capitolo sette

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D'un tratto sentì un forte dolore in ogni singola parte del mio corpo. Fu come se mille coltelli iniziarono a pugnalarmi sui muscoli delle gambe, sulla schiena, sulle braccia.

Mi alzai di scatto e mi portai le mani alle tempie per il forte dolore alla testa che avevo già di prima mattina: com'era possibile stare già così male nonostante fossero appena le sette?!

Mi sembrò come di essere appena stato travolto da un treno in piena corsa. Sentivo freddo in tutto il corpo, mi sembrava quasi che mi attraversasse la pelle e mi congelasse le ossa. Avevo brividi in ogni centimetro quadrato della mia pelle.

Per un attimo credetti che la mia vita fosse finita e immaginai che si sentisse un freddo glaciale appena prima di morire.

Non avevo paura della morte, non mi spaventava l'idea di non risvegliarmi mai più. Soffrivo solo nel pensare che le mie sorelle potessero sentire la mia mancanza e che sopratutto avrebbero vissuto con quel mostro di nostro padre. Quella era una valida ragione per evitare la morte.

«Ti senti bene?» chiese d'un tratto Harry riportandomi alla realtà.

«Non rompermi.» ribattei cercando di non fargli capire che stavo morendo di freddo.

Di scatto però lui si alzò e si sedette sul bordo del mio letto e subito mi mise una mano sul mio ginocchio destro accarezzandomelo dolcemente. Il "vero Louis" lo avrebbe all'istante insultato e gli avrebbe tolto la mano da dove l'aveva messa, ma in quel momento ero troppo debole e avevo bisogno di sentirlo vicino a me.

«Che cos'hai?» mi chiese nuovamente.

«Niente Harry.»

«Dai fammi sentire se hai la febbre!» sbottò togliendo la mano dal mio ginocchio e cercando di avvicinarla alla mia fronte.

«Lasciami stare Harry!» ribattei cercando di impedirgli di sfiorarmi ancora ma di scatto mi prese dai polsi e mi guardò dritto negli occhi.

Non mi ero mai accorto di quanto fossero verdi ma sopratutto belli. Ci si poteva specchiare dentro!

«Piantala di fare il bambino!» continuò, dopodiché mise la sua mano sulla mia fronte ed io istintivamente chiusi gli occhi lasciandomi andare completamente. Odiavo ammetterlo ma amavo vederlo prendersi cura di me.

«Scotti Louis!» disse poco dopo togliendo la mano.

«Allora perché rimani qui? Vattene!»

«Stai male! Credi che ti lasci qui da solo?!» mi chiese scuotendo la testa.

«Dovresti dopo il modo in cui ti ho trattato. Se tu fossi al mio posto io non sarei rimasto.» ribattei.

Non era vero, sarei rimasto a coccolarlo, a curarlo, a fargli capire che infondo non lo odiavo così tanto, che era solo quella divisa che mi bloccava ma che forse infondo lui non era tanto male.

«Tu non sei me Louis. Se una persona sta male è giusto che vada assistita.» disse guardandomi dritto negli occhi.

«E poi penso che oltre a me ci siano altre persone disposte a restare qui con te.» aggiunse alzandosi e prendendo un panno dalla sua borsa.

«Cosa fai?» gli chiesi.

«Bagno un panno per mettertelo sulla fronte e provare ad abbassarti la febbre. Tu intanto usa il termometro e misuratela.» mi ordinò, dopodiché uscì dalla stanza.

Non mi opposi, feci come mi aveva detto e rimasi di sasso quando lessi che avevo 39 di febbre.

«E tu che avevi intenzione di rimanere da solo con 39 di febbre!! Ora fai tutto quello che ti dico!» affermò puntandomi il dito, poi mi mise il panno bagnato sulla fronte che subito mi fece sollievo.

𝟏𝟗𝟒𝟑 || 𝐋.𝐒.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora