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Jeongguk non era mai stato un grande sognatore perché secondo il suo onesto parere sognare era una gran perdita di tempo, una deviazione dalla realtà. Preferiva, dunque, vedere la vita da un punto di vista eternamente critico e razionale, la ragione sopra ogni cosa, anche se di critico e razionale in quella sua passione sfrenata per le moto non c'era assolutamente nulla, ma quella si poteva definire un'eccezione, un discorso completamente a parte.

Proprio a causa di questa sua visione scelse di iscriversi alla facoltà universitaria di economia e management. Lavorare per un'azienda o altro inerente a tale carriera era abbastanza in voga in una metropoli così moderna e industrializzata come Seoul e poi prometteva grandi ricavati per chi vi aderiva.

Probabilmente sì, pensava in maniera eccessiva e precipitosa al futuro, desiderando già un lavoro e una vita stabile senza preoccupazioni, ma a lui andava bene così perché anelava dannatamente tanto quei principi: stabilità, libertà e serenità. Era stanco di affrontare continue difficoltà, ne aveva proprio le scatole piene.

Il suo corso di studi, dopotutto, non gli dispiaceva poi così tanto, anzi tentava in ogni modo di essere sempre costante e laborioso perché non voleva deludere sé stesso, le aspettative che si era creato e suo nonno, la persona più importante della sua intera esistenza.

«Salve, professore.» Jeongguk fece ingresso all'interno dell'aula, che si presentava già colma fino all'orlo di chiassosi studenti universitari, e realizzò un breve inchino verso l'insegnante d'inglese, nonostante sapesse che quello non lo avrebbe ricambiato neanche per sbaglio. Con calma, poi, percorse un paio di scalini per giungere al suo posto di sempre: quinta fascia, seconda sedia perché nella prima poneva lo zaino e il casco.

«Guk, sabato sera che ti è successo?!» la voce di Taehyung - sì, era anche uno dei suoi colleghi di università insieme a Lauren e il fidanzato di quest'ultima, Min Yoongi - risuonò all'interno delle sue orecchie come un disco rotto, come una cantilena assordante. Nella sua testa aveva già immaginato una reazione simile da parte del moro. Non era sorpreso. «Non ci ho creduto finché non ho visto il nuovo che arrivava da me per ritirare il premio, anche se in un certo senso avevo capito sin dall'inizio che quello non fosse come gli altri.»

«In tutta onestà non me lo aspettavo neanch'io, Guk.» si aggiunse Lauren, che prese posto in mezzo Kim e Yoongi.

Jeon sbuffò infastidito.

«Non devo dare spiegazioni a nessuno.» chiarì. «A volte si vince e altre si perde. Mi sembra piuttosto semplice il ragionamento.» internamente si chiedeva perché tutto dovesse avere per forza un perché oppure perché le persone dovessero sempre chiedergli spiegazioni sulle sue azioni. Spesso un perché non c'era, spesso non aveva voglia di parlare con il genere umano.

«Tu odi perdere.» sussurrò Yoongi, quel ragazzo moro dalla pelle pallida e lo sguardo felino che conosceva Jeongguk già da parecchi anni, esattamente dalla prima media. Si erano poi rivisti durante una corsa, perché quella sera Min aveva deciso di accompagnare Lauren al suo interessantissimo lavoro.

«Detesto perdere, ma devo accettarlo.» come aveva accettato senza obbiezioni ogni evento accaduto nel corso della sua vita.

«Puoi gentilmente togliere le tue cose? Dovrei sedermi su questa sedia.»

Dopo aver ascoltato quella stupida e arrogante pretesa dalla bocca di un qualcuno in piedi accanto a lui, Jeongguk si voltò all'istante, pronto a dirgliene quattro senza peli sulla lingua. Solitamente nessuno disturbava in modo così sfacciato la sua quiete e la conversazione che intratteneva con i suoi amici per chiedergli di spostare i suoi effetti personali dalla sedia. Letteralmente nessuno.

La sorpresa che lo invase non appena vide quel ragazzo lì impalato fu tale che non si scompose. Sì, la sua espressione non cambiò minimamente, se non per un sopracciglio leggermente più sollevato rispetto all'altro. Jeongguk era molto abile, quasi un maestro, nel mascherare le proprie emozioni. Lo aveva imparato col tempo, al fine di preservare la propria persona da agenti negativi. Era meglio mostrare forza e resilienza che essere un covo di ferite sanguinanti per squali affamati.

𝑩𝒐𝒓𝒏 𝑻𝒐 𝑾𝒊𝒏 | 국민 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora