3.la serata

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È già ora di cena, il pomeriggio è passato velocemente, nonostante io non abbia fatto niente. Proprio come il pranzo, la cena è composta da pizza. Ci sediamo negli stessi posti, come da bravi esseri umani abitudinari. Alla mia destra ho Clint, alla sinistra Steve, davanti a me ci sono, in ordine, Scott, Sam e Bucky. Credo che creino il trio perfetto. Gli ultimi due ho capito subito che sono in competizione. Prendo un'altra fetta, rigorosamente Margherita, dato che la metà dei cartoni ne contengono con l'ananas, rivoltante. Questa pizza la mangia Sharon, che ha pessimi gusti, e Scott, che mi ha deluso. «Allora, Emma, parlaci un po' di te» comincia la bionda. Steve le lancia un'occhiata di fuoco «ad esempio, com'è avere come padre il famigerato Phil Coulson? E tua madre? Chi è?» continua «Sharon!» la rimprovera Bucky «tranquillo, non sono i miei veri genitori, loro sono morti...Phil mi ha adottata. Non posso dire altro» le rispondo freddamente. Tutti mi guardano compassionevolmente, nessuno proferisce parola rendendo così l'atmosfera silenziosa imbarazzante. «Anch'io ho una figlia» commenta Scott rompendo il ghiaccio «si chiama Cassie, le voglio bene, tanto bene. Non vedo l'ora di finire questa "cosa" e di tornare da lei» è malinconico e mi fa pena. Ognuno racconta le proprie esperienze personali. Anche Clint ci rivela di essere padre.

«Avete alcolici?» chiede Sam «Non più, abbiamo evitato, visto quello che è successo l'ultima volta» gli risponde Steve «cosa è successo?» cerco di scoprire di più «niente, non diteglielo» lo ammonisce il pilota. Quante cose mi sono persa.

Ormai è tardi e, dopo aver conversato a lungo, la maggior parte di noi è andata a riposare per la giornata impegnativa di domani. Io, Sam e Bucky però non abbiamo sonno «Emma, adesso sarebbe il momento perfetto per la nostra uscita» propone il pilota lanciandomi un sorriso ammiccante. Mi porge la mano con fare da gentiluomo. «vengo anch'io» si aggiunge l'ex soldato d'inverno (da quanto ho capito) «rovinerai la serata» lo disprezza Sam «starò in disparte, ho bisogno di bere» cerca di convincerlo e ci riesce anche se con riluttanza. In men che non si dica prendiamo un taxi e ci dirigiamo in un locale. Io non mi sono potuta cambiare però i due uomini sì. Inoltre Buc indossa un guanto di pelle per nascondere la vera natura del suo braccio. Scendiamo dalla vettura e ci dirigiamo nella discoteca che diffonde della musica che inonda la strada. Entrando quasi mi manca il respiro: ci sono troppe persone, mi sento vulnerabile, e la musica è molto alta, tanto da rimbombarci in testa e da far vibrare le nostre casse toraciche. Bucky mi prende la mano per non perdermi nella folla, dettaglio che sfugge Sam. Quest'ultimo, una volta arrivati al balcone, ordina al barman indaffarato due cocktail che da quanto ho visto sono molto alcolici, senza chiedermi cosa volessi «fanne tre» lo corregge Bucky. Cerco di berne il meno possibile dato che reggo poco, come Sam , mentre il nostro compagno è l'opposto di noi. Ha trangugiato non so quanti bicchieri ma non vacilla neanche...sarà merito del siero che gli circola nelle vene.«Hey, bambola» mi si avvicina uno sconosciuto, sono poco lucida quindi non so cosa rispondere, ma senza esitazione viene allontanato dal ragazzo col braccio metallico «non avvicinarti più» lo esorta minaccioso facendo scappare il molestatore con la coda tra le gambe.

Non so quanti bicchieri ho bevuto ma giurerei pochi «non mi sento molto bene» annuncio. «ma daii» biascica Sam, traballante «è ora di andare» concorda l'unico sobrio. Trascina il pilota e si assicura che io sia al suo fianco. Ci guida fuori e chiama un altro taxi, che arriva in men che non si dica. «grazie» gli dico una volta saliti, ma non riesco a sentire la risposta perchè i movimenti calmi dell'automobile sono cullanti e le mie palpebre si fanno sempre più pesanti. Non riesco neanche a tenere la testa dritta e mi addormento sul mio vicino Bucky, per la seconda volta, in un giorno.

Spalanco gli occhi dolorante da un forte mal di testa Non ricordo dove sono. Con il tatto sento delle coperte e, osservando meglio, noto di essere distesa sulla mia brandina. Una consapevolezza mi annebbia la mente e alzo le lenzuola. Per fortuna nessuno mi ha cambiata. «Buongiorno» mi saluta qualcuno con una voce dolce «buongiorno» ricambio tranquilla...aspetta «tu cosa ci fai qui?!» chiedo preoccupata al ragazzo dal braccio di ferro seduto su una sedia a fianco del mio letto che mi fissa. Mi porge una pastiglia e una bottiglietta che apre al momento «fidati, prendila. È per il post-sbornia» non me lo faccio ripetere due volte e seguo il consiglio. Non passa troppo tempo che comincio a sentirmi meglio «abbiamo fatto...qualcosa?» domando riluttante «no, tranquilla, non approfitterei mai di te...non ricordi niente?» ridacchia, scuoto la testa «ho detto qualcosa di compromettente?» ho paura della risposta «no, tranne la confessione che io e Sam siamo i ragazzi più fighi che tu abbia mai conosciuto» arrossisco brutalmente per l'imbarazzo «nient'altro?» «sì, qualcosa a proposito di alcuni segreti di stato...» divento paonazza «sto scherzando» scoppia a ridere, senza intenzione di fermarsi «vaffanculo» «linguaggio!» mi rimprovera Steve che, a quanto pare, è venuto a chiamarci per la colazione «lo dirai tutte le volte?» mi lamento «esatto, adesso muovetevi che dobbiamo andare in missione!» ci richiama.

«vengo anch'io» mi propongo, quando scopro che non sono invitata «non sei idonea» rifiuta Steve preparandosi «invece sì» ribatto «non fare la bambina» mi rimprovera Clint sbattendo un pugno sul tavolo. Mi avvicino «te lo posso provare» ribatto sfidandolo. Sbuffa e si toglie la faretra. «fatti sot...» non lo lascio finire che si ritrova per terra «sei veloce, ma ero distratto, quindi non vale» gli do una mano ad alzarsi e ricominciamo. La scena si ripete, cerca di colpirmi, ma io schivo e lo stendo. «vi ho detto che sono idonea» mi giro verso Sam e Bucky che si scambiano una banconota da cento «regola numero 1: mai togliere lo sguardo dall'avversario» prova a colpirmi alle spalle con un calcio ma mi scanso, non lasciando che mi tocchi. Gli affondo un pugno al centro del petto e gli faccio perdere l'equilibrio. Questa volta rifiuta la mia mano e ritorna in piedi da solo. Riprende le frecce facendomi capire che non vuole continuare. «prova contro di me adesso» si fa avanti Steve. Accetto la sfida ma anche con lui non va diversamente. Cerco di non attaccare per cinque minuti per divertirmi ma poi, stufa della situazione, contraccambio e lo sbatto al muro con un calcio. Lo aiuto a rialzarsi «vieni con noi» ridacchia Sam «ci servirai» concorda Bucky. Capitan America mi porge una tuta nera con molta delicatezza «mettitela, ma trattala bene, è di Natasha» ho già sentito quel nome.

Ti Perdono JamesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora