Ti ricordi?

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Ci baciamo, io e Riccia. Ci baciamo a lungo e io mi sento in pace durante questa esplosione. Le nostre emozioni si connettono. Sento il suo dispiacere per me, anche la sua rabbia per la mia ostinazione. Mentre sono sicura che lei senta la mia fierezza... ma anche la mia vulnerabilità, che fino a questo momento ho cercato ad ogni costo di tenere da parte.

Non abbiamo pensato a niente; è solo accaduto. E' così bello sentire la sua mano fra i miei capelli e l'altra sul mio dorso; io ho la forza solo di accarezzarle il viso. Quando mi tocca le zone segnate dalla frusta, non mi fa male, ma anzi, sento sollievo.

Riccia, quando non sapevamo più cosa dirci, le nostre labbra ci hanno sempre aiutate a capirci. Non provavo più questa sensazione da anni... e non pensavo che l'avrei mai più provata... di nuovo con te.

Ci fermiamo lentamente e, poco a poco, iniziamo a renderci entrambe conto di cosa succede. Separiamo dolcemente i nostri visi, per poi guardarci, senza farci domande perchè già entrambe sappiamo. Sappiamo che, se è accaduto, è accaduto e basta.

"Ti fa molto male?"

"Ora non più" ed è vero, mi sento solo molto stanca.

In fatti è sera tardi e se non fosse per i nostri orologi da polso, qui sotto, non si riuscirebbe a capire se fosse mattina, sera o pomeriggio.

Realizzo sempre di più che, in realtà, non abbiamo via di scampo. Dovrei riposare, ma al pensiero di mia figlia, gli occhi mi si riempiono di paura, paura di non mantenere la promessa che le ho fatto.

"Riccia... vieni qui"

Si sdraia accanto a me; ha capito che non sono più tanto ottimista, oramai.

"Saray, non importa quanto ci vorrà, ritornerai da lei"
non riesco a crederci più di tanto

"Riccia, è andata male. Non possiamo liberarci da queste catene. Mia figlia mi sta aspettando e io forse non torn..."

"Smettila, Saray smettila" mi dice severa, mentre siamo entrambe sdraiate l'una di fronte all'altra

"Non devi pensarlo neanche per un attimo. Ce la farai in un qualche modo, nessuno ti riesce a fermare quando hai un obbiettivo"

Chissà se lo pensa davvero. Comunque, quello che dice è tutto ciò a cui posso aggrapparmi ora

"Ricordi quando massacrasti di botte Valbuena e ti misero in isolamento?"

"Si, ma cosa c'entra?"

"Mi avevano detto che avevi avuto atteggiamenti suicidi, io non ci credevo. Quando l'ho saputo, non ci ho pensato due volte prima di farmi sbattere in isolamento anche io per verificare che fossero stronzate. Mentre comunicavamo dalle nostre celle, ti ricordi cosa ti dissi?"

Mi viene da sorridere, certo che me lo ricordo

"Mi avevi detto che ero un cazzo di terremoto"

"Esatto" ride lei

"Anche che ero matta come un cavallo" e qui mi metto a ridere anche io.

"Gitana, tutte quelle cose te le riconfermo qui ed ora. Tu sei una matta che fa ciò che ritiene più giusto, a costo di far crollare il mondo."

Mi ricordo che avrei voluto abbattere quel muro che ci divideva, avrei voluto che mi avesse detto quelle cose guardandomi negli occhi, come lo sta facendo adesso.

E'convinta mentre parla e le sue parole sorreggono le mie speranze. Non ero io che, fino a pochi giorni fa, rassicuravo lei? Mi sembra di essere di nuovo in quella cella d'isolamento; ma non c'è un muro questa volta.

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