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Il momento della giornata scolastica più odiato da Jeon Jeongguk era sicuramente l'intervallo.
La folla di universitari - simile ad un gregge di vere e proprie pecore scalmanate - scendeva giù in cortile e ciò che accadeva in quel luogo, restava per sempre inciso in quello stesso luogo. Per questo motivo, decideva sempre di isolarsi con i suoi amici oppure molto spesso si ritrovava da solo in disparte, appoggiato alla sua moto a rollare certe quantità di tabacco in una sigaretta che l'attimo dopo possedeva già tra le sue labbra.

Amava la pace, la sensazione di calma, il profondo silenzio e le ventate d'aria fresca che inondavano quell'angolo all'ombra dove parcheggiava la sua migliore amica a due ruote, l'unica di cui si fidava ciecamente e che non lo avrebbe mai tradito, neanche per scherzo.

Odiava il chiasso, ma molto di più quei bambinetti e quelle bambinette insolenti che vantavano costantemente dei loro averi e della loro immensa cultura difronte coloro che non avevano il coraggio di mandarli dritti dritti a quel paese. Quegli atteggiamenti altezzosi e privi di contenuti reali gli provocavano talmente tanta rabbia e tanto ribrezzo che i pugni gli fremevano pericolosamente, a poco dall'agire. Non sopportava la violenza, ma in quel caso avrebbe utilizzato molto volentieri le maniere forti.

Cavolo, era davvero così appagante per quei dannati bulli - perché sì, non erano altro se non questo stupido scherzo della natura - intimidire oppure picchiare un altro ragazzo o un'altra ragazza solo per essere apparentemente più indifesi o brutti esteticamente? O per semplice sfogo? Ogniqualvolta che si verificava una scena del genere, Jeongguk avvertiva un conato di vomito salirgli direttamente in gola, un conato che cercava di asfiassiarlo e di ricordargli perché era cambiato e perché non doveva riporre la propria fiducia in nessuno.

«Il genere umano è una delle peggiori specie.» pensava.

Spesso avrebbe desiderato intervenire e aiutare quelle povere vittime a sfuggire dalle mani di quei carnefici, però la paura, quella paura folle di rivivere il passato, lo teneva sigillato in una bolla di vetro che non gli permetteva di compiere alcun passo verso quel quadro pietoso di distruzione. Solo dopo, quando il danno era già stato inflitto e il nastro riavvolto come se niente fosse mai successo, trovava il coraggio e la forza di raggiungere quei ragazzi e dare loro una mano a rimettersi in piedi, a riacquistare la dignità ch'era stata calpestata l'attimo prima.

Dannazione, avrebbe voluto urlare, urlare a squarciagola perché l'impotenza lo distruggeva internamente.

L'ambiente universitario che frequentava era terribilmente tossico, così tossico che spesso ruotava le chiavi della moto, rimetteva il casco e scappava via, a gambe levate, da quel luogo che il più delle volte somigliava ad un inferno terreno. Poi accelerava, premeva l'acceleratore con tutte le sue forze, mentre l'adrenalina gli scorreva lungo le vene e la velocità lo colpiva dritto in faccia, e d'un tratto la pace tornava in lui, magicamente nel suo animo.

Però in quell'occasione c'era qualcosa di diverso, qualcosa dentro di lui scattò, scattò come una molla velocissima e impossibile da controllare. Incamerò altro fumo dalla sigaretta, che giaceva in mezzo alle sue due dita, tra l'indice e il medio, la stessa che poco dopo finì al suolo schiacciata pesantemente dal suo stivaletto nero.
Il suo battito cardiaco aumentò drasticamente e i suoi occhi presero le sembianze di due lame taglienti che miravano un solo ed unico obbiettivo: un inutile bastardo che strattonava il corpo di un ragazzo, probabilmente del primo anno.

Odiava ogni cosa in quell'istante.

Eppure non aveva fumato erba e neanche assunto alcun tipo di droga, ma era come se si trovasse proprio sotto l'effetto di quest'ultima: irritato e nel bel mezzo di uno scatto violento di collera. Voleva restituire i colpi per capire cosa ci fosse di tanto entusiasmante e soddisfacente nel ferire un altro essere della tua stessa pasta e poi correre via con la sua moto.

𝑩𝒐𝒓𝒏 𝑻𝒐 𝑾𝒊𝒏 | 국민 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora