10. jAsoN GRaCE

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Era una bella sensazione, in fondo.

Capiamoci, non che morire possa ritenersi il massimo del divertimento, ma la consapevolezza che il mio sacrificio avrebbe condotto verso un più splendente futuro mi sembrava, in qualche modo, un modo degno di abbandonare questo mondo. Per andarsene, c'erano modi peggiori...

Certo, erano così tante le cose che non avevo ancora fatto... così tanti i progetti che mi ero figurato... a partire dal baciare Piper un'ultima volta, stringerla forte e sentire di nuovo il profumo dei suoi capelli, osservare da vicino il caleidoscopio dei suoi occhi. Vederla ridere...

Mi sarei accontentato anche solo di battere il cinque con Leo, fargli sapere che è il migliore amico che io potessi desiderare. Che è un idiota. Che con la sua scomparsa mi ha fatto morire ben prima di farlo davvero. Ma che gli voglio talmente bene... che vedendolo potrei ucciderlo di nuovo... e poi scoppiare a piangere.

Mentre lo lasciavo, amavo il mondo. Lo amavo davvero.

Le urla mi sovrastavano. Forse stavo urlando io.

Oppure era solo Lester. Oppure Piper.

Non riuscivo a capirlo. C'era solo una cacofonia di fondo, per qualche ragione simile alle note di un pianoforte; un miscuglio di parole e sussurri, l'universo che mi salutava con un ultimo canto, un'ultima melodia, un'ultima voce...

E quando la lancia mi attraversò, quasi non la sentii. Avvertivo ancora il cuore sbattere contro le costole, il respiro della battaglia che tambureggiava nei polmoni. Lampi di luce, saette di furia e semplice gioia. Indefinita passione.

Il sangue proruppe a fiotti dalla ferita e gli occhi si annebbiarono. I sensi mi abbandonarono.

Attorno a me, la vita si confuse con il buio. I fulmini squarciarono la mia mente, fin quando la musica si fece troppo confusa.

E allora fu silenzio.

Piper, ti amo...

E chiusi gli occhi.

– Jason... sei morto!

In un primo momento non capii.

Percy ansimava, sembrava sul punto di vomitare anche l'anima. Il suo viso era talmente pallido da somigliare ad una cerea maschera teatrale, come quella di un'angosciata marionetta.

Lo afferrai per le spalle e strinsi le labbra, tanto che la piccola cicatrice che le attraversava divenne soltanto una sottile strisciolina biancastra.

– Annabeth! – urlai di nuovo in direzione della porta aperta. I passi di qualcuno si stavano avvicinando, ma avevo l'orribile sensazione che fossero solo una derivazione dell'eco, che i soccorsi fossero ancora dall'altra parte della nave.

– Morto! – stava rantolando Percy. Aveva iniziato a piangere, e goccioloni trasparenti gli grondavano in cascate implacabili dai lucidi occhi verdi.

Mi morsi un labbro, sempre più preoccupato.

– Percy – lo guardai fisso e lui si irrigidì, se possibile impallidendo ancora di più – Io sono qui.
Il ragazzo emise un gemito strozzato.

Non l'avevo mai visto in quello stato. Sembrava così debole, spaurito davanti a qualcosa di fin troppo grande per lui.

L'avevo visto affrontare mostri assetati del suo sangue, nemici che io stesso avevo temuto. Sapevo che aveva sconfitto Crono, che aveva guidato la battaglia di New York, cavalcato pegasi inseguito da statue viventi... Caduto nel Tartaro...

Prigione di sogni [Percy Jackson] [Temporaneamente Sospesa]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora