Museum Of Modern Art [New]

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Non si vedeva il sole da quel furgone, ma Mrs. Sullivan sbirciava sempre più spesso dal finestrino e avvertiva le ombre delle auto accanto a loro allungarsi.

«Non ha senso rischiare con più persone del necessario. Io e Jason siamo più che sufficienti» disse risoluto David nel silenzio.

«Come saprete che la chiavetta non è vuota?» Tom pareva scettico.

«Al massimo mi serve il tuo portatile, non la tua presenza.»

«Ha ragione, hai già rischiato abbastanza per questa storia» intervenne inaspettatamente Mrs. Sullivan. I militari si voltarono a guardarla: aveva gli occhi svuotati dalla paura e a fatica aveva toccato il cibo che le avevano dato.

Tom si chiese per un attimo se non le stessero già chiedendo troppo, però sapeva che quella guardia se ne sarebbe andata, se non vedeva lei. «Questa è anche la mia storia. Non sono più un ragazzino da proteggere, sono un uomo e il mio potere là dentro potrebbe venirvi utile».

«Tom, io so che le tue intenzioni sono buone, ma è proprio per questo che non puoi venire. Il mondo non deve sapere così di noi. Capisci? Un conto è una petizione, un altro distruggere un museo. Non è che non abbia fiducia in te, è solo che non potresti reagire e non voglio chiederti tanto. Quella donna ti ha già chiesto troppo. Hai fatto il tuo dovere: sei stato bravissimo con la cavigliera. Preciso, calmo. Questo tocca a me, Tom. È il mio compito, il nostro...» David poggiò una mano sulla spalla di Jason.

Tom sapeva di non poter vincere l'autorità di David, ma aveva brutte sensazioni. A casa di Mrs. Sullivan era andata troppa liscia. Forse per loro, Mrs. Sullivan non era così importante. Oltre all'FBI, nessuno li aveva fermati, ma quel video cambiava la situazione: ripensò alla conversazione che aveva avuto col custode.

«Va bene, ma state attenti e se avete bisogno, vengo lì di corsa.»

«Robert sa cosa fare in caso di problemi» fu l'unica risposta del responsabile della scuola. «Bene, signori, apriamo le danze!»

Mancavano venti minuti alle 17:00. Jason aiutò Mrs. Sullivan ad alzarsi. Tom consegnò il suo portatile a David, seppur malvolentieri e guardò il gruppetto scendere. Infine, rimase in silenzio nel buio.

«Non te la prendere! I rossi sono fatti così» lo tranquillizzò Robert.

David non era un rosso, era un oro. Era tutto molto più complicato di quanto volessero far credere. Quei colori erano solo convenzioni scientifiche. Non c'era alcuna dimostrazione che i Blu o i Bianchi fossero meno portati all'azione dei Rossi.

Jason li precedette facendo il giro dal retro del museo. David camminava appena dietro di lei. Aveva tentato di mettere un piccolo gruppetto di persone tra loro per destare meno sospetti. Alice cercava di fare dei profondi respiri nell'aria frizzante di quel pomeriggio di maggio inoltrato. Soffiava un forte vento, si insinuava tra gli alti palazzi di vetro della City dopo aver scosso gli alberi di Central Park, a poche centinaia di metri da loro. Sciolse i capelli, nervosa. Svoltò all'angolo della cinquantatreesima. L'elegante strada pareva essere stata trasformata in un cantiere: le auto passavano strombazzando in metà corsia. Il rumore forte dei martelli pneumatici le penetrava nel cervello, come il cigolio dei mezzi di movimentazione terra che stavano scavando nell'area adiacente. Si coprì il volto con un fazzoletto per resistere alla nube di polvere che aleggiava sul cantiere. David la seguiva tranquillo; l'uniforme nascosta sotto un giacchino di jeans dal taglio retrò. Quell'uomo sembrava non avere paura di niente ed era proprio questo a inquietarla maggiormente. Aggiustò la presa sulla valigetta col portatile: pesava come piombo, ma forse era la sua anima che si stava trasformando in metallo liquido.

C'era un violinista di strada che suonava sul marciapiedi antistante al museo, colmo di turisti. La sua musica si spandeva nell'aria attorno a lei, mischiandosi al trambusto dei lavori. Si chiese perché quell'uomo si fosse fermato proprio lì a suonare. Procedette decisa sul marciapiedi fino a trovarsi davanti alla scalinata di ingresso. La città ruggiva a pochi passi da lei. Gli alberi sbattuti dal vento disegnavano riflessi mutevoli sulle facciate di vetro del museo d'arte moderna. Lanciò un'occhiata a David: si sentiva scoperta, vulnerabile. Se c'era un pensiero che si era insinuato ormai da mesi nella sua testa, almeno da quando aveva letto quel nome sul forum, era che nessuno di loro era al sicuro. Quella donna poteva colpirli quando e come voleva: un battito di ciglia, una telefonata, un cenno di assenso. Una parte di lei si aspettava di vederla comparire in mezzo alla folla, anche se probabilmente era solo una sua fantasia: non si sarebbe mai sporcata le mani in prima persona, né allontanata troppo da Washington. Non per lei.

The Lotus Academy [Revisionato e con nuovi capitoli]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora