeva bene che nella struttura si trovassero ben cinque dispenser per il cibo. Dunque, volendo evitare di controllarne uno per uno, decise di chiedere di quale si trattasse.
In un paio di minuti, si ritrovó dinanzi alle macchinette di fianco all'entrata, Tendou era un puro concentrato di energia.
"Che ci fai qui?" domandò il più piccolo una volta che si fu avvicinato a lui. Osservò le sue iridi cremisi esplodere di gioia, le sue labbra curvarsi in un furbo, allegro sorriso.
Ripose il proprio cellulare in tasca.
"È una bellissima giornata oggi, forse la più calda negli ultimi tre mesi. Usciamo, Toshi, ti prego."

Lo sguardo di Ushijima trasparí la sua perplessità: con le giornate piovose che si erano succedute, si era dimenticato di aver promesso al ragazzo che - tempo permettendo - lo avrebbe portato a fare un giro. Temeva per la sua salute, e questo lo sapevano entrambi.
"Ma che dici?" domandò difatti, cercando il suo sguardo fin troppo esaltato.
"Ho già domandato e mi hanno detto che è okay, se ci sei tu con me." cominciò entusiasta "Basta che io sia di ritorno entro stasera."
Le sue iridi quasi impietosirono Ushijima, che, preoccupato, ancora rimuginava sul da farsi. Il motivo per cui era titubante, era legato al terrore di vederlo star male là, tra le sue braccia, senza la possibilità di poter fare niente.

"Ma, Tendou... ti sei sentito poco bene proprio ieri sera..." ricordó, spostando un ciuffo ribelle dagli occhi dell'altro.
"Eddai Wakatoshi, oggi non tira neppure un filo di vento. Usciamo un pochino!"
Uno sbuffo represso carezzó le labbra del più piccolo, che, pensieroso, distolse lo sguardo. Tuttavia, esso fu attirato nuovamente dal volto di Satori, che aveva assunto un'espressione supplicante tra le più dolci e divertenti della storia. Nonostante le sue paure, Ushijima non poté fare a meno che cedere.
"E va bene..."
Il rosso spruzzó gioia da tutti i pori, e le pieghe del suo viso vennero rese evidenti dalla troppa felicità. Velocemente, si infiló il giubbotto, salutò qualche infermiera e si avviò verso l'uscita.

Wakatoshi venne rincuorato una volta che superarono la gabbia che, per Satori, l'ospedale era diventato: lo sguardo di questi pareva mutato, come se catturasse ogni singolo raggio di sole presente quel giorno.
"Hai idea di dove andare?" chiese questi entusiasta.
"Pretendi di uscire, e neppure sai dove vuoi andare?" domandò Ushijima ironicamente, cosa insolita perfino per lui. Forse, quella nota scherzosa, appariva fin troppo robotica quando usciva dalle sue labbra. Tendou non vi fece caso e scosse la testa.
"È lo stesso per me, davvero." rispose soltanto.
Dunque, Wakatoshi annuí; le sue labbra, intanto, si curvavano impeccertibilmente. Tuttavia, come tutti sappiamo, il rosso era un vero e proprio mago nel captare ciò che, per gli altri, era impercettibile.

❝𝗳𝗮𝗿𝗲𝘄𝗲𝗹𝗹, 𝗺𝘆 𝗽𝗮𝗿𝗮𝗱𝗶𝘀𝗲❞ 𝗎𝗌𝗁𝗂𝗍𝖾𝗇Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora