Quella mattina l'orologio segna un orario improponibile quando si sveglia, il sudore che si raffredda sulla nuca e i tremori che ancora gli scuotono il corpo; è sicuro di aver fatto un incubo terrificante, ma neanche sforzandosi riesce ad afferrare altro che uno scampolo di quel viaggio onirico, uno sprazzo di capelli biondi e di dita ruvide. Il cuore corre veloce come un leprotto, incespica tra le radici rugose della realtà mentre l'aria fatica a entrare regolarmente nei suoi polmoni; non sa se stia piangendo o se la sensazione di bruciore sia dato dalle goccioline di sudore che sente scorrere dai capelli, ma il cotone del pigiama aderisce come la pelle morta di un serpente, prudendo terribilmente.
Alzarsi gli costa fatica, trascinarsi sotto la doccia gli costa fatica, reggersi sulle gambe e non scivolare con le ginocchia sul pavimento; l'acqua sembra incapace di lavare quella cortina di pesantezza che gli si è appiccicata sulla pelle, il sapone scivola senza consistenza e l'accappatoio in cui si avvolge sembra foderato di spilli acuminati che gli si piantano nella carne, struscia con una tale forza sulla pelle offesa del tatuaggio che ha paura di vedersi la pelle scorticata mentre si spalma la crema cicatrizzante e cerca il cotone nell'infinita massa di stoffa che compone il suo armadio. Per un attimo, una follia che si dissolve nel battito delle ciglia, sente quasi Eren cantare in quella sua gabbia con la voce seducente delle sirene, la stoffa di quel maglioncino che pare l'unica cosa morbida e delicata della stanza; è di un punto di verde troppo scuro per essere smeraldo, è un maglione che Reiner odia perché negli spacchi e nella trama interrotta da quelle sottili fratture mostra troppa carne, è un maglione che il mondo ha guardato con sospetto la prima e unica volta che l'ha messo, il taglio a peplum che stringe la vita ed evidenzia un seno che non c'è.
Ed è così sottile il confine della follia, è di un verde troppo scuro per essere smeraldo, è morbido sotto le dita e odora di ammorbidente alla vaniglia, è la follia che sa della libertà intessuta nell'inchiostro di un tatuaggio e nei vestiti che infila nello zaino per andare ad una cena per cui non ha ricevuto il permesso; è morbida la libertà nella sua follia crudele che quasi si dimentica quanto sappia anche di capelli biondi legati in un codino basso, di un paio di spalle ampie che nonostante tutti quegli anni sono uguali a come le ha sempre ricordate. Si chiede quanto fracasso abbiano fatto quelle ossa povere di carne a scendere dalle scale, perché quando Jean si gira, gli pare di essere fatto di puro rumore a ogni movimento.
Il caffè di Jean ha sempre lo stesso odore di bruciato, un retrogusto che punge la lingua ogni volta che si assaggia; non ricorda neanche una singola tazzina preparata dall'altro che non avesse un senso di fumo tra le molecole di caffeina e, forse, lui è sempre stato l'unico matto ad amare follemente il caffè di Jean, quello che neanche Mikasa ha mai il coraggio di bere. Eppure, quando l'altro gli fa scivolare la sua tazzina sul tavolo della cucina, Eren è sicuro che non esista niente di più buono e più Jean al mondo.
"Ci vuoi la cioccolata sui pancakes?"
Il biondo non lo guarda mentre gira il dischetto di pastella, l'imprecazione che sale dalle sue labbra quando ricade più in là rispetto al centro della padella, costringendolo a muoverla per non farlo afflosciare; ed Eren riderebbe davvero a quella scena, ma il senso di familiarità che sente è talmente intenso che un po' l'anima gli si lacera e le lacrime sono così leste e traditrici mentre cerca invano di nasconderle dietro il cibo e le dita.
"Se stai facendo i pancakes vuol dire che devo ringraziare le mestruazioni di Mikasa"
È fiacca la battuta che esce dalle sue labbra, si spegne come un cumolo di tizzoni ancora caldi colpiti dall'acqua, è pesante l'ombra che aleggia tra di loro, talmente carica di mi dispiace e di non detti che gli pare quasi di soffocarci in quella stanza. Non avrebbe mai pensato di ritrovarsi con così tante parole sulle labbra e così tanta distanza tra lui e Jean, che neanche se adesso urlasse fino a spingere allo stremo i suoi polmoni l'altro riuscirebbe a sentirlo; e la verità è che se potesse cancellare con un colpo di spugna qualcosa dalla sua vita, quella non sarebbe Jean, Jean che odora di caffè bruciato e di pancakes e che lo guarda con gli occhi più lucidi che Eren riesca a ricordare.
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Butterfly
Fanfiction!! ✨ Classificata nella "Long list" degli Italian Academy Awards ✨!! "Si chiede spesso cosa sia Eren, quale definizione sia possibile dare a quel nome, a quel corpo, a quell'anima. Eren è un uomo, un uomo che è anche una donna. Eren è un tramonto in...