Il sole scaldava ogni cosa che i suoi raggi potevano raggiungere, compresa la pelle di Miriam.
Si era fatta una coda alta e ora si guardava allo specchio della camera.
Il suo corpo era sempre stato un problema per lei. Era bello, ma i corpi belli attiravano battute e sguardi indiscreti. Una donna non poteva fare le cose più semplici, senza che un uomo si sentisse libero di fare apprezzamenti, velati o meno.
Quando aveva conosciuto Alan si vestiva con ampie felpe e pantaloni da ginnastica. Ancora si chiedeva cosa lo avesse spinto a farsi avanti con lei.
Nel frattempo aveva fatto terapia e il suo atteggiamento verso la sua fisicità era decollato in un genuino apprezzarsi. Nonostante ciò, era lì che si guardava, scontenta di ciò che vedeva. Quando le sue amiche l'avevano tradita, lei aveva smesso di truccarsi ed esaltare la sua femminilità. Non ci riusciva. Si sentiva come se una freccia galleggiasse sopra di lei, indicandola al mondo. Per questo si copriva tanto. Per nascondersi.
Ora si stava nascondendo. La coda alta era una comodità, non una scelta estetica. Aveva messo una maglia ampia e voleva trovare i pantaloni della tuta, ma si sforzò di mettere dei leggins neri abbinate a delle tennis. Anonima, ecco come voleva essere.
Prese il contenuto della borsa e lo travasò in uno zainetto, che si mise in spalla prima di partire: la dottoressa Livorno l'attendeva.
Pensava senza sosta nel tragitto. I pensieri erano tanto forti da non permettere alla musica dello stereo di arrivare al cervello. Il caos. Ecco cosa c'era nella sia mente. Quando ebbe parcheggiato si rese conto di due cose. Innanzitutto non si era resa conto di aver guidato fino a lì, poi che era arrivata davanti allo studio in modo automatico, come se ancora lo frequentasse settimanalmente. Sospirò e scese sul marciapiede con lo zainetto sulla spalla.
La dottoressa le aprì le con un gran sorriso e la invitò a entrare. Lo studio era in una parte della villa della psicoterapeuta, che aveva fatto in modo che avesse un'entrata autonoma.
Miriam si accomodò oltre la sala d'attesa, nello studio. I muri erano di un delicato color crema, che legava con l'arredamento in legno chiaro. Un divano occupava buona parte della parete di destra e aveva davanti un tavolino con un pacco di fazzoletti di carta e un posacenere in marmo scuro e due poltrone sull'altro lato. Alle spalle delle poltrone una libreria era piena zeppa di libri di ogni genere, dai saggi ai manuali di psicoterapia per arrivare a romanzi di vario genere. La dottoressa Livorno usava i romanzi per allenare la mente alle patologie che rivedeva nei suoi pazienti, quindi aveva un arsenale di storie di amori malati quanto di thriller psicologici e horror. Era una donna fuori dalle righe. Aveva sempre i capelli raccolti sopra la testa in modo disordinato e si vestiva con ampi abiti a fantasie mediorientali. Gli occhi nocciola erano dolci, sotto i ciuffi color miele che le ricadevano sul volto.
<<Ciao Miriam, come stai?>> le chiese seduta sulla poltrona.
<<Ho di nuovo degli attacchi di panico.>> buttò lì la ragazza sedendosi sul divano.
<<Spiegami cos'è successo, per favore.>> la invitò la donna sorridendole.
Miriam raccontò della morte di Zoe, del funerale, dello stalker, dell'investigatore privato... Era un fiume in piena. Tante emozioni si celavano dietro ai fatti che raccontava e non sembrava in grado di fermarsi. La dottoressa non la interruppe, lasciò che Miriam andasse a ruota libera. Quando ebbe finito, si stupì di avere il fiatone e di essere leggermente sudata.
<<Cosa posso fare?>> sospirò trattenendo il groppo in gola, che ormai non la abbandonava più.
<<Cara...>> disse la donna, guardandola con un sorriso pieno di calore <<Lo sai, ormai, che non possiamo controllare quello che fanno le altre persone, ma abbiamo il totale e completo controllo su come noi reagiamo. So che questo concetto lo conosci bene. Io mi chiedo se in te non si sia riaperta la cicatrice per cui venisti qui nello scorso ciclo di incontri.>>
Miriam non tratteneva più il groppo in gola e gli occhi si riempirono di lacrime.
Purtroppo aveva ragione la dottoressa.Gli occhi color ghiaccio guardavano il cancello della casa. Clara gli aveva detto di saperle dire tutto quello che accadeva.
La ricciolina che abitava lì era arrivata a casa per le 17.00 e un uomo era entrato alle 18.15.
Ora aspettava ancora, come la sua glaciale amante gli aveva detto di fare. La mattina gli aveva mandato un messaggio, in cui gli diceva che se voleva aiutarla, dopo il lavoro doveva restare davanti a quella casa fino all'arrivo di lei stessa.
Non aveva detto altro.
Le luci della casa erano accese in quelle che dovevano essere la sala e la cucina. Stavano cenando, aveva pensato verso le 20.00.
Toc toc!
Lorenzo sobbalzò alla bussata sul vetro.
Clara gli rivolgeva un sorriso divertito, che lui ricambiò con la mano sul petto e il fiato di chi aveva corso.
<<Mi hai spaventato...>> le disse con voce calma, dopo che lei ebbe fatto il giro della vettura e si era seduta sul sedile del passeggero.
<<Lo so...>> ridacchiò piano <<Ma è stato divertente.>>
Lorenzo la ragguagliò e lei annuì.
Clara gli baciò la gola e fu lui a ridere.
<<Se ci distraiamo rischiamo di perdere delle informazioni...>>
Lei si ritrasse.
<<Hai ragione.>>
Poi prese a fissare la casa.
L'orologio segnava ormai le 21.33 e l'uomo che era entrato nella casa ne stava uscendo.Teresa entrava nella doccia, i cui vapori già appannavano lo specchio. Lasciò che l'acqua le scivolasse sulla pelle e si accoccolò nel ricordo della serata. Una cenetta semplice, con Paul.
Il ragazzo, suo coetaneo, l'aveva incontrato a una conferenza in Costa Azzurra due anni prima. Lei era l'assistente di un amministratore delegato di un'azienda del settore turistico, che voleva che la formazione dei suoi dipendenti fosse sempre impeccabile.
Paul ricopriva il ruolo di traduttore e avevano legato durante il pranzo del primo giorno.
Teresa era abituata a uomini che le chiedevano il suo corpo, o almeno ci provavano a usarlo come merce di scambio. A volte lei accettava questo "compromesso carnale", come lo chiamava Natalia, ma era più attenta delle sue amiche. Zoe, dopo quella brutta volta, aveva ceduto solo due volte molto mirate. Natalia aveva smesso dopo essersi accalappiata l'attuale compagno. Delia... Delia aveva pagato a caro prezzo la sua vita e loro lo sapevano, anche se lei non ne parlava mai. Natalia aveva cercato di offrirle aiuto, ma Delia si era messa a strillare che non aveva bisogno di niente. Povera Del...
Teresa era rimasta incantata da questo giovane che le faceva la corte, in modo galante, e non aveva mai allungato le mani nel modo squallido che si era vissuta sino a quel momento.
Lo sapeva che lei e le sue amiche erano le zoccole, per tutti i compagni di scuola, ma per loro il corpo era solo un mezzo per ottenere quello che volevano e aveva sempre funzionato. Quindi, perché smettere?
Si era sempre sentita molto in colpa per quello che avevamo fatto a Miriam. Lei non era una zoccola come loro. Era una pura. Lei voleva bene a tutte loro e non seguiva queste usanze così carnali. Amava il suo corpo.
Ricordava quando le aveva lasciate, come un fidanzato tradito.Teresa aveva un gran male alla testa, la sera prima aveva bevuto troppo. I capelli erano raccolti in una cipolla vaporosa sopra il capo. Natalia era splendida come sempre, lei non aveva mai o postumi di una sbronza. Zoe giocava col telefono, due occhiaie le infossavano il volto. Delia mandava messaggi a Tiberio, con aria sognante.
Miriam aveva chiesto di vederle e Teresa aveva risposto al messaggio che sarebbe stata felice di offrire la sua camera per parlare.
Nessuna di loro pensava che sarebbe stata una furia incontrollata, ma così fu.
Miriam entrò nella camera e non si sedette, non accettò né acqua né sorrisi.
Raccontò quello che non sapevano e la fissavano a bocca aperta. Natalia aveva sgranato gli occhi.
<<Mirs...>> aveva iniziato a dire con voce dolce, ma era stata interrotta da un fiume di insulti.
Gli occhi di Miriam erano folli e ansimava, come se avesse corso.
Delia fissava il tappeto e non badò al telefono che la avvisava dell'arrivo di altri messaggi.
<<Voi... Avreste dovuto dirmelo! Siete state perfide!>> ormai piangeva e gli occhi sembravano ancora più blu, così lucidi e cerchiati di rosso.
<<Non lo sapevamo...>> aveva iniziato a balbettare Teresa.
<<Sapevate che poteva succedere, però!>> sbraitò Miriam <<Avevate detto che mi avreste coperto le spalle! Che lo avreste fatto sempre! Invece voi eravate a divertirvi, mentre io...>> si era interrotta. Il groppo in gola era un sasso, quasi non respirava. Prese un profondo respiro.
<<Da oggi in poi, non voglio più né vedervi né sentirvi. Cancellate il mio numero. Ora!>> aveva tuonato isterica.
Le ragazze presero i telefoni in silenzio e le mostrarono una ad una la cancellazione del numero. Miriam fece lo stesso con i loro e se ne andò verso la porta.
<<Ci credevo mie amiche e credevo che alle amiche si potesse perdonare tutto. Ora ho capito che non è vero.>>
Uscì, con i pugni stretti e lasciando le ragazze a guardarsi con amarezza.Teresa chiuse l'acqua e si avvolse in un pareo bianco e morbido, poi raccolse i capelli in un asciugamano. In pochi minuti era a letto, sotto lenzuola di seta candide. Un groppo allo stomaco non andava via. Quando Miriam aveva lasciato casa sua, lei era stata l'unica a sostenere che aveva ragione e che erano state delle pessime amiche. Loro... Avrebbero dovuto proteggere un fiorellino come lei, ma non era accaduto. Purtroppo non era accaduto. Natalia le aveva ribattuto che essere amiche non voleva dire fare le babysitter. Zoe aveva scollato le spalle. Delia l'aveva guardata molto male e le aveva detto che non erano colpevoli, perché Miriam era adulta e vaccinata, quindi poteva anche andare al diavolo se pensava tanto male di loro.
Invece, Miriam aveva dannatamente ragione. Teresa sapeva che avevano contribuito a un danno terribile.
Scattò a sedere. Un rumore, nel silenzio della notte, aveva riempito di orrore le sue orecchie. C'era qualcuno in casa.
La paura le aveva congelato le membra in un attimo. Riuscì, obbligandosi a farlo, a prendere il telefono e chiamare.
<<Pronto?>> rispose una voce profonda.
<<C'è qualcuno in casa mia.>> sussurrò, poi chiuse la comunicazione. Se anche avesse chiamato la polizia, non sarebbero arrivati in tempo. Sulla porta della camera si stagliava una figura alta. Stava per morire.***
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Una vita (im)perfetta
Misterio / SuspensoMiriam ha una vita equilibrata. Un lavoro che ama, un uomo che vuole trascorrere il resto della sua vita con lei. Cosa manca? Niente. Nella vita, per arrivare dove voleva, senza farsi schiacciare da nessuno, ha fatto delle scelte ed è scesa a comp...