12.

67 2 7
                                    

Mi sento persa senza Finn, non lo nego, però l'idea della vacanza mi dà una motivo per pensare ad altro.

Quella telefonata, quella dannatissima telefonata mi fa venire in mente mille dubbi e domande alle quali non riesco a dare una risposta e odio questa cosa. Perché? è la prima cosa che mi viene in mente, la prima cosa che mi chiedo: perché è sparito così? senza dirmi niente oltretutto, insomma avevo tutti i diritti per saperlo, ero una delle sue uniche amiche qui.

Non ho mai smesso di sperare che torni e sono sicura che lo farà, lui è fatto così, ad un certo punto torna.

Seduta sulla poltrona con le gambe incrociate e il mio game boy faccio passare il tempo fino all'ora di cena: il solito puré di patate e hamburger del giovedì sera.

Mio papà sfoglia il giornale mentre mia madre finisce il suo maglione di lana all'uncinetto che aveva iniziato già da troppo tempo. I raggi del sole delle 18 ancora deboli di aprile illuminano la pianta e il mobile che la sostiene creando un'ombra sul muro bianco che incornicia il tutto. Mi piace guardare la luce tramonto che si stende su alcuni punti della casa creando delle bellissime aree di colore arancione che inglobano ciò che sta in mezzo, mi piace anche stare a guardare la luce del sole alla mattina presto in cucina dopo aver fatto colazione, mi tranquillizza, mi dà un senso di pace e conforto che mi fa dire che questa è casa mia, sono al sicuro dal mondo che ogni giorno si fa più crudele.

Mi sveglio a causa dei raggi luminosi del sole che irrompono nella mia stanza interrompendo il mio sonno. Mi stropiccio gli occhi per poi guardare il soffitto stiracchiandomi.
Accarezzo il legno della mia mansarda sopra la mia testa: toccare le crepe del legno è una sensazione che mi è sempre piaciuta, non ne so il motivo, forse perché mi fa pensare a casa, il legno ha sempre fatto da tetto e mi tranquillizza sapere che è lì e mi protegge. Mi prendo alcuni minuti per svegliarmi per bene.

La scuola non aiuta. Non mi distrae e mi fa pensare ancora più a lui, perché prima lui era lì, e adesso non più.

La giornata passa noiosa e lentamente, mentre scarabocchio il mio quaderno azzurro di matematica con il segno rosso della mano sulla mia guancia, la quale era sostenuta dal mio pugno. Appena scesa dal pullman e arrivata a casa mi lancio sotto la doccia dopo aver salutato mia mamma e mio papà.
Amo farmi la doccia perché mi rilassa, posso ascoltare la musica dalla mia nuova radio in legno.
Dopo aver aperto l'acqua e averla fatta scaldare per bene, mi faccio spazio tra il vapore creatosi nel box, quando una sensazione di piacere e pace mi allevia la tensione e mi calma all'istante.
Mentre l'acqua scorre velocemente sul mio corpo, prendo la boccetta di shampoo e inizio ad insaponarmi i capelli, quando comincio a pensare alle possibili soluzioni per i miei pensieri che mi pervadono la mente e non mi fanno stare tranquilla.

Tante cose non mi spiego ma cerco di dare l'interpretazione più razionale che mi passa per la testa, e una di queste è la sua partenza, non riesco a smettere di pensarci: ho fatto qualcosa di male e per questo non voleva dirmelo? però perché mi avrebbe telefonato? da che numero ha chiamato? perché l'ha fatto?
Tutti pensieri che cancello mentre mi strizzo i capelli per poi uscire dalla doccia. Avvolgo il mio corpo in un asciugamano e mi avvicino alla radio per abbassare la musica, tutto questo cercando di non prendere la scossa.
Svogliatamente prendo il phon e aspetto che l'aria calda asciughi i miei capelli ma non completamente.

Il fatto che Finn mi abbia lasciata così senza una spiegazione mi da altamente fastidio: sono una persona la quale crede che a tutto ci sia una spiegazione e quando non sono in grado di pensare ad una che abbia senso mi infastidisco parecchio. Odio non riuscire a fare determinate cose, anche le più stupide, perché di sicuro altre persone lo saprebbero fare meglio di me, allora devo impegnarmi e riuscirci. Sono orgogliosa quindi non ammetterei mai di non conseguire un qualcosa e di sicuro non mi dò per vinta perché io devo riuscirci, quindi non smetterò di pensarci fino a quando non riuscirò ad arrivare ad una spiegazione logica.

D'un tratto squilla il telefono, di solito odio quel suono penetrante ed improvviso, ma in questo momento mi sembra incredibile. È lui, deve essere lui.
Mi precipito sul telefono facendo cadere l'asciugamano.
"pronto? Finn sei tu?!".
La voce metallica della pubblicità del call center mi rimbomba nella testa.
Le mani mi tremano, all'inizio dalla gioia ma ora dal nervoso che avevo nel corpo. Attacco violentemente la cornetta al telefono.
"fanculo" impreco dirigendomi in bagno.
Chiudo la porta alle mie spalle e mi accascio a terra strisciando la schiena sul legno freddo dietro di me. Stringendomi le gambe con le braccia, non riesco più a trattenermi e scoppio in un pianto che non riesco a controllare: le lacrime continuano a bagnarmi le guance rosse dal vapore e dal calore creatosi nella stanza. Ho caldo ma non mi muovo. Singhiozzando inizio a chiedermi perché, perché, perché...di nuovo.

Non so perché abbia questa reazione, forse perché Finn è la prima persona 'speciale' che mi piace davvero. È uno dei pochi ma buoni amici che ho. Anche se non ci conosciamo così perfettamente, abbiamo un rapporto impulsivo, non pianifichiamo le cose, ma semplicemente facciamo come ci dice la testa: se decidiamo di andare alla spiaggia, andiamo alla spiaggia.
Mi piace Finn, per davvero, è il primo per cui provo davvero qualcosa. Tutti parlavano delle farfalle nello stomaco, forse ora ho capito a cosa si riferivano, è come quando fai una discesa velocemente, come quando sei sull'aereo e lo senti decollare, come quando sei sulle giostre e sei felice, emozionato ma allo stesso momento hai paura della discesa. Mi piace quando parliamo a gesti dalle nostre finestre, quando stiamo seduti sul pavimento di scuola a mangiare quei ghiaccioli della caffetteria che ci fanno schifo, ma ci piace fare le facce e scherzarci sopra, ma soprattutto ci piace mangiarli insieme. Mi piace come se ne freghi di tutto e di tutti, come se il mondo esterno, quello di cui non gli importava, fosse solo una cosa in più, una convenzione che é lì e basta, ma non è una cosa di cui preoccuparsi.
Non so come chiamare cosa provo per Finn perché non l'avevo mai provata prima, so solo che mi piace, mi piace sentirmi bene e mi piace stare insieme a Finn.
Quindi mi manca, faccio finta che non sia vero, mi convinco che non sia così, che posso stare senza di lui ma no, non ne sono capace, sono abituata alla sua presenza e ora non posso solamente passarci sopra e far finta sia tutto okay perché non lo è.

"Laura! hai finito? dobbiamo accendere il forno!" mi rimprovera mia mamma dal piano di sotto
"sì mamma arrivo" cerco di nascondere la voce incrinata dal pianto mentre mi asciugo le lacrime.

Mi sciacquo la faccia con l'acqua ghiacciata per togliere il rossore dal viso, metto anche un po' di correttore e scendo velocemente le scale.

"eccomi mamma, scusami, non mi sono accorta dell'ora" mi giustifico affannando
"non fa niente amore, ma cosa ti è successo agli occhi? sono tutti rossi" mi alza il viso con due dita e si avvicina a me
"cosa? oh niente, mi è solo entrato dello shampoo negli occhi e in più il calore, credo sia quello" mento mentre fingo un sorriso e mi scosto
"ok allora passerà" mi rassicura dandomi un bacio sulla fronte "ah tesoro, a te ho preso il shu- su, ah questo coso come si chiama" dice mia mamma porgendomi una scatola di plastica rossa e gialla
"sushi mamma" ridacchio "grazie".

L'etichetta della scatolina dice:

sashimi di salmone fresco
5.59$
20% di sconto
prova il nostro nuovo sushi con la soia!

Rompo le etichette di carta che tengono chiuso il coperchio e la base di plastica per poi aprire e mettermi a mangiare.

Dopo aver addentato l'ultimo boccone della mia cena, vado in camera ad infilarmi il mio pigiama rosa di pizzo, quando sento mia mamma chiamarmi per portare fuori la spazzatura. Afferro quindi il manico del bidoncino verde militare assicurandomi di averlo chiuso bene, sbuffando. Apro la porta mentre schiaccio il pulsante per aprire il cancellino, vicino al quale avrei messo il bidone.
Il mio sguardo concentrato sull'oggetto che ho in mano, ad un certo punto scruta una sagoma davanti a casa mia alla quale non faccio attenzione dato che saranno i vicini che incrocio sempre durante le mie passeggiate al tramonto dalla porta al cancellino.
Questa figura è immobile, non dice nulla, fino ad un certo punto, quando sento chiamarmi.

"Lau." dice solo, ma parla, la voce sembra stupita e ammaliata, nasale ma allo stesso tempo profonda. Il mio cuore sembra fermarsi, sia per lo spavento o per qualche altra strana ragione, ho le allucinazioni?

oh, what you do to me||Finn WolfhardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora