«Passami la palla» urlo ad Alan, che nel mentre sta facendo delle acrobazie con quel pallone da basket.
È sempre stato bravo nello sport ma non gli è mai interessato tanto. Preferisce dilettarsi alla musica, principalmente con la chitarra. Sono una cosa unica.
«Mamma!» piagnucolo avvicinandomi verso mia madre che si sta rilassando sulla sdraio in giardino, vicino a noi.
Al suono della mia voce, si gira togliendosi gli occhiali da sole permettendomi di specchiarmi nei suoi bellissimi occhi color nocciola, uguali ai miei.
«Che c'è tesoro» dice pulendo con il pollice le lacrime.
«Alan non mi passa la palla» rispondo incrociando le braccia al petto.
«Avanti Alan, non fare il cattivo e passa la palla a tua sorella». Nel suo tono c'è una nota di comando che il mio amato fratellone comprende subito e, sbuffando, mi lancia la palla addosso, colpendomi forte il petto.
Il dolore è lancinante, data la pesantezza della palla sul corpo di una bambina di 4 anni. Talmente forte da costringermi a piegarmi su me stessa.
Alla velocità della luce, Alan si avvicina con uno sguardo preoccupato. «Scusa bambi, non l'ho fatto apposta» dice con voce tremolante. Gli occhi smeraldo che mi scrutano attentamente lasciano trasparire quanto sia dispiaciuto. La corsa gli ha scompigliato tutti i ricci biondi, che ora gli ricadono sbarazzini sulla fronte.
«Sto bene, tranquillo» rispondo cercando di fare un sorriso per rassicurarlo. Ma tutto quello che mi esce è un'altra smorfia di dolore. Mi porge la mano con gentilezza e mi aiuta a rialzarmi, piano piano per non farmi ancora male.
Anche una volta rialzata, dalla sua espressione capisco che è molto dispiaciuto. Allora, per alleggerire l'atmosfera, con uno scatto gli tocco la spalla per poi iniziare a correre. Inizialmente mi guarda scettico poi, appena capisce che ho dato il via al nostro gioco preferito, inizia a correre anche lui gridando: «Tanto non riesci a sfuggirmi bambi».
Corriamo come dei matti per tutto il giardino mentre le nostre risate fendono l'aria, compresa quella di mamma che ci guarda con una gioia immensa impressa negli occhi.
All'improvviso la sua risata si tramuta in un grido agghiacciante che mi provoca un brivido su tutta la spina dorsale. L'aria primaverile lascia il posto ad un freddo inverno che mi sta congelando, visto i vestiti poco adatti. Il giardino piano piano sta svanendo, sotto i miei occhi, mentre un posto che non ho mai visto prima inizia a prendere forma. Vedo in lontana dei banconi grigi che fanno un rumore strano, il pavimento è interamente coperto di mattonelle bianche con qualche schizzo rosso. Cerco di mettere a fuoco il più possibile ma per qualche motivo la vista ha deciso di non collaborare.
Rivolgo lo sguardo verso mia madre per cercare una spiegazione ma anche lei è tutta sfocata, come se fosse ricoperta da un alone di nebbia. I suoi capelli non sono più di un rosso fuoco ma di un biondo quasi bianco e i suoi occhi non sono più marroni ma di un azzurro non molto definito. Il colore della pelle sembra averle abbandonato il corpo mentre con la mano tremante mi indica.
Abbasso istintivamente lo sguardo verso di me e sussulto a quella vista. Il corpo minuto ha lasciato il posto ad un corpo più alto e con più curve ma sempre longilineo, i vestiti invece sono rimasti gli stessi ma ora mi stringono e quasi mi impediscono di respirare. Ma quello che mi fa urlare di spavento è la vista delle mie mani: sono rosse, rosso sangue.
L'ansia inizia a prendere il sopravvento.
Mi giro da tutte le parti per capire dove mi trovo ma tutto quello che riesco a vedere sono altre persone che si comportano come la donna di prima che ho intuito non essere mia madre. Mi indicano tutti come se fossi un mostro, una creatura da cui scappare o proteggere i figli.
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Il Figlio Del Diavolo (NON CONCLUSA)
Romance«Il diavolo viene comunemente chiamato "lucifero" Cameron. E sai cosa significa?» dico con voce rassicurante cercando di frenare il lungo flusso dei suoi pensieri. Lui, tremando, si limita a guardarmi, con la paura e l'ansia che contaminano i suoi g...