Living on a prayer

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È praticamente agli sgoccioli di agosto e lunedì inizierà a lavorare per Levi Ackerman fino a fine febbraio; il corvino gli ha inviato il contratto d'assunzione quella mattina alle otto, con una spiegazione molto dettagliata di mansioni, orari e clausole, nonché la locazione degli uffici e la richiesta di essere disponibile per possibili brevi viaggi di lavoro. Levi gli aveva anche lasciato il suo numero di telefono personale per qualsiasi evenienza ed era stato così gentile da rispondere a tutte le sue domande quando l'aveva chiamato, anche se l'orario non era dei migliori. Dire che fosse rimasto affascinato dal tatto con cui gli si rivolgeva sarebbe stato un eufemismo, perché Levi era semplicemente di una gentilezza estrema con lui e non lo faceva mai sentire un idiota quando non capiva qualcosa.

Mikasa non era stata molto felice di sapere che aveva accettato il lavoro propostogli dall'altro e, senza saperlo, era d'accordo con Reiner sull'idea che Levi volesse solo provarci con lui; Jean aveva fatto spallucce quando sua sorella gli aveva chiesto di intervenire e aveva affermato che lui fosse abbastanza grande da sapere quello che faceva, senza bisogno di trattarlo come un bambino a cui stare dietro. Ed ora gli mancava di informare solo i suoi genitori.

Da quando aveva preso il diploma, con grande sforzo e molto sudore per colpa delle sue carenti capacità di studio, era stato un susseguirsi di lavoretti saltuari utili a racimolare soldi e di pomeriggi passati in camera a studiare la teoria del colore e il disegno tecnico. Ed era stata cocente e crudele la delusione che vedeva negli occhi di suo padre ogni volta che rimaneva a casa senza niente da fare, anche se l'uomo non si era mai azzardato a dirgli niente e l'aveva lasciato stare quando tornava scoraggiato dall'ennesimo cerchiamo giovani con esperienza. Per questo le mani gli tremano quando si presenta a colazione quella mattina, interrompendo i suoi genitori mentre parlano.

Suo padre guarda con una certa confusione i fogli che tiene tra le dita, la carta che si arriccia nella sua presa attaccandosi lievemente alla pelle sudata; fissa i suoi genitori negli occhi quando gli passa il contratto. Grisha lo legge in silenzio mentre lui sposta il peso sulle gambe, il sudore della notte che gli attacca il pigiama addosso e si miscela alla tensione che sente attanagliargli lo stomaco nei lentissimi minuti che servono a suo padre per leggere con attenzione tutti i fogli che gli ha messo davanti, gli occhi nocciola di Carla che si spostano da lui a suo marito.

Quando finisce, Grisha lo passa alla donna, incrociando le mani davanti alle labbra e poggiandovi il mento. Eren si sente la bocca tanto arida che fatica ad articolare quella semplice domanda che gli martella le tempie al ritmo dei suoi battiti accelerati, la voce che gli esce come poco più che un sussurro.

"Che ve ne pare?"

Sua madre gli sorride, alzandosi a schioccargli un bacio sulla guancia e intimandogli di sedersi a fare colazione; ma Eren resta fermo, resta in piedi e ritto a guardare suo padre che non ha ancora detto una parola. E lo stomaco gli si contorce così tanto che non riuscirebbe a mandare giù neanche un sorso d'acqua, mentre stringe il suo inalatore nella tasca per restare attaccato alla realtà come se fosse la trottola di Inception.

"È un contratto a tempo determinato"

La voce di Grisha lo fa tremare come se gli avesse sparato; annuisce mentre lo guarda negli occhi: lo sapeva che sarebbe stata la prima cosa che sarebbe saltata all'occhio del genitore, sapeva che un contratto di sei mesi non gli garantiva né un vero e proprio futuro, né tanto meno un piano solido su come racimolare abbastanza denaro per l'Accademia. Anche sommando il sostanzioso stipendio che il signor Ackerman aveva predisposto per lui – e che Eren sospettava essere molto più di quanto toccasse a qualunque persona nella sua situazione – a quanto aveva già da parte, senza spendere neanche un centesimo per sé, riusciva a mala pena a ricoprire metà delle tasse del primo anno. Eppure, quel lavoro temporaneo era piovuto come manna dal cielo e sarebbe stato egoistico da parte sua pretendere troppo; e Levi gli aveva dato una flebile speranza di non lasciarlo senza lavoro passati i sei mesi.

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