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Dopo la breve ma intensa avventura che, seppur alquanto strana, mi risparmia ore e ore di punizioni pomeridiane, il misterioso Everghit si offre persino di accompagnarmi a casa.
Nonostante i miei numerosi tentavi di farmi mollare fuori scuola e dopo una sua occhiataccia capace di ammutolire ogni protesta silenziosa, gli scrivo sulle note del telefono il mio indirizzo e sfrecciando nel centro città, in poco tempo arriviamo sotto casa.
"Vivi in un appartamento?" Sento dire alle mie spalle mentre scendo cautamente da questo pezzo di metallo malefico
Annuisco e mentre sto sfilando dalla tasca il telefono per ringraziarlo del passaggio, seppur quasi imposto da parte sua, Castiel avanza un'altra scomoda domanda 
"Ci abiti da solo?"
Annuisco di nuovo, a sguardo basso, evitando la fatidica domanda che però non sembra arrivare. Approfittando della cosa, lo ringrazio girando il telefono nella sua direzione e cerco di andarmene (o di scappare, dipende dai punti di vista).
Avrò gioito troppo presto poiché sento afferrarmi per il braccio sinistro da una mano calda che, a contatto con la mia pelle quasi ghiacciata, sembra farla andare a fuoco.
"Per te domani va bene comprare i materiali per la parete? Andiamo dopo scuola."
Ironico che questa sia la frase più lunga che io abbia mai sentito da Everghit, comunque rispondo con altrettanto entusiasmo; apro il telefono cercando il suo numero e gli mando un messaggio, un semplice ma conciso  "ok".
Immediatamente gli arriva la notifica e, con un sopracciglio poco sorpreso in volto, mi molla il braccio per prendere il telefono e leggere la mia risposa.
Ancora con la sensazione di bruciore sulla pelle mi allontano, sentendo però ancora un ultimo commentino alle mie spalle "sei freddo come un ghiacciolo comunque."
Entro nel condominio e mi richiudo definitivamente la porta alle spalle, sentendo il rombo della moto che si allontana.
Oggi è stata una giornata alquanto strana direi, decisamente...e non oso pensare domani.

Altro giro, altra corsa.
Un'altra mattinata come le altre; perennemente in ritardo.
Mi lavo velocemente e mi vesto con altrettanta velocità, cercando almeno di far combaciare il colore dei calzini.
Raccatto velocemente le tre cose essenziali che potrebbero servirmi per affrontare questa lunga giornata: accendino, sigarette e telefono.
Mi precipito fuori casa, già col il fiatone per la fatica fatta, e mi maledico per non essere più puntuale nel fare le cose.
Non sarò mai puntuale, piuttosto mi sento di dire che sarò sempre in anticipo sul ritardo, quello poco ma sicuro.
Quasi come una manna dal cielo, ancora una volta, a salvarmi dall'ennesimo ritardo è il rombo di una moto conosciuta.
Mi giro, consapevole di chi mi sta scrupolosamente osservando con quei occhi di pece: Castiel.
I nostri sguardi si scontrano e basta un suo piccolo cenno della testa per farmi capire che mi sta gentilmente offrendo un passaggio, ancora una volta.
Per la verità ci capisco ben poco e lui rimane ancora un'enorme punto interrogativo da risolvere per me, eppure c'è qualcosa in lui che continua ad attirarmi come una calamita, come un richiamo.
Un po' imbarazzato e titubante decido comunque di accettare, il mio odio per quest'affare di metallo su due ruote persiste, nonostante tutto.
"Per odiarlo però ci sei su spesso, non trovi?"
Maledetta coscienza.

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