3. Percy Jackson

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​Allora, io non conosco tutti gli dei.

Conoscerli tutti sarebbe letteralmente impossibile, dato che si stima siano migliaia su tutta la superficie terrestre, tra divinità minori di fiumi, laghi, corsi d'acqua, boschi... Da ammattire, davvero.

Però qualcuno ne ho conosciuto. Ho conosciuto quelli peggiori. Beh, perlomeno, quelli che hanno cercato di rovinarmi la vita o mi hanno bellamente ignorato quando avevo bisogno di loro (grazie, papà).

Ma Ecate mai. Cioè, non mi aveva mai attaccato direttamente o lanciato maledizioni mortali, quindi mi ritenevo in buoni rapporti.

Dea della magia; quella strana energia che permea ogni cosa, di cui è intessuta la Foschia, che piega le regole della natura e distorce le percezioni. Ecco, devo ammettere che una cosa del genere un po' mi inquietava.

Ma quando il portale fatto di fumo si spalancò nel bel mezzo della mia stanza e una donna dai sottili capelli grigiastri ne sbucò con un sorriso enigmatico stampato in faccia, mi resi immediatamente conto di essere al cospetto dell'ennesima divinità impicciona. Non è esattamente una novità, ma l'ultima volta Apollo si è presentato davanti a casa mia pretendendo che gli facessi da servitore personale e fregandomi inoltre una delle mie felpe migliori. Non intendevo ripetere l'esperienza.

– Percy Jackson! – la voce della dea aveva un riverbero, come un'eco che mi fece vibrare i timpani nelle orecchie. Non ebbi dubbi sulla sua identità; era come se un'insegna luminosa con il suo nome le lampeggiasse sulla fronte, ma sospettavo che se avesse voluto nascondere la sua vera natura non avrei avuto le capacità di guardare oltre il velo di Foschia che la ricopriva: un dio si mostra solo quando intende farlo.

Ero bagnato fradicio, seduto su un letto altrettanto fradicio a fissare un portale fumoso da cui mi stava sorridendo la dea della magia. Normale amministrazione, direi.

Tirai su col naso e non mi trattenni dallo scoccarle un'occhiata sospettosa. Avevo avuto fin troppe brutte sorprese per quel giorno.

– Divina Ecate – dissi, chinando leggermente il capo.

La veste grigia che la avvolgeva si arricciava in vortici di nubi, confondendosi con l'anello che la contornava, come la cornice livida di un quadro sbiadito.

Sorrise, ma colsi un velo di malizia in quello sguardo, che mi fece irrigidire sul posto.

– Mi dispiaccio di disturbarti con così poco preavviso – esordì. Le parole mi riecheggiarono in testa – Ma necessitavo di parlarti, nonostante le tue abilità siano lungi da ciò che io normalmente cerco in un eroe.

Grazie tante... borbottai tra me.

Il suo sorriso si allargò, come se avesse letto quel pensiero amaro e ciò la divertisse.

– Ho bisogno di un aiuto mortale e tu sei quello che mi serve – continuò, pacata – Necessito che tu ti diriga al Campo Mezzosangue e accolga una delle mie figlie.

Battei le palpebre, perplesso, e una goccia d'acqua attaccata alle ciglia mi cadde sulla punta del naso.

– Divina Ecate – azzardai – Io credo di non capire...

Ero il primo a comprendere quanto contraddire gli dei fosse pericoloso, ma l'irritazione che mi stava sbocciando dentro poteva tranquillamente portare alla mia prematura morte come all'esplosione di altre decine di tubi... Tra un Paul arrabbiato e una dea inferocita preferivo il primo (sebbene con qualche rimorso). Vista la situazione, decisi di provare un approccio diplomatico.

Ecate fece oscillare la testa avanti e indietro. Non riuscii a capire se stesse scuotendo il capo o annuendo.

– Credo che tu abbia colto molto bene, invece – replicò lei – Una ragazzina sperduta ha bisogno che un eroe la conduca verso un luogo sicuro, un eroe che possa essere un faro di speranza in mezzo alle sue tenebre.

Prigione di sogni [Percy Jackson] [Temporaneamente Sospesa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora