Capitolo 6 - Buon compleanno, amore!

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❗ATTENZIONE SCENE ESPLICITE DI AMORE E DI VIOLENZA ❗

Gli occhi grigio ferro fissavano l'acqua che bolliva nella pentola, senza battere le ciglia.
Lorenzo si sfamava con la vista del corpo della ragazza, che portava solo gli slip. Lui era sul divano, semisdraiato, con solo un asciugamano in vita a coprirsi. Sorrideva senza accorgersene, mentre si figurava a mordere quelle natiche perfette.
La ragazza scolò la pasta e la condì distrattamente. Mescolò energicamente, ma sentì due mani che si insinuavano da dietro di lei. Le accarezzarono i fianchi e risalirono al petto. Fremette, lasciando cadere il mestolo nella pentola, e alzò il mento per posare la testa sulla spalla di Lorenzo.
Con un piccolo gesto della mano gli fece cadere l'asciugamano e sorrise al soffitto. Ora sentiva la sua presenza da tergo. Il petto muscoloso che accoglieva le sue spalle, pelle contro pelle.
Le piegò bruscamente la testa di lato e prese a baciarle il collo con foga. Sembrava che il sapore di quella pelle fosse ambrosia. Lei sospirava e gemeva. I brividi le percorrevano tutto il corpo. Istintivamente si spingeva in punta di piedi, per andare incontro a quella bocca, che conteneva quella lingua.
Sentì le dita di lui giocare con l'elastico degli slip, che furono alle caviglie in pochi attimi.
Tenendola per la vita, la fece girare. Si chinò appena a la prese per le coscienza, sollevandola. Il bacino della ragazza, fu a contatto con il ventre del ragazzo e il calore la invase. Le sue cellule gridavano, volevano soddisfazione.
Lorenzo la fece sedere sul tavolo e le fermò il mento con un dito. Avvicinò piano il volto, perdendosi nel grigio delle iridi, poi la baciò, lento e profondo. Le mani che le toccavano ogni centimetro di pelle. Lei che spingeva il bacino verso di lui, istintivamente. Lorenzo la spinse a stendersi e le sorrise, prima di lasciarle una scia di baci che esplodevano in piccoli ciocchi. Si soffermò a rendere omaggio alle due piccole colline rosa, le cui vette gioivano, cariche di eccitazione. Poi sentì la lingua che la toccava, proprio lì. Le scappò un urlo, e continuó, invocando il nome di Lorenzo, con foga e desiderio. Più lo chiamava, più la sua lingua la faceva eccitare, poi l'uomo si sollevò, la baciò ed entró.
Lei si aggrappò al collo con entrambe le mani, mentre le gambe lo tenevano ben ancorato.
Sì, i loro pensieri viaggiavano all'unisono, regalando a entrambi la certezza, forse folle, di aver trovato quell'anima gemella di cui sempre avevano sentito parlare e mai creduto.
Ogni gesto, ogni desiderio soddisfatto era in perfetta armonia. Le menti vuote e, per un momento, un solo momento, la ragazza pensò che quello le bastava. Era stato, però, solo un momento e loro dovevano pagare per quello che le avevano fatto.
Lorenzo sembrò sentire questi pensieri e si spinse più a fondo che poteva, strappandole un grido e riportandola al qui e ora, a loro che erano una cosa sola. Respiravano insieme e i loro cuori si erano sincronizzati come orologi.
Gli passò una mano sulla testa, sentendo i capelli cortissimi accarezzarla come velluto. Lui grugnì e si lasciò andare del tutto.
Il brivido di scoprirsi animali insieme e amare quella sensazione selvaggia, li rese una sola persona agitata nel torpore che precede l'estasi.
Lorenzo, accasciato sulla ragazza. La ragazza, sotto il peso di Lorenzo. E volevano restare una cosa sola.

Delia si era occupata di preparare la cena di compleanno per Tiberio, suo marito.
Erano sposati da tre anni, con uno di fidanzamento alle spalle. Tiberio amava le cose perfette.
La casa doveva essere sempre impeccabile e la polvere non era ben accetta neanche al ritorno dalle ferie, per questo Delia era molto severa con le domestiche.
Delia stessa doveva essere presentabile in ogni momento, perché Tiberio non era tenuto ad avvisarla se portava a casa qualcuno. Le aveva suggerito di farsi un taglio corto, col ciuffo di lato, perché era più rapido da tenere in ordine e non le avrebbe fatto sprecare tempo prezioso.
Delia non lavorava dal fidanzamento. Tiberio voleva che fosse la moglie di un industriale, non una concorrente o una collega, quindi gestiva tutto nella casa e ciò che riguardava i loro impegni mondani.
Per il compleanno lui voleva un'elegante cena con almeno tre antipasti, due primi, due secondi, due contorni, frutta di stagione, una torta degna di un magnate e caffè e liquori a chiudere il tutto.
Delia aveva un raccoglitore blu notte con le idee per gli eventi da organizzare e lo prese dal suo studio. Avevano due studi, uno grande di Tiberio e uno piccolo per lei, in modo che avesse tutto il necessario per svolgere i suoi compiti organizzativi.
Aprì il raccoglitore, mentre si sedeva allo scrittoio in radica. Lo sfogliò e arrivò alla pagina riservata al compleanno della sera. Aveva già spuntato la maggior parte delle cose da fare. Controllò le risposte agli inviti e vide che due non avevano né confermato né smentito. Li chiamò ed educatamente chiese loro se avrebbero presenziato, ma declinarono l'invito con scuse patetiche, che lei neanche ascoltò.
Una vibrazione del telefono, un messaggio.
"Aggiungi un posto a sedere vicino a me per la cena, viene Anne."
Era Tiberio, che le diceva di far sedere la sua segretaria vicino a lui. La bella Anne, con lunghi capelli biondi e occhi neri, con il suo fisico statuario e uno stacco di coscia da fare invidia. Sembrava la protagonista di un film hard, con le minigonne inguinali e le calze autoreggenti, oltre al tacco dodici d'ordinanza.
Delia non pensava che il problema fosse il vestiario, ma la donna che lo portava. Era l'amante di suo marito ed era contenta di esserlo. Non sapeva quel che sapeva Delia. Tiberio non durava con un'amante per più di un mese, poi licenziava la povera sfortunata e se lei provava denunciarlo per molestie, le mostrava i video fatti a sua insaputa in cui era palese la consensualità, insieme a un bell'assegno a diversi zeri. Nessuna aveva mai proceduto.
A Delia stava bene essere cornuta. Almeno così diceva la gente, ma loro cosa ne sapevano? Niente. Nessuno sapeva quanto Delia amasse Tiberio. Stavano insieme da ragazzi, fino alla quarta superiore, poi si lasciarono. Si erano rivisti a una cena di gala e tra loro era scoccata di nuovo la scintilla, trasformata in matrimonio un anno dopo. Non sapevano che senza Delia, lui sarebbe morto, affogato nel suo stesso vomito. Non lo sapevano che Tiberio si drogava e solo lei riusciva a calmarlo.
Ogni persona ha un ruolo nella vita e quello di Delia era di accudire Tiberio.
La ragazza andò a farsi la doccia. In mezz'ora era perfetta. Aveva già il vestito per la cena e andò davanti alla porta della cucina per chiedere alla cuoca se era tutto sotto controllo. Si fece ripetere tutte le portate, pietanza per pietanza... Con pazienza la cuoca, una signora di mezza età, le ripeté tutto.
Tiberio arrivò un'ora prima della cena e andò a farsi una doccia, salutando freddamente Delia quando questa gli fece gli auguri con calore. La cameriera avvisò che il patio era pronto per ospitare l'aperitivo.
<<Sta bene, signora?>> le chiese.
<<Sì, sì. Grazie per averlo chiesto, ma sto bene. Ricordati di stare vicino alla porta, così puoi aprire al primo suono di campanello. Il cancello lo terremo aperto e ci sarà Andre a controllare che entrino solo gli invitati.>> persa nei suoi pensieri si voltò, facendo cadere un vaso di cristallo che conteneva dei fiori dall'aria lugubre.
Delia prese a tremare e da sopra sentì che Tiberio stava scendendo, fissò terrorizzata la porta.
<<Le chiedo scusa signora,>> disse la cameriera <<sono stata davvero sbadata.>>
Delia posò gli occhi su di lei, esterrefatta.
<<Cos'hai rotto questa volta?!>> tuonò Tiberio rivolto alla moglie. Lei balbettò, ma la cameriera abbassò lo sguardo.
<<Sono stata io. Mi scusi, signore.>> sapeva come comportarsi quella donna. Delia l'aveva assunta ed era a lei che doveva la sua fedeltà.
Tiberio era furente. Quel vaso non aveva alcun valore e i fiori che conteneva ancora meno, ma tutto era un buon pretesto per vomitare la rabbia.
<<Sei licenziata!>> un urlo che risaliva dal diaframma, profondo e isterico in un solo tempo.
Delia tremò, ma decise di parlare.
<<Falle finire la giornata, non ho il tempo di trovare un'altra cameriera per la cena.>>
L'uomo la guardò con disgusto, poi piegò gli angoli della bocca in un sorriso maligno e Delia tremò più forte.
<<Non c'è problema, ce l'abbiamo già una sostituta.>> la voce era bassa, quasi suadente.
<<Chi?>> chiese la moglie spiazzata.
<<Tu. Così non hai neanche il problema dei posti liberi a tavola. Non voglio che ti vedano, resterai in cucina e il lavapiatti lo promuoviamo. Tu prenderai il suo posto. No? Riuscirai a tenere più sotto controllo la serata se non dovrai parlare e intrattenere gli invitati. Non preoccuparti, dirò che sei indisposta.>> Tiberio le aveva spiegato il programma come se stesse per andare in vacanza, con la stessa leggerezza, ma aveva detto cose perfide. La stava umiliando ancora una volta.
Tiberio tornò di sopra e la cameriera andò a prendere scopa e paletta.
<<Levo questo vetro e me ne vado.>> disse senza guardarla.
<<Perché lo hai fatto? Perché ti sei presa la colpa?>> le chiese Delia, con ancora le mani che tremavano.
La donna non rispose subito, ma solo quando ebbe finito di raccogliere i resti del vaso.
<<Signora, lei mi ha dato un lavoro, ma ci sono cose più importanti dei soldi e la prima è il rispetto. Tutte le altre cose importanti arrivano a cascata se c'è il rispetto. Le auguro di trovare in sé stessa la dignità, la forza di amarsi.>>
Delia rimase sconvolta e tacque.

Gli occhi di ferro lo guardavano con decisione.
Lorenzo la avvolse in un abbraccio.
<<Dimmi, Clara, pensi di rendermi partecipe del quadro generale del tuo piano?>> le chiese a voce bassa e sensuale.
<<No.>> fu la risposta secca di lei, che si staccò da lui e si rivestì con rapidità.
Lorenzo sospirò. Avrebbe portato pazienza per la sua bambola di metallo.
La ragazza prese le chiavi della macchina e uscì. L'auto grigia sfrecciava verso la città, doveva fare la spesa, per riempire la dispensa e forse qualche cosa per il piano.

Delia lavava i piatti e si assicurava che le portate uscissero con la giusta cadenza. Aveva già fatto lavori umili in passato, ma quella situazione era umiliante. La cena era terminata e doveva riordinare tutto, insieme alla servitù, che la compativa, lo sapeva. Loro sarebbero tornati nelle loro case, dove non venivano picchiati, lei non aveva altri posti in cui andare.
<<Delia!>> la voce di Tiberio la chiamava dalla sala.
Si asciugò le mani nel grembiule e varcò la porta della cucina.
Non fece in tempo a vedere niente delle condizioni della sala. Una mano si era avventata alla sua gola e suo marito la spinse contro il muro.
<<Non avrai rotto tu quel vaso, ma sei tu che hai assunto quella domestica incapace!>> le urlò a pochi centimetri dal volto. Delia tremava e le lacrime le pungevano gli occhi. Respirava appena.
<<Scusa, mi dispiace...>> sussurrò con voce rotta.
Le diede uno schiaffetto, di quelli che non fanno male, ma che umiliano chi lo riceve.
<<Non mi importa di quello che dici. Le tue scuse non valgono niente. Come te.>> sibilò con cattiveria intrisa in ogni sillaba.
Le lasciò la gola e le diede uno schiaffo a piena mano. Delia si ritrovò sul pavimento. Sentì il marito allontanarsi.
<<Vieni cara.>> gli sentì dire e alzò lo sguardo. Anne, la segretaria dal fisico statuario la guardava inorridita, immobile, mentre Tiberio saliva la scala. Delia si alzò tenendosi una mano sulla guancia offesa.
<<Non preoccuparti, non ti farà del male. Lo fa solo a chi dice di amare.>>

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