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Non riesco a credere a quello che vedo.

Davanti alla porta c'è un Cameron con il viso tumefatto dai lividi e il sangue che gli scende dallo zigomo. I capelli neri sono attaccati alla fronte per il sudore. La maglia bianca, troppo leggera per essere gennaio, è tutta stropicciata con qualche goccia di sangue sparsa qua e là. Le nocche sono tutte rosse e la puzza di alcol mi invade le narici.

Tenta di fare un passo avanti ma perde l'equilibrio e casca a terra.

Lo guardo spaesata. Ci metto un po' a capire che Cameron è davvero davanti a me e non è solo un'allucinazione. Ma nel momento in cui cade, tutto mi sembra chiaro e la prima cosa che riesco a fare è scoppiare in una fragorosa risata, la prima vera dopo giorni passati solo a provare ansia e paura.

Per fortuna mamma non è a casa.

«Ti sembra il momento di ridere?» riesce a dire sbiascicando.

«Scusa» rispondo cercando di trattenermi ma invano «È più forte di me. Aspetta, ora ti aiuto»

Così mi abbasso e, con tutta la forza che ho, cerco di tirarlo su. Lui, capendo che da sola non ce la posso fare, si appoggia allo stipite della porta e si tira su.

«Ora ti porto fino al divano e poi ti medico» lo informo.

Lui scuote energicamente la testa per dirmi di no. «Per quanto l'idea che sia tu a medicarmi me lo faccia diventare duro, la risposta è no»

Le mie guance diventano rosse nel momento in cui sento quelle parole. Mamma mia che imbarazzo. Perché è così diretto? Non sono abituata.

«Non sei nella posizione di poter parlare visto che arrivi a quest'ora di notte dopo che sei sparito per sette giorni» rispondo un po' impacciata e acida, schiarendomi la voce.

Accompagnata dai suoi sbuffi, lo porto a fatica fino al divano, mettendo prima accuratamente una coperta per non sporcarlo. Poi lo lascio lì, intimandogli di non muoversi, e mi dirigo in bagno per prendere tutto il necessario per ripulirlo un minimo.

Non ho la più pallida idea su cosa io debba fare. Ho visto molte serie tv dove il ragazzo è pieno di lividi e lei lo medica ma un conto è vederlo in tv, un altro è metterlo in pratica. E se gli faccio male? E se gli peggioro la situazione? E se- o basta Kyla! Forza e coraggio.

Quando scendo, lo vedo togliersi la maglia -arreso molto probabilmente al fatto che farò di testa mia in qualsiasi caso- e i miei occhi ricadono sui tatuaggi che ricoprono tutto il braccio sinistro e il pettorale, sulle vene delle braccia messe in risalto dallo sforzo e sulla sua schiena robusta.

E Dio quanto è bello.

Appena si gira, interrompo il mio stato di trance e mi avvicino. E più mi avvicino, più vedo nitidamente i lividi e più mi sale la voglia di prenderlo a botte.

Quando l'ho visto davanti alla porta, avrei dovuto sbattergliela in faccia, urlargli perché ha fatto preoccupare me e i suoi amici o abbracciarlo perché finalmente era lì. Invece sono scoppiata a ridere. Che odio.

«Si può sapere cosa diavolo hai combinato?» gli chiedo non trattenendomi più.

«Avevo voglia di fare a botte, così ho stuzzicato i tipi giusti»

Avevo voglia di fare a botte!? Ma è serio o sta scherzando?

«E tu ti reputi una persona normale?» rispondo sconvolta. Tutto mi aspettavo tranne questa risposta. Ma quale persona sana di mente andrebbe a stuzzicare i tipi giusti per fare a botte?! O, meglio ancora, quale persona sana di mente vorrebbe fare a botte?

Il Figlio Del Diavolo (NON CONCLUSA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora