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Mi sveglio di colpo con il cuore che batte all'impazzata. Mi guardo in torno e mi tocco i capelli ancora tremante per il brusco risveglio.
Chiamo il suo nome senza nemmeno un motivo e ovviamente non ottengo risposta.

"no no no non di nuovo, non di nuovo! merda" afferro il cuscino portandomelo con energia alla faccia. Scuoto la testa come per scacciare i pensieri negativi.

"Laura, la valigia!' esclama mia mamma già sveglia da un po' ricordandomi che oggi saremmo partiti.
"sì! merda" impreco non avendola finita, quindi lancio dentro tutto ciò che mi capita in mano che possa andar bene per un clima caldo.
"Laura, sono papà, posso entrare a prendere i bagagli?" bussa alla porta delicatamente
"sì entra pure" mi asciugo il sudore dalla fronte scattando al rumore della porta che si apre "ecco tieni".
"grazie tesoro, ti aspetto giù" mi manda un bacio con la mano trafficando con la valigia.

Mi vesto e mi lavo velocemente in modo da non tardare, saremmo andati subito all'aeroporto.

Dopo aver chiuso la porta di casa, andiamo verso la macchina, quando nel vialetto buio a causa del sole che non è ancora sorto di fronte a casa mia, noto una macchina parcheggiata alla quale non avevo mai fatto caso, anzi, sono sicura di non averla mai vista, ma non ci do affatto peso, ho troppo sonno per investigare.

Mio papà mette in moto la macchina e dopo qualche istante noto la macchina nel viale, venire nella nostra direzione, ma continuo a non farci caso fino a quando non mi accorgo che sta palesemente seguendo noi, dico così di cambiare strada e perdiamo la macchina che va avanti senza seguirci.

Scuoto la testa sembrandomi ridicola e continuo a guardare fuori dal finestrino.

Il parcheggio dell'aeroporto pullula di macchine dai finestrini oscurati. L'atmosfera è molto bella: il cielo sui toni dell'arancione causati dal sole che ancora sta sorgendo, l'arietta fresca sposta disordinatamente i miei capelli, e da quella pace transitiamo in una caotica stanza riempita dal vociare delle persone e dai richiami metallici degli altoparlanti dell'aeroporto.

Raggiungiamo in fretta il gate in cui ci saremmo imbarcati. Il tempo passa velocemente e in un batter d'occhio arriva il nostro turno di salire sull'aereo: mi ero dimenticata quanto emozionante e terrificante fosse volare, ti chiedi come faccia una macchina così grande e pesante a volare.

Lo stacco da terra è sempre il più divertente: le farfalle nello stomaco si fanno spazio in tutto il corpo e ti senti strana.

Appena dopo essere atterrati scendiamo dall'aereo e raggiungiamo la navetta che ci porta all'aeroporto. Sono molto stanca ma emozionata.

Una volta arrivati cerco il bagno con lo sguardo in mezzo alle teste della gente per lavarmi le mani e incipriarmi il naso.

Dopo aver avvisato mia mamma già in preda al panico, dato che a lei non piacciono i posti affollati, e averle accarezzato la mano per tranquillizzarla, mi avvio verso il cartello su cui sono disegnati un uomo e una donna stilizzati e la scritta toilette in bianco sul blu dello sfondo.

La mia mano viene improvvisamente afferrata da qualcuno che dice il mio nome chiaramente distinguendo bene le lettere, sembra spaventato e dubbioso.

Spaventata, credendo possa essere qualcuno che voglia farmi del male, mi giro spalancando gli occhi lentamente.

"Chi-" il mio cuore sfarfalla per un secondo e mi viene la pelle d'oca. Non riesco a credere a chi ho davanti agli occhi, come sia possibile, com'è arrivato? Ho tante domande a cui non mi importa dare una risposta, tutto ciò che conta è che siamo di nuovo riuniti.

"Finn?" la mia voce esce fievole e incrinata, ho un groppo in gola e mi viene da piangere "Finn?" ripeto, come per realizzare, "Finn!" esclamo con consapevolezza per poi buttare le mie braccia attorno al collo in punta di piedi. Lui mi cinge i fianchi e mi alza leggermente da terra.
"ma cosa fai qui?" chiedo mettendo le mani sulle sue spalle, quando le sue accarezzano le mie braccia.
"so che è strano da dire, ma ti ho seguita, fino a qui" spiega riprendendo fiato,
"mi hai seguita fino a qui? sei impazzito? perché?" corrugo le sopracciglia cercando di realizzare seriamente cosa stia dicendo,
"non potevo andarmene senza spiegazioni" arriccia le labbra per pensare alle parole giuste "ehm, ogni tanto, ho bisogno di qualche tempo per pensare e staccare da tutto e da tutti, non prenderla sul personale, tu non c'entri -sorride dolcemente- avevo solo bisogno di tempo, tutto qui" abbassa lo sguardo come avendo paura di sentire la mia risposta
"Finn mi hai fatta preoccupare, non ti mentirò, ero un po' persa senza di te" dico velocemente questa frase con un certo imbarazzo, passando subito alla prossima "il fatto che fossi sparito senza dirmi niente era strano e non capivo, è vero, ma ora sono contenta che tu sia tornato" lo abbraccio nuovamente, questa volta stringendolo più a me, come per sentirlo nuovamente vicino, ed è così bello averlo di nuovo, "mi sei mancato Finn, mi sei mancato davvero" socchiudo gli occhi alzando le punte per la differenza di altezza.

Non volevo ammettere che mi mancasse perché non mi piace pensare di dover dipendere dagli altri per essere felice e sentirmi bene, ma lui. È la prima volta che provo nuove sensazioni: questo senso di necessità di vederlo e non essere tranquilla quando non è con me. Mi preoccupo per lui seriamente.
Non mi sono mai avvicinata così tanto a qualcuno che non fosse Maddie, ma é diverso, è un bene diverso, naturalmente.
Finn è diverso da ogni persona che abbia mai incontrato, che per poche possano essere, erano tutte diverse, Finn, contrariamente agli altri, per quanto strano sia e particolare, ti fa sentire accettata e apprezzata, sa metterti a tuo agio. Quando sono con lui vorrei solo parlare, parlare e riparlare con lui per ore e ore senza mai stancarmi, odio andarmene, perché vorrei ricominciare tutto da capo. Mi piace la sua presenza, quando siamo solo noi due nel nostro piccolo mondo magico, è come se il mondo so azzerasse e fossimo solo noi, noi due.

"vieni con me!" si stacca dall'abbraccio improvvisamente tenendo le mani sulle mie spalle,
"dove?" chiedo confusa
"oh giusto dimenticavo, ho una casa sulla spiaggia, vieni con me, stiamo via per qualche giorno" esclama con entusiasmo
"ma, ma c'è la scuola e poi devo andare via con i miei genitori" cerco le parole giuste non capendo le sue intenzioni
"oh fanculo la scuola" impreca buttando una mano all'aria "eddai, vieni con me, ci divertiamo, stacchiamo un po', per favore"
"okay, verrò, lasciami solo scrivere qualcosa ai miei".

Prendo così il mio zainetto e seguo Finn.

oh, what you do to me||Finn WolfhardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora