La sera del giorno seguente – ovvero sabato – la fortuna stette totalmente dalla parte di Jimin: Jiwoon, dopo le tante suppliche da parte di Hoseok, alla fine era uscita a cena fuori e sarebbe sicuramente tornata nel corso della stessa notte o direttamente il giorno dopo, perché così era solita fare. E difronte un'opportunità del genere, il biondo poté recarsi alle corse senza dover discutere e dare spiegazioni a nessuno. Tranquillo, come se non stesse già vivendo e raccontando un'altra delle sue infallibili bugia: la sua partecipazione alle corse clandestine stava diventando un'abitudine e non più una cosa di un paio di volte per poi smettere. Però lui era fatto così: non riusciva a staccarsi facilmente da quelle cose, situazioni o persone alle quali si affezionava, anche se queste fossero state cattive e nocive.
E poi esisteva anche un altro motivo, o "scusa" come gli urlava la sua coscienza, per cui si era ripresentato in quel luogo di malaffare: Jeongguk doveva assolutamente restituirgli la bandana che aveva rubato dal suo zaino. Ci teneva in maniera particolare.
E proprio Jeongguk – il ladro di bandane – era appena arrivato, in sella alla sua Kawasaki con un abbigliamento più scuro del solito, ma stranamente gli era passato a fianco senza neanche salutarlo, come se non avesse notato la sua presenza. Aveva preferito tirare dritto e accostarsi in una postazione distante dalla confusione che la gente aveva creato attorno all'entrata dei grandi magazzini. Jimin, con la coda dell'occhio rivolta verso di lui, si chiese se fosse il caso di avvicinarsi e parlargli in merito alla bandana non restituita. E alla fine nonostante fosse il suo nemico, nonostante dovesse stargli a metri e metri di distanza per evitare qualsiasi inconveniente e nonostante tutto e tutti, decise di andare da lui bloccandosi accanto la sua moto spenta, spenta come appariva la sua imponente figura. Il casco era posato sulla sella come il suo fondoschiena. Aveva le braccia conserte e lo sguardo fisso verso la strada dove fra non molto avrebbero gareggiato.
«Devi ridarmi la bandana, Jeongguk.» provò a dire per attirare la sua attenzione, mentre metteva via il casco e spegneva la moto. Jeon riconobbe la sua voce e gliela diede, ma senza dire nulla a cambio. Silenzioso, conficcato nel suo mondo. «Grazie.»
Ma non appena Jimin tentò di riallacciarsela al collo, notò qualcosa di strano, o meglio, le sue narici captarono un odore che forse già conosceva. La annusò nuovamente e sì, pareva proprio quell'odore, agrumato e molesto, lo stesso che in passato aveva impregnato ogni indumento del suo fottuto ex. Conservò il fazzoletto dentro una delle sue tasche e osservò Jeongguk, ma questi continuava a guardare da un'altra parte come se fosse cosciente dell'atto, di essere stato colto con le mani nel sacco, ma non volesse ammetterlo a sé stesso.
«Hai fumato marijuana?»
«Non è affar tuo.» rispose a denti stretti.
«Hai perfettamente ragione, però così mi stupisci...»
«Che vuoi dire?» domandò il moro, voltandosi immediatamente nella sua direzione.
«Dai discorsi che mi hai fatto e dai tuoi gesti, non mi davi l'aria di uno a cui piacesse "sballarsi". Ecco tutto.»
«Mi stai giudicando? Non sai niente sul perché io l'abbia fatto perciò fa silenzio e lasciami in pace.» sbottò. Non era orgoglioso di averne fatto uso per porre rimedio al proprio male. Era deluso e amareggiato da sé stesso, però in quel preciso istante era stato un qualcosa di inevitabile, l'unica via d'uscita e Jimin non aveva alcun diritto di giudicarlo. Quest'ultimo deglutì e girò la chiave del suo motore.
«Nessun motivo sarà mai giusto per fumare marijuana e te lo dico per esperienza. Non farlo. Ricorri ad altri metodi ma non a questo.» rammentò Jimin, che in seguito si allontanò per fermarsi pochi passi più avanti.
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𝑩𝒐𝒓𝒏 𝑻𝒐 𝑾𝒊𝒏 | 국민
FanfictionDove Jimin è il nuovo corridore dei raduni del sabato sera e Jungkook è colui che con la sua amata moto vince ogni gara. ᴋᴏᴏᴋᴍɪɴ // ᴊɪᴋᴏᴏᴋ ᴏᴍᴏꜱᴇꜱꜱᴜᴀʟᴇ ꜱᴇ ɴᴏɴ ᴛɪ ᴘɪᴀᴄᴇ Qᴜᴇꜱᴛᴀ ꜱʜɪᴘ, ɴᴏɴ ʟᴇɢɢᴇʀᴇ!