Lorenzo ripensava alla notte precedente.
Quella ragazza era davvero minuscola. Un topolino avvolto da lenzuola candide.
Non aveva creduto alle sue orecchie, quando Clara gli aveva chiesto se voleva divertirsi in quel modo.
Era la prima volta che qualcuno gli chiedeva di fare quello che gli piaceva.
I suoi genitori lo avevano portato in terapia, quando aveva iniziato a picchiare i compagni alla scuola elementare, lo psicologo aveva sentenziato che era iperattivo e covava rabbia verso i genitori che litigavano sempre. Aveva suggerito che facesse uno sport intensivo, per scaricare la tensione, e suo padre gli aveva detto che doveva rigare dritto, perché al primo sgarro lo avrebbe mandanto in un istituto correttivo.
Lorenzo aveva fatto di necessità virtù, quando era stato iscritto a nuoto. Si accaniva sull'acqua come avrebbe fatto con i coetanei. Era una sfida infinita, perché i compagno soccombevano ai suoi colpi, mentre l'acqua era impossibile da dominare completamente.
Era andato in piscina fino ai sedici anni, poi suo padre era morto e la rabbia che aveva dentro non la conteneva l'acqua. La piscina non imprigionava più i suoi pugni. Aveva iniziato a frequentare bande di coetanei fuori di testa, che giravano per la città a litigare di proposito con altri gruppi. Che risse! Tuttavia, non era contento. Doveva fermarsi prima di superare un certo limite e lui non provava mai la soddisfazione. Era come fare sesso senza avere l'orgasmo. Frustrante e deprimente.
Clara, invece, gli aveva chiesto l'opposto di ciò che gli era stato chiesto da tutte le altre persone della sua vita: picchiala finché hai voglia.
Le persone "normali" avrebbero trovato assurdo un ordine del genere, ma lui non era "normale" e neanche lei.
Quel giorno sull'autobus aveva trovato la sua anima gemella, se l'era sentito dentro.
Era entrato nella casa, con una chiave che gli aveva dato Clara, poi si era fatto vedere sulla porta. La penombra aveva coperto il suo volto meglio di un passamontagna. La ragazza non aveva urlato, era rimasta solo a fissarlo, con la consapevolezza che sarebbe successo qualcosa di molto doloroso. Glielo dicevano gli occhi.
Si era avventato su di lei, un corpo tanto esile che era stato facile. Il suo cuore aveva fatto un balzo, quando aveva sentito i rumori che associava a ossa e lividi. Aveva colpito con la foga di una persona in astinenza.
Le sirene lo avevano interrotto, ma non voleva fare di più. Corse fuori. Clara aveva già acceso la macchina ed era partita prima che lui avesse richiuso lo sportello.
Avevano riso e la ragazza avanzò per una decina di chilometri, prima di accostare in un parcheggio. Si era levata la cintura di sicurezza e gli era saltata a cavalcioni, baciandolo con foga. Anche lei non si era mai sentita così viva. Lui aveva spinto il bacino verso Clara, che lo stava assaggiando ovunque riuscisse ad arrivare. Era famelica. Gli aveva preso il volto tra le mani e la foga del bacio quasi lo paralizzò. Poi le aveva portato le mani sotto la maglia e le strizzava i fianchi, spingendola verso il basso. Lei gemette. Con frenesia si abbassò gli indumenti e slacciò i pantaloni di Lorenzo, che aveva reclinato il sedile. Aveva urgenza di lui e lui di lei. I movimenti veloci che li stavano consumando e, per una volta, Lorenzo aveva avuto in pochi minuti la soddisfazione di entrambe le sue pulsioni.Delia era seduta rigidamente al tavolo della sua camera nell'albergo. La tensione nelle sue membra era evidente, con i pugni stretti fino a sbiancare le nocche.
Suo marito era steso sul letto, che beveva l'ultimo sorso della bottiglia di gin. Si alzò, leggermente instabile.
<<Quindi ora dobbiamo stare qui perché una persona, di cui non si sa niente, ha preso di mira te e le tue amiche.>> era un'affermazione e lei non rispose.
<<Sai cosa penso?>> chiese lui.
Delia scosse il capo in segno di diniego.
<<Penso che non ci sia nessuno stalker. Penso che tu volessi arrivare a tenermi segregato con te.>>
Delia lo guardò con gli occhi spalancati.
<<No... Io... Teresa è in ospedale che lotta per la sua vita. Come puoi non credere...>>
Tiberio lanciò la bottiglia contro il muro, infrangendosi.
<<No, loro ti hanno aiutata a macchinare tutta questa cosa!>> sbraitò avvicinandosi a lei e prendendola per i capelli e tirandola in piedi. Torreggiava su di lei, con il disprezzo fomentato dall'alcol che permeava dagli occhi acquosi.
Delia tremava e una punta di orgoglio si era accesa nella sua mente.
<<No. C'è un delinquente che ha ucciso Zoe e ha mandato in ospedale Teresa! Siamo in pericolo!>> strillò.
Lui le strattonò i capelli e la fece cadere a terra.
La fissava con uno sguardo indefinibile, ma lei dubitava che avrebbe scelto di crederle.
<<Ti ricordi che hai fatto una cosa imperdonabile?>> gli chiese con voce più tagliente.
<<Cosa? Picchiarti? Ti sei meritata ogni colpp che hai ricevuto.>> rispose lui ridendo.
<<No.>> Delia si alzò <<Parlo di quella festa, nella stanza dei cappotti.>>
Tiberio sgranò gli occhi.
<<Cosa? Che abbiamo fatto una scopata da storia?>> rise teso.
<<No. Tiberio... Non hai fatto una scopata da storia con me! Sei entrato e io ero lì con una mia amica, ubriaca e tu... È con lei che l'hai fatto.>> aveva gli occhi umidi e i pugni serrati, si stava piantando le unghie nei palmi.
<<E allora?>> chiese lui con aria divertita <<È per le corna che avevi allora?>>
<<Tiberio... Quella ragazza... Quella mia amica... Si è tolta la vita pochi giorni dopo! Io non ho mai raccontato a nessuno quello che hai fatto e non ho intenzione di farlo neanche adesso, ma... Se io ho fatto degli errori nella mia vita, non ho mai smesso di proteggerti. Anche ora! Per non prendere altre botte, sarei potuta scappare qui, da sola! Invece ho fatto in modo che anche tu venissi qui. Per proteggere anche te, da chiunque possa farti del male!>> Delia aveva il fiatone e lo fissava.
Tiberio ricambiava il suo sguardo con durezza, ma non disse più niente. Prese la chiave e uscì.
Delia si accasciò sul pavimento, chiedendosi se lo ricordava di aver ferito quella ragazza, tanto da farle scegliere un'opzione tanto smisurata. Forse no. Sperava che non lo ricordasse.
Dopo la morte di Viv, aveva deciso che non avrebbe più pensato a lei e che doveva proteggerlo. Nessuno la capiva, neanche lei capiva sé stessa, ma sapeva che era ciò che doveva fare. Forse nella sua mente era il solo compromesso, lo amava e non voleva perderlo, ma se ci fosse stata lei nella sua vita sarebbe riuscita a limitare i danni.
Andò nel bagno e si guardò allo specchio. Era una donna senza vita, con un fardello che l'avrebbe portata dritta all'inferno.Miriam era nella jacuzzi e Alan l'aveva raggiunta. Le stava facendo un massaggio alle spalle, mentre erano immersi nelle bolle.
Amavano quei momenti di relax, che fossero sul divano, in un parco o in una jacuzzi, avevano bisogno l'uno dell'altra.
<<Non riesco a non pensare a Teresa.>> mormorò Miriam giocando con una bolla di sapone.
Alan le accarezzò la schiena.
<<Vedrai che ce la farà.>> disse lui in tono incoraggiante.
La ragazza si spinse indietro, andando a posarsi sul petto del compagno, che baciò la testa.
<<Non posso andare in terapia stando rintanata qui.>> sospirò lei <<Anche se non credo esista più terapia d'urto del vivere con Natalia e Delia.>>
Alan rise appena, poi si accigliò appena.
<<Che problemi ha Tiberio?>> chiese.
Miriam gli spiegò che Delia era fidanzata con Tiberio dalla scuola media e che non aveva mai capito perché l'amica lo frequentasse, né tantomeno perché l'avesse sposato.
<<Tiberio non la ama. L'ha tradita tante volte da perdere il conto quando ancora frequentavamo le scuole superiori, poi... È violento. La maltratta. Hai visto il livido che Delia ha sulla guancia? Beh, sono certa che gliel'ha fatto lui. Ricordo che sua madre mi parlava di com'era dolce la sua Delia fino alla fine delle medie, poi è diventata nervosa, cattiva a volte. È la sola del gruppo con cui non sono mai andata d'accordo, ma le volevo bene e pensavo che anche lei me ne volesse. Mi sono sbagliata, come per le altre.>> diede uno schiaffetto all'acqua, che le schizzò in faccia.
Alan le prese il volto per il mento e la voltò verso di sé.
<<Lo sai che su di me non ti sbagli, vero?>> le chiese prima di lasciarle. Un delicato bacio sulle labbra.
Miriam gli sorrise e annuì a occhi chiusi.Lorenzo si era fatto una doccia e aveva cercato di lavarsi via una sensazione fastidiosa.
Fino a quel momento non aveva insistito per sapere la missione di Clara, ma iniziava a voler capire in cosa si stava cacciando.
Lei era nella sala e leggeva un libro, accoccolata sul divano.
Lui si sedette accanto a lei, con solo l'asciugamano in vita.
Clara chiuse il libro e si voltò a guardarlo, seria.
<<So cosa mi vuoi chiedere, ma non ti conosco abbastanza. Per ora ti sto già dando abbastanza fiducia.>> il tono che aveva usato era piatto e inespressivo.
Lorenzo non era soddisfatto.
<<Dovrai fidarti di me a un certo punto. Fidarti davvero, intendo. Sto rischiando la galera per te e sarebbe riconoscenza dirmi il tuo brillante piano.>>
Rimasero a fissarsi a lungo, poi lei sospirò e prese a raccontare la sua storia, le sue ferite e le sue ragioni. Lorenzo la guardava con attenzione e rabbia per ciò che aveva subito.
Era sciocco che si sentisse legato a una ragazza così in fretta, ma gli occhi che aveva visto alla fermata lo avevano colpito. Una persona triste. Per quello faceva del male a loro, l'avevano ferita un modo insanabile. Era una vendetta complicata.
<<Questo è ciò che mi hanno fatto.>> concluse lei <<Il piano non te lo rivelo, ma spero che le mie motivazioni ti bastino.>>
Aveva gli occhi bassi. Lorenzo le mise un dito sotto il mento e le girò il volto verso di sé.
<<Sì, per ora mi basta.>> e la baciò piano. Sentì le lacrime che gli bagnavano i viso, ma la baciò ancora. Chi odia è proprio chi ha più bisogno di amore.***
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Una vita (im)perfetta
Misterio / SuspensoMiriam ha una vita equilibrata. Un lavoro che ama, un uomo che vuole trascorrere il resto della sua vita con lei. Cosa manca? Niente. Nella vita, per arrivare dove voleva, senza farsi schiacciare da nessuno, ha fatto delle scelte ed è scesa a comp...