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Saranno circa tre ore che vago in giro per la città.

Non avevo per niente voglia di tornare a casa anche se non c'è nessuno. Mi avrebbe fatto tornare in mente solo altri ricordi e non posso sopportarlo. Non ci riesco.

Il cuore batte all'impazzata ogni volta che penso a lui, al suo sorriso, alla suo essere sempre altruista, iperattivo e giocherellone.

Era la mia ancora di salvezza, la mia stella polare. E ora non c'è più.

Ho tentato in questi anni a spostare il mio centro su qualcun altro: mia madre, i miei amici, me stessa. E ci sono riuscita. Ora siamo noi la mia ancora, la mia stella polare ma lui rimarrà sempre quella principale. Nessuno potrà mai sostituirlo, né in questa vita né in un'altra.

Con coraggio torno a casa per riprendere la lucidità che ho bisogno per sta sera e per prepararmi. Non ho intenzione di aspettare tutta la gara: andrò prima, mi farò ridare la collana e poi fine della storia.

Non mi interessa più niente. Vadano al diavolo lui e il suo modo negativo di essere.

Quello che però trovo davanti al cancello di casa non fa altro che aumentare la rabbia che è in me.

"Vai via da qui Elijah" dico con tono intimidatorio.

Sanno perfettamente che devono lasciarmi da sola in questi casi, starmi lontani se non vogliono farsi male. Perché con me succede: quando perdo la pazienza, quando sono arrabbiata o in qualunque caso io sia strana, riesco a ferire con le parole e anche molto pesantemente. Sono purtroppo anche molto orgogliosa: una volta che le dico non le ritiro.

"Non ti lascerò andare a quella gara" risponde con tono deciso.

"Non sei tu a decidere per me. Quindi ora sparisci"

Mi avvicino alla porta per entrare, con le chiavi già in mano, e lui stranamente mi lascia fare. Ma non dura per molto visto che, nel momento in cui apro la porta, la sua mano la richiude violentemente. Con passo deciso si posiziona davanti alla porta, facendomi indietreggiare un po'. Il suo sguardo è fisso sul mio viso ma io non riesco a guardalo. Non ora che mi sta impedendo di andare a riprendere quello che è mio.

"Tu non capisci.  Se ti dovesse succedere qualcosa di grave, non me lo perdonerei mai" inizia a parlare cercando i miei occhi che però guardano ovunque tranne che lui. "Parliamo di gare illegali Kyla. Se ci fosse un incidente o un ferito o una qualsiasi altra cosa, nessuno chiamerebbe l'ambulanza, tanto meno la polizia. Ti ritroveresti in mezzo ad un casino assurdo e, se non sei abituato a quelle cose, non ce la fai ad uscirne. Quindi mi dispiace ma tu non andrai a quella gara"

La rabbia è arrivata ora a livelli spettacolari.

Finalmente alzo gli occhi che si incrociano con i suoi.

C'è tanta preoccupazione dentro di essi. Tanta preoccupazione per me. E mi dispiace che lui si preoccupi, non vorrei questo. Davvero. Ma nessuno mi da ordini. Tanto meno per una cosa così importante.

Faccio qualche altro passo indietro per poterlo guardare meglio e con tutta la forza che ho in corpo inizio a dire, o meglio ad urlare: "No, sei tu quello che non capisce. Sei venuto fino a qui per darmi ordini. Ordini a ME, io che non li ho mai rispettati perché lo sai che faccio di testa mia. E tu vieni a darmi ordini poi in una situazione come questa??!! Hai il cervello fuso. È l'unica spiegazione logica che mi viene in mente"

Mi blocco due secondi per riprendere fiato e poi continuare: "Stiamo parlando della collana di Alan, Elijah. La collana di mio fratello santo cielo! È l'unica cosa che mi ricorda lui, che mi fa sentire ancora la sua presenza, che mi fa ricordare che lui c'era, che io ho avuto veramente un fratello, che lui non è un frutto della mia immaginazione". La voce si incrina, segno che sto per piangere, ed anche lui sembra accorgersene. "Ho promesso a me stessa che non avrei mai perso quella collana. Quindi, che tu lo voglia o no, io andrò a quella gara anche a costo di darti una padellata sulla testa"

Il Figlio Del Diavolo (NON CONCLUSA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora