28.06.2021
Dicono che l'uomo debba affrontare 5 fasi prima di riuscire a superare il dolore.
Come se fosse possibile leggere la nostra sofferenza scrivendo appunti al margine bianco, sottolineando le parti fondamentali e dividendola poi in paragrafi e sequenze peculiarizzate da un nome introduttivo.
Ci si riferisce al dolore come ad un testo di narrativa.
Quei brani che alle medie mi guardavano, e che mi guardano ancora adesso alle superiori, cercando di essere compresi ed analizzati.
Vorrei poter avere la stessa bravura nel recensire e catalogare il mio male, così come sono brava a comprendere il significato di un qualsiasi testo.
Purtroppo invece, l'intelletto non sempre risolve i problemi, del resto rammento di non essere mai stata brava a risolverli in matematica.Quando termini di analizzare un testo ci sono gli esercizi nella pagina accanto, tramite i quali dovresti capire, grazie in seguito ad una correzione, se la tua interpretazione del brano è corretta.
Nella vita gli esercizi sono rappresentati da altri ostacoli, simili a quelli che avresti dovuto analizzare, che avrebbero dovuto renderti più forte e che avevano la finalità di prepararti ad una difficoltà del medesimo tipo.
Tuttavia non c'è mai nessuno a correggerti e che ti possa dire "no, hai fatto l'esercizio sbagliato", indicandotene la corretta risoluzione.
Devi renderti conto da solo dei tuoi sbagli rettificandoli per conto tuo.
Del resto è la tua vita, non quella degli altri.5 fasi.
Dicono che la prima di queste sia il rifiuto.
A primo impatto rifiutiamo in dolore.
Iniziamo a pensare che non sia capitato davvero, perché a noi non possono succedere determinate cose che accadono soltanto nella vita altrui e nei film.
Rifiutiamo la verità crogiolandoci in un realtà alternativa ricoperta di zucchero e menzogne creata apposta dal nostro cervello che in quel momento non è in grado di elaborare il dolore subito.Il dolore diventa poi rabbia.
Rabbia verso il mondo che ci ha procurato il male.
Rabbia verso noi stessi che in un certo senso pensiamo di meritarcelo pur sapendo di non meritarlo.
Rabbia verso tutto e tutti.
Perché affrontare una sofferenza è difficile e in un primo luogo abbiamo la necessità di attribuire la colpa ad un agente esterno.
La rabbia, se troppa, può logorarti dentro uccidendoti lentamente, ma è necessaria perché attraverso essa iniziamo ad elaborare la situazione.Segue poi l'elaborazione, appunto.
La rabbia termina e iniziamo a pensare più lucidamente a ciò che abbiamo perso, alle nostre azioni e a quelle altrui.
Semplicemente analizziamo ogni peculiarità più e più volte, ponendoci magari anche delle domande.
Ripercorriamo il tutto come semplici spettatori.Poi c'è la depressione.
Perché prendiamo consapevolezza del dolore.
Ci accorgiamo che è reale e non più un'ipotesi lontana.
Ci coinvolge direttamente e per questo non va ignorato.
E soprattutto fa male.
Potrà sembrare di non riuscire a respirare per quanto dolore si prova, perché il dolore mentale può tramutarsi in fisico.
L'ho provato, e sinceramente è una vera merda.
Sappiamo di dover rialzarci e fare qualcosa, ma siamo così a pezzi che non ci riusciamo.
Il fondo inizia a piacerci e ci abituiamo all'oscuritá che ci circonda.
Non vediamo la luce né la superficie.
Ci lasciamo semplicemente cadere, cullati dall'olío e dalla speranza che un giorno la corrente possa riportarci a galla da sola.
Insomma, potrei descrivere questa fase con altre migliaia di parole, perché la conosco bene, quindi passiamo oltre.Infine vi è l'accettazione.
La verità ci è nuovamente sbattuta in faccia e ci investe come un cazzo di camion.
Ma ci rendiamo conto che il dolore che abbiamo sopportato ci ha fatto bene, ci ha reso più forti.
Capiamo che vale la pena provare a rialzarci e andare avanti.
Perché ogni tipo di dolore e di sconfitta è in grado di insegnarci qualcosa di prezioso.
E dunque accettiamo semplicemente di avere perso ora per vincere una battaglia dello stesso tipo domani.
Accettiamo il dolore.Ed io sono rimasta quella bambina che sapeva già troppe cose per la sua età.
Sensibile e acuta che era in grado di decifrare quasi ogni testo che leggeva nella vita, ma sicuramente tutti gli stupidi brani di scuola.
Che si faceva coinvolgere anche quando la situazione non la riguardava e che scriveva pagine e pagine, quaderni e quaderni.
Li riempivo di racconti e poesie sull'amore, come se una bimbetta di otto anni petesse saperne chissà cosa.
Ci scrivevo le mie giornate e tutte le ingiustizie che mi capitavano alle elementari e anche a casa.Ma sono ancora quella ragazza, che riempie le note del telefono di monologhi, di strofe di canzoni e freestyle.
La stessa che prende continuamente rimproveri in classe perché scrive durante le lezioni e non ascolta una parola di quelle spiegazioni del cazzo.
Che si perde in una frase di un libro e la sottolinea con l'evidenziatore scirvendoci note affianco.
Quella che si ubriaca di canzoni quando l'alcool non é più in grado di reggerlo.
Quella che si nasconde dietro ad un "sto bene" e ad un bel sorriso stampato in volto.
La ragazza che mette troppo spesso i sentimenti nelle cose, quando non dovrebbe e quando non vorrebbe.
Perché in tutto ciò che fa ci mette l'anima.Quella che alla fine riesce sempre a superare queste cinque fasi del cazzo, e lo faccio da sola.
Ma ci metto gli anni.
E se la vita fosse un fottutissimo libro pieno di testi da analizzare allora avrei già vinto in partenza, perché questo è ciò che so fare meglio.
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Parti di me
PoesíaPensieri nascosti, parole non dette e sentimenti messi in gabbia. Parti di me soffocate, che non ho mai lasciato uscire. 🚫tutti i diritti sono riservati🚫 ⚠⚠ è vietata qualsiasi utilizzazione, totale o parziale, dei contenuti di questa storia, per...