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Miami è una delle città più belle d'America. Sicuramente dopo New York, ma sono due posti completamente diversi. New York è una città piena di palazzi e bei posti da visitare, ma Miami, è spettacolare; il mare, la spiaggia, le feste, le persone gentili...la libertà. Qui si respira aria di libertà, come se tutti i sogni si potessero avverare. Beh, il mio sicuramente sì.
Mi chiamo Nicole, e mi sono traferita qui da Londra all'inizio dell'estate per frequentare l'università del dipartimento di fisica e per abbandonare tutti i brutti ricordi a Londra, la città dove sono nata e cresciuta. Brutti ricordi di cui onestamente adesso non mi va di parlare.
Seduta sulla più alta scogliera di Miami, con le gambe a penzoloni, osservo l'orizzonte e il mare calmo. Zeus, il mio cane, fa lo stesso mentre una leggera brezza marina gli scompiglia il pelo quasi teatralmente. Scodinzola sbattendo la coda contro il terreno. Adora passeggiare a quest'ora del pomeriggio. L'aria non è ne troppo calda nè troppo fredda, è l'orario estivo migliore, il passaggio dal pomeriggio alla sera.
Dei ragazzi, un po' lontani da noi, dove la scogliera è leggeremente più bassa, si stanno tuffando ridendo, godendosi l'ultimo giorno d'estate prima che la scuola rincominci. L'idea di iniziare una nuova scuola, con nuove persone dovrebbe innervosirmi e invece mi sento più rilassata che mai, forse è il mare, o forse è perchè per la prima volta non sarò la pecora nera della classe, quella strana che ama la fisica e la matematica, di solito le materie più odiate dall'umanità. Invece a me hanno sempre appassionata, incuriosita. Finalmete passerò il tempo con persone come me, più o meno.
Zeus si alza annusando l'aria con fare incuriosito. Inizia a tirare verso la parte opposta da cui siamo arrivati. Tira tira e tira, finchè con una semplicità disarmante si libera della mia stretta sul guinzaglio e corre verso il punto di suo ineterssamento. -Zeus!- cerco di chiamarlo a me. Di solito obbedisce, è anche abbastanza pauroso e non si allonata mai da me, quindi il suo comportamento è ancora più strano. Mi alzo velocemnte e gli corro dietro continando a chiamarlo e cercando di non perderlo di vista. Se dovessi perderlo, sarebbe come perdere una parte di me.

Finalmente si ferma davanti a una villa enorme proprio sul precipizio della scogliera. Sembra molto costosa oltre che enorme e molto bella, ma non c'è da stupirsi, durante l'estate ho scoperto che Miami oltre a essere bellissima è anche presa d'assedio da persone che problemi di soldi non ne hanno.
Mi fermo anche io cercando di riprendere fiato. Sono brava a scuola, ma l'attività fisica non è mai stata il mio forte.
-Zeus, si può sapere che succede?- chiedo con il fiatone, come se potesse rispondermi. Cerco di avvicinarmi a passo lento, mentre le gambe si indeboliscono e la testa gira. Mi sento debole, molto, non mi stupirei se dovessi svenire da un momento all'altro.
Zeus annusa un lato della casa finchè non si infila in un buco sotto la casa, da una grata aperta. Ho canatato vittoria troppo presto, l'inseguimento non è ancora giunto al termine. Vorrei proprio sapere cosa ha sentito che lo ha spinto a scappare così.
A passo lento e traballante mi dirigo verso la porta in vetro della villa. Vedo tutto come vibrare, e ogni tanto le gambe mi cedono rischiando di cadere. Non ho mai odiato così tanto la mia pressione bassa e la mia scarsa resistenza fisica.
Poso il dito sul campanelo con l'intenzione di suonarlo, ma dopo una minima pressione vedo tutto scuro e lentamente scivolo a terra, l'ultima cosa che sento è il rumore del campanello che suona e poi nient'altro, silenzio più totale.

Mi sento spossata, come dopo un volo. Disorientata e con la testa dolorante. Cos'è successo? Ricordo solo di aver perso i sensi dopo una rincorsa dietro Zeus. Però non sento il freddo e duro marmo dell'entrata della villa contro la mia schiena, anzi, mi trovo su qualcosa di morbido e profumato. Lentamente apro gli occhi, pentendomene subito, vedo tutto girare e la testa inizia a pulsare sempre più forte, così li richiudo subito con un mugugno. -Mh, che verso aggraziato- una voce maschile mi fa riaprire gli occhi di colpo. Il soffitto non lo riconosco. Mi guardo attorno, la stanza nemmeno. Fuori dalla finestra si vede il mare. Dove diavolo sono? Osservo alla mia destra e vedo un uomo: barbetta e baffi scuri, capelli dello stesso colore, spalle larghe e petto prosperoso; tiene gli occhi bassi ma riesco a vederne il colore: un marrone chiaro, quasi color nocciola. Sta mischiando qualcosa di farinoso dentro a un bicchiere d'acqua. Chi è? Mi sembra familiare... Sento la testa scoppiare per le troppe domande che mi sto ponendo senza una risposta, e mi ritrovo ancora una volta a mugugnare di dolore. Mi porge il bicchiere che frizza. -Tieni, questo ti aiuterà- ha una voce calda e sicura. Lo guardo con attenzione, cercando di scrutarlo per bene. Non sembra un mal intenzionato, almeno finchè non ghigna divertito. -Non voglio avvelenarti- è proprio quello che direbbe uno che ti vuole avvelenare.
Mi metto a sedere sul letto facendo un fatica immensa. -E chi me lo assicura- mugugno per poi squadrarlo male. -Io- si indica. Come se fosse la rassicurazione migliore. Sembra un po' scemo. -E tu chi saresti?- chiedo con aria di una che non si fida per nulla, ed è proprio quello che voglio dimostrare. Non mi fido, anche se mi ha raccolta da terra, come se fossi un oggetto usato, e mi ha accolta in una stanza grande quanto il mio appartamento. Si alza dal letto posando sul comodino il bicchiere, poi si volta a guardarmi. -Sono un genio, miliardario, playboy, filantropo- conta con le dita continuando a fissarmi. -Ma tu puoi chiamarmi Tony, bambolina- fa l'occhiolino confermando il terzo nome che si è affibbiato. Cerco dirgli che non sono una bambolina come dice lui, ma questo qui ha la parlantina vivace. -Anche se in molti mi chiamano...- fa finta di pensarci con aria teatrale. Che idiota che è, mi ritrovo a pensare, roteando gli occhi con fare annoiato. -Ah si, giusto, Iron Man-. Quasi mi strozzo con la mia stessa saliva. Lui, l'idiota davanti a me, è Iron Man? L'eroe americano con l'armatura rossa fiammeggiante e oro.
-Reagiscono tutti così- ridacchia compiaciuto. Si risiede al mio fianco e mi avvicina di nuovo il bicchiere. -Ora ti fidi?- chiede. Lo guardo negli occhi, nei suoi occhi marroni che per un attimo sembrano quasi luccicare e cedo. Gli sorrido in segno di gratitudine e bevo tutto in un sorso. Ha un saporaccio e mentre scende giù nella gola brucia e frizza. -Ora che so che non sapevi chi fossi so per certo che non sei una giornalista- sembra quasi uno scioglilingua. -Quindi...chi sei? e che ci fai qui?- chiede curioso. Non sembra rimproverarmi, anzi, è molto gentile, più di prima. -Mi chiamo Nicole. Stavo rincorrendo il mio cane che è entrato in casa sua e...sono svenuta- rispondo togliendomi la coperta di cotone da sopra le mie gambe. Zeus...mi ero quasi dimenticata perché fossi qui.
-Mi spiace ma qui non c'è nessun...- viene interrotto da un frastuono proveniente da sotto di noi. Sembrano oggetti di metallo che cadono, uno dietro l'altro a mo di domino.
-Cazzo...- sibila prima di correre via. Credo proprio di aver trovato il mio cane. Scendo lentamente dal letto e a passo calmo lo seguo giù per le scale, evito di correre per non svenire un'altra volta.

Arrivo davanti a una porta in vetro aperta. Sbircio dentro e vedo Tony rincorrere Zeus che con lo sguardo felice, quasi realizzato, fa cadere tutto ciò che gli capita a tiro dentro a quello che sembra un covo scientifico pieno di computer accesi, proiezioni, bracci robotici e armature rosse fiammeggianti. Sembra quasi una scena comica, e non posso evitare di sorridere.
-J.A.R.V.I.S. fermalo!- urla. -Certo signor Stark- risponde una voce robotica calma. Uno dei bracci robotici si inizia a muovere e appena Zeus gli passa di fianco lo afferra per il collare fermandolo e sollevandolo da terra con fare poco delicato. -Zeus- esclamo allarmata andandogli velocemente incontro. Lo libero dalla presa meccanica rimettendolo per terra. Guaisce così gli accarezzo la schiena per calmarlo. -Gli hai fatto male- ringhio. Sto parlando con un robot, probabilmente sono morta. -Mi spiace signorina Johnson- si scusa la voce lasciandomi a bocca aperta. Come cavolo fa a sapere il mio cognome? Sbatto più volte gli occhi, incredula. -Grazie J.A.R.V.I.S.- borbotta Tony con il fiatone. -Come diavolo fa a sapere il mio cognome?- chiedo, ancora sconvolta. -È un robot, sa tutto- si limita a rispondere uscendo dal covo. Tiene la porta aperta e mi guarda. -Andiamo?- sembra più un ordine che una domanda, così mi ritrovo a obbedire continuando a guardare il robot.

Esco dalla porta d'entrata che Tony mi tiene aperta come un falso gentiluomo. -È stato un piacere conoscerla signorina Johnson- mi saluta. Vorrei poter dire lo stesso, ma appena mi sbatte la porta alle spalle lo vedo allontanarsi e non posso evitare di fargli un bel terzo dito in segno di gratitudine. Maleducato...
Guardo Zeus e gli sorrido -Andiamo monello- e con il sole che tramonta dietro il mare ci allontaniamo verso casa, finalmente.

Tutta colpa del caso Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora