Tre giorni di inferno.
Tre giorni di totale chiusura.
Tre giorni in cui la vita di Jeongguk sembrava essersi fermata, sembrava essersi messa momentaneamente in standby.
I suoi occhi erano spenti e malinconici, circondati da pesanti occhiaie e privi di qualsiasi luce ed emozione. Non traspariva nulla di positivo da quegli occhi così profondi. I suoi abiti scuri e l'aspetto poco curato rispecchiavano a pieno il suo umore, la morte indiretta di quei giorni, mentre una fascia a strisce bianche e nere sul suo avambraccio segnava tradizionalmente il suo lutto. Le convenzioni non gli erano mai andate a genio, ma suo nonno, nonostante fosse un uomo aperto e di gran carattere, era sempre stato molto tradizionalista su questo genere di cose. E suo nipote lo avrebbe rispettato anche in questo caso.Suo nipote. Il ragazzo forte, coraggioso e pieno di energia, com'era solito mostrarsi davanti agli altri, pareva essersi dissolto nel nulla, pareva non esistere più. Quel Jeongguk aveva lasciato posto ad un altro Jeongguk dal volto serio e apatico, dall'atteggiamento incattivito, che rifiutava continuamente abbracci e parole di conforto, ma al tempo stesso totalmente disorientato. Jeongguk si sentiva smarrito in mezzo a quelle persone che davanti la legge, per via dei legami sanguigni, erano definite come la sua famiglia, ma che nella realtà dei fatti per lui non erano nessuno.
Quelle persone non erano mai state la sua famiglia.
La sua vera famiglia era sempre stata solo e soltanto suo nonno e lui disgraziatamente non c'era più.
Jeongguk non aveva più una famiglia su cui poter contare.
Era rimasto solo, più solo che mai.
Quelle stesse persone, le quali riteneva fossero false ed ipocrite, avevano tentato a più riprese di intercambiare qualche parola, di abbracciarlo e di offrirgli il loro supporto e conforto, ma lui aveva rifiutato e rinnegato ognuno dei loro gesti. Erano anni che lui e suo nonno vivevano insieme e nessuno si era mai preso la briga di chiamarli, almeno una volta per telefono, oppure di fargli anche solo una rara visita di cortesia. Mai. Non avevano mai fatto nulla. Erano sempre state persone egoiste e poco riconoscenti, compresi e in primis i suoi genitori. Loro probabilmente erano i peggiori. Che pretendevano adesso da lui? Che pretendevano adesso ch'era tutto finito? Jeongguk, di certo, non li avrebbe accolti a braccia aperte e con il sorriso stampato sulla faccia, ma con ciò che si meritavano: il nulla. Loro meritavano il nulla da parte sua.
Buono e caro, ma non appena lo deludevi, cessavi automaticamente di far parte della sua vita.Una dolce folata di vento fece spostare alcune delle ciocche di capelli scuri che gli ricadevano lungo la fronte. Le foglie degli alberi cadute su quella distesa enorme di prato verde, a tratti giallognolo a causa delle temperature invernali, si mossero in direzione di quel soffio gelato. Nonno Dohyun era stato appena sepolto ed ora non rimaneva altro di lui che una maledetta lapide di marmo, con suscrito il suo nome, poggiata su un basamento. Intorno vi erano delle corone di fiori e un quadruccio che ritraeva l'anziano ancora nel pieno delle proprie forze, con il suo sorriso, le sue guance paffute e il suo sguardo amorevole verso gli altri. Era stato Jeongguk a scegliere quella foto, la sua preferita e anche quella che, secondo lui, avrebbe ricordato al meglio il suo pilastro e la persona meravigliosa che era e che continuava ad essere.
Coloro che erano venuti alla cerimonia di sepoltura alla fine se ne andarono e difronte quella lapide rimasero soltanto il ragazzo con i suoi genitori. La signora Jeon si approssimò verso suo figlio, il quale si era appena seduto accanto la tomba di suo nonno, e gli poggiò una mano sulla spalla.
«Devi essere forte, Jeongguk.» gli disse. «Devi farti forza adesso.»
Stronzate.
Il ragazzo tra sé e sé pensava a quanto quella frase fosse un'emerita stronzata, soprattutto detta in quell'occasione. Non si poteva essere forti per sempre e in quel momento lui era completamente senza forze. Era a pezzi, in frantumi nonostante tentasse di non darlo a vedere. In quei tre giorni aveva cercato in tutti i modi di reprimere quel dolore pungente, ma ora si sentiva alla deriva. Stava per esplodere. Era stanco di sentire e di vedere. Aveva visto e sentito già fin troppo, troppe parole inutili e gesti privi di valore. La sua testa era un macigno insopportabile e la nausea iniziava a percuotere il suo stomaco, come se stesse per rigettare tutto quello che aveva tenuto dentro da lì a poco. Era distrutto.
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𝑩𝒐𝒓𝒏 𝑻𝒐 𝑾𝒊𝒏 | 국민
FanfictionDove Jimin è il nuovo corridore dei raduni del sabato sera e Jungkook è colui che con la sua amata moto vince ogni gara. ᴋᴏᴏᴋᴍɪɴ // ᴊɪᴋᴏᴏᴋ ᴏᴍᴏꜱᴇꜱꜱᴜᴀʟᴇ ꜱᴇ ɴᴏɴ ᴛɪ ᴘɪᴀᴄᴇ Qᴜᴇꜱᴛᴀ ꜱʜɪᴘ, ɴᴏɴ ʟᴇɢɢᴇʀᴇ!