5 - Deja-vu non proprio veri

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Quel giorno, un giorno come tanti altri, Nikolai si trovava a scuola.
Non ricordava bene come fosse tornato di nuovo davanti a quel distributore, si sentiva come in un deja-vu.

Il ragazzo allora si girò, deciso a tornare in giardino, dove avrebbe sicuramente incontrato i suoi amici ma si scontrò con una persona.

«Akutagawa-san... Ormai questo è il nostro punto» ridacchiò l'albino, un po' stranito da tutta quella situazione assurda.
C'era qualcosa che non andava.

La ragazza si limitò a fissare i fogli che le erano caduti a terra, senza espressione.

«Ti senti bene?» Chiese titubante Nikolai, cercando contatto visivo con la ragazza, la quale però continuava a guardare i fogli a terra.

«Sto bene. Nulla mi può più far male ormai»
Non c'era tono nella sua voce.
Non c'era espressione nel suo viso o vivacità nei suoi occhi argentati.

«Oh. Beh, mi dispiace ma non credo di poter essere molto utile a riguardo»

Finalmente la ragazza alzò lo sguardo.
Lo puntò in quello di Nikolai e improvvisamente delle lacrime cominciarono a scorrerle dagli occhi.
Manteneva sempre la stessa espressione neutra mentre le sue guance venivano bagnate dalle calde lacrime e i suoi occhi diventavano rossi.

«Potevi. Mi hai lasciata morire»

Nikolai era interdetto. Anzi, era completamente confuso.
A malapena si conoscevano, cosa avrebbe dovuto fare per lei? Neanche sapeva che stesse tanto male.

«Beh, scusa ma cioè non lo sapevo-»

«Hai preferito lui a me» continuò lei, noncurante delle parole dell'altro.

Nikolai era sempre più confuso.

«Ehm...»

«Pensavo che fossimo inseparabili. Io ti volevo tanto bene»

Il ragazzo voleva uscire da quella situazione il più in fretta possibile, quella era evidentemente pazza e non sapeva cosa fare.
Solo che quando si girò, non vide niente.
Intorno a loro c'era solo bianco.
Il pavimento.
Il soffitto.
Una distesa infinita di bianco.

«Vuoi abbandonarmi di nuovo?» Chiese Akutagawa, facendo scorrere una lunga ciocca di lunghi capelli bianchi tra le dita.
Nikolai riportò lo sguardo su di lei e notò con orrore che tutti i suoi capelli erano diventati bianchi.

«I-io...»
Il cuore di Nikolai aveva preso a martellare forte nella gabbia toracica. Cominciava a sentire l'angoscia schiacciarlo, un'angoscia grande quanto tutta quell'infinita coltre di bianco.
Da un momento all'altro avrebbe probabilmente fatto fatica a respirare.
Gli occhi gli dolevano.
Un dolore acuto si manifestò nel cuore e si diffuse come un ago, squarciando qualsiasi parete del suo corpo fino alla gola.
La sensibilità alle ginocchia cominciò a mancargli.

«Ci pensi mai a me, fratellone?»

La ragazza riaprì gli occhi.
Erano gialli.
Iniettati di sangue e lacrime.
Fissò quel volto scarno rigato da lacrime e d'un tratto, tutto gli fu più chiaro.

«Erza...»
Tutte le altre parole gli morirono in gola.
Quella singola parola, aveva smosso tutta quella macchina che era il suo corpo e lo aveva fatto cadere in ginocchio.
Guardava quella che adesso sembrava una bambina di più o meno nove anni, dai capelli di un bianco candido e gli occhi di un giallo luminoso, tanto simile a lui e non riusciva a non provare una tristezza e un rammarico immensi.

Lei sorrise.
«Niko... Tu mi volevi bene?»

Nikolai non riusciva a rispondere.
Non riusciva a fare niente.
Non voleva rispondere.
Non voleva dire la verità.
Perché la verità era passato, era ricordi, era debolezza e prigionia.
Lui adesso era su un'altra strada, la strada della libertà d'animo.
E non avrebbe guardato indietro.
Per quanto il suo cuore avesse voluto.
Avrebbe ascoltato la sua anima.

Sono qui - FyolaiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora