Capitolo VIII

232 12 1
                                    

Quella settimana per fortuna passò in fretta. Il funerale di mamma fu la giornata più triste di tutta la mia vita, ovviamente. Del misterioso stalker neanche l'ombra e questo mi faceva un po risollevare. Intanto la polizia continuava ad indagare sulla morte di Sophie, pur avendo ormai dichiarato Max Hunger colpevole.
Io ero cambiata. Non ero più la solita ragazza che rideva e scherzava per i corridoi e sfotteva chiunque passava. Ormai ero cresciuta ed mi sentivo più saggia. Molte ragazze mi si avvicinarono per essermi amiche ma io tutti i pomeriggi mi chiedevo in camera e leggevo libri, oppure scrivevo qualche pagina del mio diario dove raccontavo le noiose giornate passate a scuola.

Era primavera e gli uccellini cinguettavano felici, mi alzai di buonumore, stranamente. Erano gli ultimi giorni di scuola, l'estate si stava avvicinando velocemente. Presi lo zaino e mi avviai verso la fermata dove ogni mattina, verso le otto meno dieci passava l'autobus diretto a scuola. Quella mattina, però, ero arrivata un po troppo presto, così iniziai a guardarmi intorno, cosa che non facevo mai perché la mattina ero sempre in ritardo. Qualche gatto randagio girovagava indisturbato per le strade vuote della città. Passò un camion e si fermò davanti la villetta abbandonata dei Goff, due poveri anziani morti qualche tempo fa. Dal camion scese una ragazza di circa sedici anni, un ragazzo sui diciannove anni e un signore, presumibilmente il padre. Li fissai intensamente finché la ragazza, sentendosi osservata, mi sorrise. Non feci in tempo neanche a ricambiare che arrivò l'autobus giallo.
Arrivata a scuola tutti mi guardavano e mi deridevano. Non capivo il perché. Camminai fino ad arrivare alla vetrina dei trofei. Sull'albo studenti era attaccata una mia foto. Avevano creato un fotomontaggio di un maiale morto con la mia faccia. Mi girai di scatto e notai che su ogni armadietto regnava questa foto. Diventai rossa rossa e corsi in bagno. Cercai nello zaino i fazzoletti per asciugarmi le lacrime e rovistando trovai un bigliettino: "questo non è niente, cara. Posso fare anche di più, ora fa quel che ti dico o la pagherai cara."

Ritornata a casa dopo un'intensa giornata a scuola trovai sul mio letto un pacco. Mi avvicinai e lo scartai in fretta. Dentro c'era una strana bambola, proprio brutta. Sulla sua schiena un bigliettino era attaccato: "lascia questa bambola nella tua stanza, così posso osservarti meglio". Guardai gli occhi verdi e terrificanti di quel pupazzo e notai che dentro l'occhio destro era inserito qualcosa, una microspia. Sta volta scelsi di assecondare quel messaggio e poggiai la bambola sulla sedia in direzione del mio letto.

Finché morte non ci separiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora