uragano

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17.05.2021

Si è distesa sul letto con lo sguardo rivolto verso l'alto, verso la piccola finestra sul soffitto sempre chiusa.
Si è messa a guardare il cielo, separato da lei da un vetro e da una zanzariera che uniformava i suoi quadratini all'azzurro terso.
Perché quando sei in una gabbia è come se le sbarre iniziassero ad essere anche parte di te, tanto che non noti più la differenza tra esse e il paesaggio.

Sperava potesse passare qualche nuvola a turbare il monotono equilibrio del firmamento, voleva veder comparire qualcosa per poi vederlo andarsene così come si era presentato.
Così come lui era capitato improvvisamente nella sua vita e gliel aveva stravolta.
Voleva soltanto vederlo passare.
Voleva vederlo andarsene dal suo cuore e dalla sua mente come una nuvola candida che passa attraverso l'atmosfera e non lascia traccia, nessun tipo di segno.

Ad essere onesti però, lui non avrebbe mai potuto essere come una nuvola.
Lui non se ne andava mai.
Non era innoquo, di segni sulla pelle gliene aveva regalati molti e a lei non restava altro che aggiungerne ancora alla sua collezione contandoli nei momenti di grande noia e piattezza.

Voleva vederlo passare, eppure una nuvola non se ne va se non c'è vento.
E il vento non c'era.
La nube ingombrava spazio senza avere intenzione di spostarsi.
Che poi pensandoci, una nuvola non passa per una seconda volta, quando se ne va lo fa in maniera definitiva.
Lui aveva fatto piovere, aveva fatto grandinare, ma sempre da lui era partito un arcobaleno.

Ed infondo però, lui era una nuvola ma al tempo stesso qualcosa di più.
Era un uragano.
L'aveva travolta al suo passaggio, l'aveva distrutta lasciandole solo macerie e detriti polverosi.
Aveva raso al suolo ogni sua aspettativa, ogni suo momento felice.
Tutti sappiamo quanto la natura possa rimanere devastata dalla forza di un uragano.
Ed il fatto è che lei non era, e non è, statica come il cielo.
Anche lei è una forza della natura, soltanto che lui era risultato più forte.

Fissava il soffitto e ad un certo punto ha pensato che un cuore umano dovesse valere molto e che era stufa di trascurare il suo.
Si è messa una mano sul petto e una sulla carotide, per sentirlo battere, poi ha sorriso.
Come una madre che vede per la prima volta suo figlio, ha sorriso perché ha compreso l'importanza di quel battito.
Un semplice e scontato atto involontario svolto da un organo grande quanto un pugno umano.

Lui le aveva spezzato il cuore, eppure esso continuava a battere imperterrito della metafora così simile alla realtà dei fatti.
Ironico non è vero?
Lei stava a pezzi, mentre l'unica cosa iconica a essere a pezzi era ancora intatta e svolgeva tranquillamente la sua funzione.

Forse non era tanto il cuore il problema.
In effetti lei quando amava, amava con la mente.
Il cuore, per suo bene, le diceva di lasciarlo andare, di avere cura di sé stessa.
Era la mente che, sebbene volesse, non riusciva a farlo passare.
Ironico anche questo: solitamente è il contrario.
Lei gli aveva dato sì il suo cuore, ma ancora prima la sua mente, gli aveva offerto l'anima e lui come un dissennatore l'aveva prosciugata lasciandola in fin di vita.

Lo ha amato tanto, tanto da non ricordare come facesse a vivere prima, senza di lui.
Come faceva a svegliarsi la mattina senza il suo pensiero in testa? Come faceva ad andare a scuola e a non notarlo tutti i giorni?
Ha sempre sprecato il suo tempo, lei.
Correva dietro a persone che non facevano nemmeno un passo nella sua direzione e non si era mai resa conto che l'unica persona che dovesse guardare era lì. Di fianco a lei fin dall'inizio.

Ma con i giorni, anche il suo momento era passato, come una nuvola nel cielo che non lascia traccia e lei aveva perso l'attimo.
Ed ora era la volta dell'uragano, che come tutte le grandi trombe d'aria aveva un nome, il suo nome.
Non era una nuvola passeggera, e lei sapeva che non se ne sarebbe andato prima di averle stravolto ulteriormente i piani e la vita.

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