Prologo. Alla fermata del bus

63 1 0
                                    

La giornata era baciata da un sole delicato, che scaldava senza dare affanno. La strada era piena di gente che non aveva voglia di recarsi a lavoro, ma di godersi questa assoluta giornata primaverile.
Due donne e un uomo erano alla fermata dell'autobus, sulla strada che passava davanti al castello, nel centro cittadino. L'uomo era vestito sportivo, pantaloni comodi e scarpe da ginnastica, ma a spiccare erano gli occhi azzurro ghiaccio, che scrutavano con interesse una delle due donne. Capelli neri come la notte, iridi nascoste dagli occhiali rotondi e grandi, un completo elegante rosa antico. L'uomo le fissava senza ritegno le gambe, sotto la gonna al ginocchio, i polpacci ben formati di chi cammina tanto o corre regolarmente, sostenuti da tacchi alti. Era affascinato dai tacchi, rendevano ogni donna più interessante e gli sarebbe piaciuto farla sua con solo quei tacchi addosso. Tutte fantasie, era sempre così. Pensava che tutti si facessero delle fantasie e che fosse malsano non farsele.
L'altra donna era seduta sulla panchina, teneva ben stretta la borsa marrone al petto, come se celasse un tesoro. L'uomo era davvero preso a guardare quei polpacci, ma anche quell'altra doveva avere un certo fascino. Abbandonò la donna tutta in tiro e decise di dedicare qualche istante all'altra. I capelli castani erano raccolti in una coda disordinata, come se avesse voluto domare il crespo dei capelli, senza riuscirci. Una donna così anonima. Vestita con una tuta grigia e usurata, mentre ai piedi calzava delle snikers impallidite da sole e lavaggi, che una volta dovevano essere rosse. Solo una cosa era degna di nota in quella figura femminile chiusa in quella posa, gli occhi grigio ferro.
L'uomo non si era accorto di fissarli, ma non riusciva a smettere. Quel tono tra il bianco e il nero lo stava rapendo.
Un'anima nera macchiata di bianco, o un'anima bianca sporcata dal nero della vita? Si chiese lui.
L'autobus si era avvicinato e aveva aperto l'entrata davanti all'uomo. Le due donne lo seguirono su e obliterarono i biglietti. Il mezzo era pieno e l'odore di chiuso soffocava. Qualcuno aveva aperto una delle finestrelle in alto, ma l'aria che circolava era poca. Di posti a sedere non c'era traccia e i tre si erano messi in fila in piedi, nella parte centrale del bus.
La donna tutta in tiro, attirava a sé sguardi interessati anche dai più giovani studenti, ma lei aveva preso lo smartphone dalla borsetta e si era concentrata sui messaggi da leggere.
Nat le aveva mandato almeno quattro messaggi in due minuti. La mora sbuffò con aria annoiata.
Crede che io sia ancora una sua tirapiedi?
Si chiese con la consapevolezza che la risposta a questa domanda era un rassegnato "sì". Lesse i messaggi due volte.

"Zoe! Ho ricevuto una busta con dentro un biglietto con minacce di morte."
"Non era firmato, ovviamente, e ora ho fatto denuncia."
"Se scopro che sei stata tu o una delle altre, ti giuro che vi ammazzo."
"So che parli di me alle spalle con le altre, ma ricordati bene che non saresti arrivata dove sei, se io non ti avessi presentata agli amici di mio papà."

Certo che avrebbe voluto averla fuori dalla sua vita, ma non le aveva spedito proprio niente!
Assurdo. Sì, le aveva presentato il presidente dell'azienda per cui ora lavorava. Il padre di Natalia aveva un'azienda tessile famosa e intratteneva contatti con altri imprenditori importanti, andando spesso nella capitale per fare accordi vantaggiosi. È stato così, che Natalia ha potuto presentare alle sue amiche persone influenti, che hanno fatto favori a persone che ne hanno fatti ad altre persone, che hanno aiutato le sue amiche. Amiche che ora le dovevano il lavoro e lo status sociale, cioè tutto.

L'uomo guardava Zoe senza sapere tutto questo di lei, ma intuendo il suo status e sapendo che non lo avrebbe mai guardato. Tuttavia, gli occhi grigio ferro dell'altra lo avevano segnato dentro.
La donna, quella spettinata con gli occhi metallici, aveva aperto una tasca della borsa e aveva preso qualcosa di piccolo in mano. L'uomo aveva visto, ma non si era lasciato distrarre, quegli occhi li avrebbe persi dopo poche fermate e voleva marchiarseli a fuoco nella memoria. Non gli era mai capitato di sentire la sua retina marchiata con le iridi di una donna, di certo non una così anonima.
Il bus frenò e lasciò scendere alcuni passeggeri e salire altri. L'uomo e le due donne erano ancora lì.
La donna con gli occhi grigio ferro si accostò piano piano all'altra.
<<Ciao Zoe.>> le sorrise.
La donna sollevò lo sguardo dallo smartphone e ricambiò con uno sguardo accigliato.
<<Ci conosciamo?>> chiese sbalordita.
Che domanda stupida! Pensò la donna dagli occhi color metallo, ma non smise di sorridere. Si avvicinò ancora di più a Zoe e le sussurrò qualcosa all'orecchio.
L'uomo vide che la donna dai bei polpacci si toglieva gli occhiali da sole e guardava la donna trasandata con gli occhi sbarrati, spalancati dalla paura, come quando vedi un fantasma.
Cosa sta succedendo? Si chiese lui.
La donna con gli occhi grigi abbracciò con slancio l'altra, che rimase passiva e sconvolta in quella stretta così strana.
L'autobus frenò ancora e la donna con gli occhi di ferro sorrise all'altra e scese con un balzo dal mezzo.
<<Tutto bene, signorina?>> chiese l'uomo alla donna rimasta sul bus, quella con i polpacci mozzafiato.
Lei si voltò verso di lui con sguardo assente, occhi fissi e spalancati e bocca leggermente aperta.
<<Sono morta.>> disse con tono piatto e cadde riversa sul pavimento dell'autobus. I capelli corvini sparsi come un'oscura aureola attorno alla testa.
Lo smartphone era caduto di fianco a lei e lo schermo disattivato era aperto sui messaggi di Natalia. Un piccolo suono avvisò di una nuova notifica che illuminò lo schermo.
"Zoe! Non rispondi, eh? Allora sei stata tu!" la accusava lo smartphone, che mostrava il messaggio di Nat.

***

Vi piace la storia?
Inseritela in un elenco di lettura, per trovarla prima e non dimenticatevi di lasciarmi una stellina!

Una vita (im)perfettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora