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La pioggia e i rari fulmini erano gli unici suoni che si potevano sentire, rimbombavano all'interno della palestra vuota, amplificandosi. Persino le urla di alcuni ragazzi, forse del primo anno, che si rincorrevano sotto alla pioggia venivano ovattate da quest'ultima.

Quel temporale gli fece ricordare quando, da piccolo, al suono del primo fulmine andava in camera della sorella, con una scusa o con l'altra. Non voleva dimostrarsi debole, difatti non aveva mai realmente esposto la sua paura ad alta voce, ma non riusciva nemmeno a combatterla da solo, non tremava, non piangeva, non faceva nulla, aveva solo bisogno che qualcuno fosse al suo fianco per tutta la durata del mal tempo. Ricordava bene quando a cinque o sei anni, era sulla finestra della camera della sorella durante un temporale estivo, guardava la parte bassa del vetro venir macchiata da tante piccole goccioline, a ogni variazione di luce dovuta ai tuoni stringeva di più le proprie dita magre cercando di sfogare il proprio stress sulla pelle. Si ricordava di come si sentisse irrequieto, non solo per se, ma anche per altre cause, ripensava alla storie della nonna, di come avvertisse i sentimenti del nonno dentro di se, come se fossero parte dei propri e, concentrandosi un pochino di più il piccolo Keiji si accorse che si, quell'irrequietezza era dentro di lui era parte della propria, ma avevano una fonte diversa. Fu quello il momento in cui capì che la sua anima era scissa in due, costretta in due contenitori diversi. La sua metà era spaventata quanto lui dai temporali, strinse più forte le sue dita nella speranza che quel gesto aiutasse anche lui. Ma Bokuto era lì con lui.

Sentiva che entrambi stavano appositamente evitando di parlare, per quanto il silenzio non era così pesante, Keiji iniziò ad avvertire il reale peso della loro situazione, prese un respiro profondo, cercando di calmarsi e si girò a guardare il volto del ragazzo al suo fianco. Bokuto aveva le labbra serrate e lo sguardo puntato avanti a se osservando distrattamente le gocce di pioggia che cadevano. Lasciò vagare il suo sguardo sulla figura del più grande, carezzando quella pelle nivea con gli occhi. I capelli grigi screziati di nero alle radici, gli occhi dorati che col temporale erano diventati del colore dell'oro vecchio, ma non avevano perso la loro vitalità che l'avevano colpito sin dal primo momento in cui l'aveva visto. Percorse con lo sguardo la linea pulita della mascella, il pomo d'Adamo che si intravedeva appena sotto alla gola, il collo percorso da vene in rilievo dovute al precedente sforzo dell'allenamento a pallavolo, la più grande scompariva al di sotto del colletto della camicia che portava e che non avevano avuto modo di sostituire con una maglia più adatta. Lo sguardo di Keiji indugiò per poi scendere a guardare le grandi braccia del ragazzo, il petto scolpito che si intravedeva appena. Con un sospiro distolse lo sguardo concentrandosi nuovamente sul suo volto. Bokuto aveva la mascella leggermente contratta, a un primo sguardo non l'aveva notata tanto era impercettibile, anche le sue spalle erano più rigide del solito, il respiro appena irregolare che Keiji non riusciva a capire se fosse dovuto alla partita o alla sua paura mascherata.

Scavando a fondo nei sentimenti sentì che l'altro era visibilmente irrequieto e che stava facendo davvero di tutto per nasconderlo. Keiji in quel momento si sentì di essere tornato a quando aveva sei anni, ma questa volta non strinse le proprie dita, bensì mise la mano sul quella dell'altro, senza stringere o altro, semplicemente voleva fargli capire che lui c'era, che se era irrequieto, o triste, o felice, poteva condividere tutto questo con lui. Con questo piccolo, e all'apparenza, semplice, gesto cercò di proiettargli un po' della sua calma. Sicuramente la paura che Bokuto aveva dei temporali era nettamente maggiore rispetto alla propria, lo percepì anche da come trasalì l'altro a quel piccolo tocco, da come deglutì cercando di non farsi prendere dal panico.

-Anche a me non piacciono i temporali.- disse, lasciando che la sua voce uscisse calma, come il proprio animo, e si disperdesse l'aria umida. Bokuto non rispose subito, anzi, Keiji non era nemmeno tanto sicuro che rispondesse.

Le sue parole vennero portate via dall'ennesimo fulmine, al cui suono, Bokuto girò la mano per poter stringere quella del più piccolo, in cerca di un appiglio. Keiji ricambiò la stretta, carezzando col pollice il dorso della mano dell'altro cercando di rilassarlo appena.

Quello era il loro primo gesto da anime gemelle, non il giocare a pallavolo per alleviare il disagio, ma lo stare vicini e aiutarsi nel momento del bisogno, come stava facendo Keiji.

Pian piano il temporale diminuì di intensità, diradando le nubi, lasciando che qualche sporadico raggio di Sole filtrasse tra di esse, rischiarando appena il cortile, permettendo ai pochi ragazzi rimasti sotto alle tettoie di raggiungere le proprie stanze. Bokuto e Keiji rimasero fermi lì, le loro mani ancora strette tra di loro, in attesa che il più grande si calmasse definitivamente. Keiji non lo costrinse, rimase lì con lui, senza mettergli fretta, scavando nelle emozioni del grigio per capire come si sentisse.

-È una paura che mi porto dietro sin da bambino- sussurrò Bokuto, girando la testa per guardare Keiji, abbassando, però, subito lo sguardo. -Non so come sia venuta, ma ad ogni temporale mi nascondevo sotto alle coperte o sotto al tavolo, col tempo si è affievolita, ma non è scomparsa.- poi guardò le loro mani unite e accennò un sorriso -grazie per avermi aiutato, davvero.-
Keiji non potè fare a meno di sorridere a sua volta, si sentiva felice di poter essere stato d'aiuto per il più grande.
-Sai, anche io ho sempre avuto paura dei temporali, non l'ho mai detto a nessuno anche se sono sicuro che tutti nella mia famiglia lo sappiano. Solitamente andavo in camera di mia sorella per tutta la durata del temporale- disse guardando gli ultimi rivoli d'acqua scomparire negli scoli della struttura. -Ma oggi... ero così calmo, come non lo ero mai stato, solo perché...- si morse il labbro -c'eri te con me.- sussurrò infine.

Bokuto sorrise ancora di più e gli strinse un ultima volta la mano prima di lasciarla andare definitivamente. Si alzarono in piedi, mettendosi di nuovo le scarpe, pronti ad andare nei rispettivi dormitori, quando Keiji si fermò.
-Bokuto-san- disse -al prossimo temporale, non esitare a venire da me.- il sorriso radioso che Bokuto gli diede fu la risposta più esaustiva che potesse ricevere.

Soulmates- BokuakaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora