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Entro in casa con tutta la flemma di questo mondo. Zeus mi aspetta seduto davanti alla porta con il guinzaglio in bocca, come se mi stesse parlando a suo modo. Probabilmente se fosse stata una persona a quest'ora starebbe stringendo le gambe e ballando sul posto in modo buffo per trattenere la pipì. Poverino, ho perso totalmente la cognizione del tempo con Phil; dopo la rivelazione da parte mia, abbiamo passeggiato in spiaggia e parlato allegramente come se non gli avessi mai detto una cosa così importante, e gliene sono grata.
Gli tolgo il guinzaglio dalla morsa e attacco il moschettone al collare con un sonoro click.

Passeggiamo tra le stradine di ghiaia del borghetto vicino alla spiaggia, dove abbiamo mangiato oggi io e Phil. Zeus tira per incitarmi  ad aumentare il passo, ma io è già tanto che sono ancora in piedi. Ogni due minuti sono obbligata a portare la mano al viso per nascondere gli enormi sbadigli poco femminili, e trascino la suola delle scarpe per terra nom avendo neanche le forze di alzare le ginocchia. Sono sfinita da questa giornata, voglio solo buttarmi sul letto e dormire, senza neanche mangiare o lavarmi. 'Complimenti Nicole, davvero una vera signorina. Vuoi anche ruttare?' è la mia coscienza che mi parla, ma io la ignoro.
Passo di fianco a una coppia di ragazzi della mia età, se non più piccoli e non posso che sorridere. Chissà se anche io troverò mai il ragazzo giusto, quello che saprà amarmi per quello che sono. Non ho molte richieste, non mi interessa se è moro, biondo, rosso, o ha gli occhi di un colore e non di un altro. A me interessa solo che mi tratti bene e che mi ami, non voglio trovarmi a litigare con qualcuno ogni due minuti perché mi tratta male o è testardo. 'Beh, allora sicuramente non uno come Tony Stark' e adesso perché la mia coscienza dice queste cose. Non voglio Stark come ragazzo, sia perché non mi interessa e io non interesso a lui, sia perché non andremmo per nulla d'accordo. Lui è egocentrico, egoista, testardo, infantile e soprattutto un playboy, avrei la costante paura che mi possa tradire come se fosse niente.
Scuoto la testa per allontanare quei pensieri. Mi ero ripromessa di non pensare più a lui. È il mio professore, e potrebbe essere tranquillamente mio padre per quel che so della sua età.
Senza rendermene conto vado a sbattere contro il petto duro di qualcuno. Alzo lo sguardo massggiandomi la testa dolorante. Perché non guardo mai dove vado?
-Mi dispiace, ero distratta- mi scuso gentilmente. Davanti a me c'è un uomo dalle spalle larghe coperte da una maglietta nera a maniche lunghe. Ha i capelli biondi corti, la pelle chiara e un paio di occhi azzurri penetranti che mi scrutano attentamente, come se in qualche modo potesse leggermi l'anima.
-Non si preoccupi. Sta bene?- chiede premuroso accennando un piccolo sorriso sbilenco. Annuisco in segno di risposta e poi mi scanso per farlo passare senza staccargli lo sguardo di dosso. Ho come l'impressione di conoscerlo, e credo anche lui, perché prima di voltare l'angolo mi guarda un'ultima volta.

Rientro in casa quando ormai il sole sta tramontando. Ho la brutta abitudine di rincasare quando fuori è il momento della giornata che preferisco.
L'incontro con quell'uomo mi ha svegliata un po' ma ora sono a dir poco esausta.
Dò da mangiare Zeus accarezzandogli il muso e poi mi dirigo in camera a passo di zombie. Probabilmemte ho anche lo sguardo di uno zombie, occhiaie comprese.

Infilo velocemente il pigiama (a dir poco infantile viste le coroncine da principessa stampate) e mi lascio cadere a peso morto sul letto. Osservo i muri della camera ancora spogli se non per due foto, una con mia madre e mio padre, e l'altra di Zeus quando era cucciolo, appena arrivato a casa. Mi ricordo quel giorno come se fosse ieri. Avevo sedici anni, l'anno prima che mia madre morisse, ero appena tornata da scuola dopo una giornata a dir poco stancante. Si avvicinava il Natale, la mia festività preferita, e fuori nevicava. Ho salutato i miei genitori che hanno ricambiato con uno strano sorriso, e quando sono andata in camera a posare lo zaino e l'ho trovato lì, un battuffolo di pelo che scodinzolava seduto sul mio letto con al collo un enorme fiocco rosso. Sembrava un pacchetto regalo. Sono scoppiata a piangere e i miei sono venuti ad abbracciarmi ridendo di pancia per la mia esagerata reazione.
Sospiro a quel ricordo così bello e non mi accorgo che una lacrima mi scivola lungo la guancia. L'asciugo velocemente e tiro su con il naso per cacciare indietro le altre che la stavano per seguire.
Mi devo distrarre.
Afferro il telefono che avevo abbandonato sul cuscino e entro meccanicamente in instagram. Sempre meccanicamente, senza nemmeno rendermene conto digito il suo nome e cognome. Non pensavo di trovarlo, e invece eccolo qui. Ha delle foto divertenti, ma alcune talmente serie che non sembra nemmeno lui. Apro una di quest'ultime e rimango incantata a fissare i suoi occhi scuri poco distanti dalla fotocamera. Ammicca un piccolo sorriso che finalmente mi riporta alla realtà. Che cosa sto facendo?
Solo ora noto che ha pubblicato delle storie. Senza pensarci troppo le apro e subito sono obbligata ad abbassare il volume per non rimanere sorda. E' nella sua villa e ci sono un sacco di persone illuminata dalle luci stroboscopiche. Non è lui che filma, ma sicuramente viene filmato mentre beve un martini al bancone. Ha lo sguardo...perso. Sembra triste, ma mi pento subito dopo appena il telefono passa automaticamente alla storia dopo. Questa volta è avvinghiato a due ragazze alte e con dei vestiti che lasciano poco all'immaginazione. Blocco subito lo schermo prima che i ricordi di oggi mi riaffiorino in mente.
Lentamente mi infilo sotto le coperte e abbraccio il cuscino sentendomi improvvisamente triste, incomprensibilmente triste. Sospiro e chiudo gli occhi cadendo subito tra le braccia di Morfeo che dolcemente mi culla.

Tutta colpa del caso Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora