Capitolo 3 - Io ti vedo

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Miriam era a letto, aspettava l'arrivo di Alan. Lui, la sua dolce metà. Lo aveva conosciuto nell'associazione di volontariato dove si destreggiavano nel doposcuola con bambini e ragazzini di elementari e medie. Sapevano tutto l'uno dell'altra, gioie e ferite. Vivevano insieme da tre anni e si frequentavano da sei. L'emozione che gli dava averlo vicino sembrava lenire ogni ferita e lei ringraziava ogni giorno il destino di averlo messo sul suo cammino. Lo aspettava con un pigiamino azzurro che lasciava poco all'immaginazione, voleva farlo felice quando fosse uscito dalla doccia. Non aveva mai creduto nel principe azzurro e nell'amore eterno. Pensava che fosse impossibile trovare un uomo serio che potesse amarla per sempre, ma quel giorno al doposcuola, lui aveva detto delle cose tanto belle durante la pausa, che lei si era lasciata trasportare dai pensieri che vengono quando ti infatui di qualcuno. Era stupita di sé stessa. Era tanto che non si avvicinava al sesso opposto, ma in presenza di Alan si sentiva bene. Era stato divertente quando si erano invitati a uscire la prima volta.
<<Il mio bonbon mi aspetta a letto con quel pigiamino... Mi fai venire in mente pensieri impuri!>> esclamò Alan uscendo dal bagno e vedendola sopra le coperte. Le sorrideva radioso e lei non poté che ricambiare. Era una reazione chimica quella tra di loro, bastava che fossero nella stessa stanza, che respirassero la stessa aria, e scoccava di nuovo la scintilla. Miriam si alzò e gli si avvicinò con la grazia di un elfo dei boschi. Lui le cinse la vita appena fu abbastanza vicina per farlo e lei gli circondò il collo con le braccia. Aveva voglia di sentire il calore del suo compagno sulla pelle. Il loro era un incendio che si spegneva solo con un altro fuoco. Alan allungò un braccio verso il basso e agganciò le gambe di lei prendendola in braccio. Miriam gli sorrise e lanciò un gridolino. Quando, un giorno, avessero avuto figli, sarebbero stati la famiglia del mulino bianco. Ormai lei credeva di meritarselo.
Sentirlo vicino, tanto da non lasciare neanche un millimetro tra di loro, la faceva sentire al sicuro. Stretta in una coperta calda in mezzo a una tempesta di neve.
Ogni carezza aveva il sapore del benessere, della serenità. Quanto era bello dimenticarsi del mondo restandovi in mezzo.
I baci erano il permesso di respirare dopo una lunga apnea di dolore. Voleva sentirlo suo e lo stringeva a sè ogni momento in cui poteva. Ormai erano tutt'uno e niente li avrebbe separati.
Dormire abbracciati era un'abitudine. Lui supino, con un braccio dietro la nuca e l'altro a stringere Miriam a sé. Secondo lei non poteva stare comodo in quella posizione, ma dopo anni aveva capito che era inutile opporsi e che doveva godere del bel momento che le regalava puntualmente tutte le notti. Lo amava tanto da non poterlo più dire in giro, perché avrebbe fatto venire il diabete a tutti! Alan si addormentò subito e lei rimase appoggiata al suo petto, ad ascoltare il rassicurante battito del suo cuore. Che pace...
CRASH!
Miriam scattò a sedere e Alan fece altrettanto, senza levare la mano dalla sua spalla.
<<Qualcuno ha rotto una finestra?>> chiese lei, iniziando a tremare. Il ragazzo si alzò, lasciando la presa su di lei, che si coprì con il lenzuolo, e aprì l'armadio dove prese il bastone per posizionare gli abiti in alto. Aprì la porta della camera e sparì nel buio.
Miriam aveva le orecchie tese a sentire ogni rumore. Dopo quasi cinque minuti, Alan tornò in camera. Aveva una posa quasi rilassata e un mattone in mano.
<<Qualcuno ha lanciato dentro questo, rompendo il vetro della finestra.>> spiegò tendendogli il rettangolo di pietra. Lei lo prese e lo rigirò tra le mani.
"Toccherà anche a te. Io ti vedo, sempre." diceva una scritta fatta con un indelebile nero.
Miriam guardò Alan terrorizzata.

Non sapevano che a diverse vie di distanza, un uomo con gli occhi color del ghiaccio stava guidando all'impazzata la sua Volkswagen Golf, mentre una ragazza con lo sguardo di ferro rideva come una matta.
<<Sei stato fantastico!>> gli urlò in mezzo agli indistinti gridolino di giubilo. Lui le sorrise, iniziando a rallentare.
<<Beh, per te Clara farei di tutto... Anche non denunciarti!>>
Lei rise ancora e gli fece segno di svoltare a destra. Erano usciti dalla città e ormai le case di erano diradate. Presero una viuzza sterrata che portava a un frutteto.
<<È qui che vuoi uccidermi?>> chiese lui ridendo appena.
<<No...>> sospirò lei <<Qui è dove ti voglio ringraziare della bella serata.>>
Con la coda dell'occhio, Lorenzo vide un sorriso malizioso formarsi sotto quegli occhi grigi, ora quasi liquidi.
<<Fermati qui.>> gli ordinò e lui arrestò e spense l'automobile.
Si stava voltando verso di lei, ma arrivò prima la ragazza, rubandogli le labbra. Lorenzo non si mosse. Clara, o come si chiamava, era molto cauta e non voleva forzare quel tesoro che finalmente gli concedeva un contatto. Fu lei a prendergli una mano e posarsela sul fianco. Era il permesso. L'uomo le accarezzò una guancia con l'altro palmo e quella creatura meravigliosa, con i capelli a caschetto, dopo che la parrucchiera vi aveva messo le forbici, sospirò.
<<Vorrei farti mia.>> le sussurrò all'orecchio.
Lei lo guardò negli occhi di ghiaccio meno freddi che avesse mai incontrato. Sentiva il cuore accelerare e un calore prepotente diffondersi nel suo corpo. Annuì.
Imdossava un vestitino e lui una maglietta e dei jeans. Abiti comodi e pratici. Entrambi avevano sperato di arrivare oltre la biancheria. Lorenzo allungò una mano sotto il sedile di lei e tirò una leva, spingendo il sedile più indietro possibile. L'auto non era comoda, ma poteva diventarlo di più. Almeno un po'. Poi premette le sue labbra su quelle di lei, che gli accarezzò il volto e scese sulle spalle, larghe e forti. Lui allungò ancora la mano e reclinò lo schienale, accompagnandola delicatamente a stendersi.
Clara gli scorse le punte delle dita dal petto fino alla cintura dei pantaloni e la slacciò. Lui premette i bacino ancora coperto dai pantaloni su quello di lei, che ansimò appena. La baciò ancora e una mano le accarezzò un seno, piccolo e sodo. Era la prima volta che in essere umano di sesso maschile la faceva sentire così. Lorenzo le accarezzò una coscia e la risalì coi polpastrelli, s'inoltrò sotto la stoffa leggera del vestito e la guardò sorpreso.
<<A quanto pare speravi di arrivare a questo punto.>> disse lui con la voce roca di eccitazione.
<<No.>> rispose lei porgendosi verso Lorenzo <<Spero tutt'ora di andare ben oltre.>>
Si sorrisero maliziosi e l'uomo affondò il volto nel collo di lei.

Miriam e Alan stavano spiegando alla pattuglia quello che era successo e avevano posato il mattone sul tavolino del salotto.
<<Avete idea di chi possa essere stato?>> chiese uno dei due poliziotti.
Miriam scosse le spalle, poi alzò lo sguardo sull'uomo e decise di dire l'ovvio.
<<Io non so se c'entra in un qualche modo... Oggi sono stata al funerale di Zoe Pani, la ragazza morta sul bus. Eravamo a scuola insieme e so che le altre tre ragazze del gruppo di cui facevamo parte hanno ricevuto minacce di morte. Non sanno da chi provengano e neanche io, ma posso dire che è una strana coincidenza.>> Alan le prese la mano e la strinse. Sapeva quanto le costava nominare quelle ragazze. Era scoperchiare la sua ferita più grande, ma la donna che amava era forte come una tempesta.
I poliziotti andarono via prendendo atto di tutto e invitandoli a contattarli ancora se ci fossero stati altri episodi.
<<Davvero non sai chi potrebbe avercela con te e le tue vecchie amiche?>> chiese Alan tenendole ancora la mano.
<<Sì. Ci sono di certo persone che ce l'hanno avuta con noi, ma non ricordo nessun nome. Non eravamo delle delinquenti, eravamo stupide più che altro.>> si portò l'altra mano alla testa <<Domattina telefono all'investigatore privato di Natalia. Forse lui ha messo insieme qualche idea.>>
Alan le baciò la fronte e la strinse a sé.

Lorenzo stava fumando una sigaretta e Clara si godeva la pace di stare distesa e soddisfatta sul sedile reclinato. 
Il finestrino aperto lasciava entrare un filo d'aria fresca, che deviava il percorso del fumo.
<<C'è la possibilità che un giorno tu mi dica il tuo nome? Quello vero.>> chiese lui soffiando fuori la boccata di sigaretta.
<<Forse.>> rispose lei sfidandosi <<Non ho ancora deciso se posso fidarmi. Non capisco come mai non mi hai denunciata.>>
La scrutò serio.
<<Cosa devo fare per convincerti che puoi fidarti di me?>> chiese con voce bassa, roca.
Clara lo studiò per un momento e prese un profondo respiro.
<<Io sto facendo delle cose, tutte per motivi precisi, a cui tengo molto. Tu per cosa lo faresti? Tu per quale motivo taceresti una cosa grave come un omicidio o la tortura di qualcuno?>> era seria e aspettava la risposta, voleva davvero valutare la possibilità di includere qualcuno nel suo piano. Si sentiva immensamente sola e avere qualcuno che la stringesse forte la sera poteva solo farle bene.
<<È tutta la vita che aspetto due occhi come i tuoi.>> rispose Lorenzo <<Non per il colore, per quanto sia formidabile, ma per quello che mi trasmettono. Hai delle ferite e stai combattendo per risanare, anzi, vendicare. Io ammiro una forza tale e per questo ti ho cercata. Per non avere rogne avrei potuto decidere di non dire niente alla polizia e andare per la mia strada, invece ho deciso di tacere con la polizia e di cercarti. Mi sono impegnato a capire come potevo trovarti. Ti ho detto che dopo questa sera puoi decidere di non vederci più e avrai comunque il mio silenzio, ma spero di vederti ancora.>>
Clara aveva gli occhi spalancati, come se le parole le avesse bevute dalle iridi metalliche.
<<Va bene. Andiamo per gradi. Il mio nome non te lo dico ancora, perché non voglio che tu possa scoprire il mio passato finché non sarò pronta io a dirtelo. Come prova di fiducia ti posso coinvolgere in alcuni passi del mio piano. Sappi, però, che alla prima mossa falsa sei fuori. In ogni senso.>> concluse.
Lorenzo sorrise e annuì. Era più di quello che sperava.

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