Era un circolo continuo.
Non capivo dove ero o perché... In realtà, mi era difficile mettere a fuoco addirittura chi fossi.
Perché qui il tempo non esisteva. Non esisteva mai, in realtà, nemmeno fuori. Ma, se possibile, in questo luogo era ancora più distorto. Lo spazio si ripiegava, la mente scivolava via.
Non so bene cosa ci facessi lì. Qualcuno mi ci aveva lasciato, ma quella persona era sbiadita, il volto sfumato da ricordi confusi.
Quindi era come se ci fossi dentro da sempre. Non riuscivo a ricordare cosa ci fosse prima. E per quanto mi riguardava, il mondo era tutto lì.
Le luci lampeggiavano nella foschia, i suoni si sommavano in una cacofonia di cigolii e schiocchi; urla disperate, pianti isterici, risate sguaiate...
Gli schermi venivano attraversati da sfuggenti bagliori multicolori e il brusio delle chiacchiere si mescolava ai miei pensieri inframmezzati, mentre continuavo a camminare.
Le mani affondate nelle tasche di una felpa ben più grande della mia taglia e i capelli impastati di sudore. Le gambe degli adulti si innalzavano attorno a me senza che riuscissi a scorgere i loro volti, senza che potessi cogliere le loro espressioni vacue e private di voglie, desideri...
Senza neanche vederlo davvero, scrutavo nei loro occhi lastre di sogni infranti, anime perse a vagare nel buio.
E la musica ruggiva, pulsandomi come sangue nelle tempie.
E la follia aumentava, distogliendomi dalla giusta via.
E io continuavo a camminare, senza farne a meno.
E la sala non finiva mai. Camminavo e le persone sembravano emergere dal pavimento, aumentando il loro numero, moltiplicandosi senza uno schema che lo spiegasse, soffocandomi con le loro voci, parole spezzate. Forse erano i morti, ma non ne ero sicuro.
I morti abitavano sotto terra. All'interno di mura serrate. Scivolavano nell'eternità, sorvegliati da sguardi freddi e sorrisi sbagliati.
Qualcosa mi diceva che potevano sorgere al mio fianco, ma non sapevo perché.
I miei passi inciampavano, le palpebre mi sbattevano davanti agli occhi, come sperando di mettere a fuoco. Ma ogni cosa era avvolta dal fumo. Nebbia. Foschia.
Non dovevo essere lì.
Non potevo fuggire da lì.
– Nico!
Mi bloccai e un brivido mi percorse la schiena, il labbro che iniziava a tremare.
Quella voce...
Le lacrime mi punsero gli occhi, il cuore stretto in una morsa ghiacciata.
Quella voce... Per qualche motivo l'avevo colta anche attraverso la barriera di caos; per qualche motivo mi era giunta nitida nonostante il mondo stesse tentando di farmi impazzire. Per qualche motivo qualcosa era scattato.
– Nico!
Ancora. Il mio nome. Semplicemente quello.
E tanto bastava perché iniziassi a piangere.
Perle trasparenti mi grondarono dallo sguardo, riflettendo i bagliori sgargianti e trasformandosi in preziose gemme.
Mi voltai e lei era là, davanti a me. La nube incolta di persone, di spettri, si fece da parte mentre avanzava. I suoi occhi scuri scintillavano come scorci di cielo stellato e le sue labbra rosate si dispiegarono in un sorriso che, per un istante, mi trascinò fuori dall'incubo.
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Prigione di sogni [Percy Jackson] [Temporaneamente Sospesa]
Fanfiction[AVVERTENZA: questa storia contiene SPOILER per PJO, HoO, ToA] [...] - Sei l'eroe di molti, Percy - continuò - La stima è cresciuta attorno alla tua persona, una fama di cui forse non ti rendi neanche conto. Ciò che hai fatto ha scaldato i cuori, il...