Giuditta che decapita Oloferne

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A diciassette anni anni Eren non ha imparato assolutamente niente, per quanto ci provi a vivere una vita il più normale possibile, ad essere un po' meno Eren. Gli è chiaro quando si ritrova in un negozio di make-up con Armin e Mikasa, a comprare un regalo per il compleanno di Historia, e capisce che l'altra Eren non è morta e continuare ad ignorarla non basterà a farla smettere di urlare. Perché se è vero che la strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni, la sua è ricoperta di pizzo e di rosso.

E per una persona che di base ha sempre evitato i negozi femminili, perdesi dentro Sephora non è proprio il massimo della sanità mentale; soprattutto considerando che gli sembra di vedere l'altra Eren riflessa ovunque nelle vetrine lucide e ordinate del negozio.

"Mikasa, mi sono stancato...perché non chiediamo a una delle ragazze dietro il bancone?"

"Non scomodiamo le ragazze che stanno lavorando, possiamo benissimo farcela da soli"

Armin sbatte le palpebre confuso, girandosi verso di lui per ottenere il suo sostegno; ma il cartellone di quei nuovi ombretti fluo lo attira molto di più delle inutili lamentele del biondino. Come se potessero davvero convincere sua sorella a chiedere ad una delle commesse che li sta fissando come un avvoltoio da quando sono entrati; gli hanno sempre messo ansia quegli sguardi, fissi e attenti su ogni sua mossa, nel loro terrore che qualcuno possa anche solo intravedere l'altra Eren nelle zigrinature degli specchi della stanza.

"Ma...il loro lavoro è aiutare noi ed evitare di farci perdere mezz'ora con il rischio di non comprare niente"

Le parole sensate di Armin non sembrano sortire nessun effetto sulla mora, che continua imperterrita per la sua strada; Eren sbuffa e non ci prova neanche a far ragionare sua sorella - sarebbe più facile convincere Ymir a vendere i biscotti degli scout vestita da fatina rosa confetto - per cui si limita a seguirla in silenzio.

"Aspetta un attimo"

Alla fine il biondo, non sa come, riesce davvero a convincere Mikasa a chiedere una mano e si dirigono alla cassa, passando davanti al reparto dei rossetti.

E se qualcuno chiedesse mai ad Eren di descrivere la sua vita attraverso una parola, quella sarebbe caso: tutto nella sua vita è soggetto a una casualità mostruosa, tutto sembra sempre prendere una piega che va in contrasto con i suoi buoni propositi di essere un ragazzo come tutti gli altri. È un caso che tra sette miliardi di persone al mondo, proprio lui non sappia sia davvero un uomo o una donna; è un caso che in questo preciso istante si sente donna e vorrebbe che gli altri lo riconoscessero anche nelle parole e nei gesti con cui gli si rivolgono; è un caso che passando noti il rossetto rosso più intenso e lucido cha abbia mai visto sulla modella del cartellone e che Eren in quel momento vorrebbe così tanto essere lei da star male.

Si ferma per un secondo davanti agli espositori. a scandagliare tutti i rossetti per provare a capire a quale colore corrisponda quello della pubblicità; ma è difficile riuscire così ad occhio, senza avere la possibilità di toccarli. Mikasa ed Armin stanno chiacchierando con l'addetta alla cassa e forse, se è abbastanza veloce e attento potrebbe prenderli e strisciare appena la punta sulla sua mano; potrebbe anche essere abbastanza bravo a cancellarli prima che li vedano, magari anche a prenderne uno e dirigersi di nascosto alla cassa più lontana. Per un attimo pensa a quanti soldi ha nel portafoglio, togliendo la sua parte per il regalo dell'amica; ma quando si accorge che sta ponderando di comprare quel rossetto comincia a mettere fretta agli altri due e in meno di mezz'ora sono fuori dal negozio.

Eppure quel senso di rimorso gli mangia il fegato anche mentre si ritrova accoccolato nel suo letto dopo cena e pensa di essersi fatto scivolare un cristallo di prezioso dalle mani.

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