3) Io ti conosco bene, quello non è un tuo sorriso

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Il primo giorno della seconda settimana di Giugno, alle cinque del mattino, il ragazzo si svegliò rapidamente, pronto a far sorgere il Sole. Uscì da una porta della sua stanza che conduceva a un terrazzo molto ampio, nel quale il suo Eastpak si trasformò nel suo carro luminosissimo, color rosso fuoco.

Partì.

Da quel terrazzo poteva solamente partire, perché era situato a Oriente, diretto verso Ovest, quindi, se fosse ritornato a esso, avrebbe sconvolto il sistema temporale terrestre, perciò aveva ideato la scusa dell'auto rossa e dello zaino, anch'esso rosso.

La stella sorse ed Eos creò uno spettacolo di colori sfumati in cielo, tutti quei rosa che si mescolavano con il giallo, che spazzavano via le nuvole e le oscure tenebre della notte svanirono, lasciando spazio all'alba di un nuovo giorno.

Il suo carro era una fantastica quadriga, trainata da quattro cavalli neri dai crini di fuoco, che galoppavano veloci nel firmamento, il che lo faceva sentire un vincitore. Correre nei cieli, sopra il mondo. Lontano da tutto e da tutti. Lontano dai problemi. Libero.

Ciò che amava di più del guidare il suo carro e donare il giorno, era osservare il mondo dall'alto, con il vento che gli scompigliava i capelli e, quando lo desiderava, poterlo visitare, gli era sufficiente inserire il pilota automatico, piccolo optional aggiunto da Efesto.

Passò del tempo e arrivò il pomeriggio. Era arrivato sopra Long Island e decise di fermarcisi per fare una pausa. Inserì il pilota automatico, atterrò e il carro ripartì, però, grazie alla Foschia, i mortali non si accorsero di nulla.

Affondò le mani nelle tasche dei jeans e iniziò a camminare in giro per Long Island, con fare spensierato e non curante, fino al momento in cui si ritrovò davanti all'enorme arcata che segnava l'ingresso di un campo. Il Campo Mezzosangue, residenza estiva di tutti i semidei, tra cui i suoi figli, alla Cabina 7.

Vide ragazzi che si allenavano, altri che leggevano, controllavano le maree in spiaggia e i vari flussi d'acqua e altri ancora, molto probabilmente figli suoi, che componevano poesie e canzoni in posti che donavano ispirazione, anche se non richiesta, come le rive del mare o la radura che confinava con la foresta.

Sorrise allo spettacolo, quel campo era una meraviglia, faceva riaffiorare il ricordo dei tempi antichi.

Oltrepassò il varco limitato dall'arcata ed entrò al Campo.

Camminò in giro per il Campo, guardandosi intorno, meravigliandosi della struttura delle cabine e lo stile di ognuna, facendo però attenzione ai guerrieri passanti, ai satiri che scalpitavano o alle frecce tirate da semidei con una pessima mira o alle prime armi.

Arrivò fino alla Casa Grande, sede centrale del Campo, alla quale incontrò Chirone, il centauro che si occupava dell'organizzazione delle attività.

Il centauro lo salutò calorosamente, facendogli cenno di avvicinarsi. Apollo ricambiò il suo sorriso, raggiante, raggiungendolo a grandi falcate. Una volta arrivato al suo cospetto, alzò lo sguardo e fece un cenno di saluto con la mano. Il centauro, di rimando, gli diede una leggera pacca sulla spalla:-Apollo! Quale onore! Qual buon vento vi porta qui?

-Un vento che viene da Est e parte la mattina con il carro del Sole e che mi raggiunge sempre a una certa ora. Forse qui non è molto conosciuto, si chiama Noia...

Il centauro soffocò una risata. Era incredibile quanto fosse facile per Apollo donare allegria alla gente:-È un onore avervi qui. Avete già visitato il Campo?

-Oh, certo! Ho avuto la fortuna di non incontrare armi volanti o giovani semidei arrabbiati. Però, per il resto, è forte!- sorrise ingenuamente dopo tali parole -Quasi quasi passerei alla mia cabina, prima di andarmene.

Memories of The SunsetDove le storie prendono vita. Scoprilo ora