Parte 9

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Se dovessi inquadrare in un arco temporale la nostra storia, sceglierei l'estate del 2017, prima di entrare ad X factor. Eravamo più piccoli, infantili, e ci giocavamo su di noi, ma già da allora avevamo capito che il nostro rapporto non fosse come quello di due semplici amici. È stato in quel periodo che ci siamo accorti di essere complici, in tutto e per tutto.

Ricordo quando ci trovavamo a casa mia per provare e lui restava sempre anche dopo le prove per stare un po' con me. Ci stendevamo sul divano, mangiavamo schifezze e guardavamo serie tv trash, quelle che trasmettono il pomeriggio. Facevamo le imitazioni delle voci che doppiavano su real time e ci sfidavamo alla play. Adoravamo stare assieme, con il tempo momenti del genere sono diventati sempre più rari. Una volta lo costrinsi a truccarlo, a mettergli la matita nera e lui si innamorò di come appariva, di come stava diventando grazie alla mia influenza. Si stava plasmando con me e anche io stavo cambiando in meglio grazie a lui. Lui mi ha insegnato tanto, più di quanto volessi ammettere. Mi ha spinto a diventare più matura e meno superficiale, migliore. Mi ha aiutato a non essere troppo impulsiva anche se lui stesso faceva fatica a non esserlo a volte, a essere meno permalosa anche se spesso lo era anche lui, perché alla fine noi ci assomigliamo più di quanto vogliamo riconoscere. Quando era con me tornava un po' bambino, anzi cacciava fuori il suo lato meno razionale e non se ne vergognava, anzi si divertiva. Ma con il tempo ha iniziato a cercare altro, qualcosa che io non ero o non ero ancora.

In quell'estate abbiamo scoperto di essere di più. Per primi se ne erano accorti gli altri anche se in fondo noi lo abbiamo sempre saputo. Ricordo quella volta in cui c'era un festino a cui partecipavano oltre me e lui anche Thomas e i suoi amici, le mie amiche e alcuni amici in comune. Non eravamo ancora maggiorenni, solo Dam e qualche altro lo erano, eravamo riusciti a prendere molte bottiglie di alcolici e avevamo fatto a gara di shottini. Dam aveva vinto come sempre, lui odia perdere.

Ad un certo punto eravamo tutti nel cortile a parlare in cerchio attorno ad un focolare fatto alla bell'e meglio e Dam aveva colto l'occasione per cantare Pyro dei Kings of Leon con il sottofondo della chitarra di Thomas. Eravamo ancora ignari che quella canzone poi l'avrebbe cantata in alcuni concerti che avremmo fatto successivamente, in uno dei quali Dam si era commosso a metà canzone. Chissà se in quel momento stava ripensando a cosa fosse successo questa sera, ho sempre voluto credere così.

Mentre cantava in cortile ero rimasta incantata dalla sua voce, era così rauca e profonda, sembrava entrarti dentro e scavare nei meandri della tua anima andando a lambire i punti più sensibili. Lui adorava e anche tuttora lo ama, essere al centro dell'attenzione, si nutriva dei nostri sguardi, dei nostri giudizi, non avevo neppure ignorato gli occhi dolci che facevano alcune ragazze presenti e che lui sembrava apprezzare.

Poi c'è stato un momento in cui eravamo tutti stesi per terra a parlare ma io dovetti andare ad aiutare una mia amica che era in bagno a vomitare. Neanche io ero molto in me quella sera, ero molto brilla ma fortunatamente non stavo male. Tutti gli altri entrarono in casa un po' per andare in bagno, un po' per soccorrere la mia amica, un po' perché stava iniziando a far freddo fuori.

Non vedevo Dam quindi andai fuori a cercarlo e non appena uscii dalla casa i miei amici dentro chiusero la porta a chiave. In un primo momento non ci avevo fatto caso anche per le condizioni in cui ero, dopo mi accorsi di questo dettaglio.

Raggiunsi Dam che era steso ad occhi chiusi e mi stesi accanto a lui. Lo scossi un po' per vedere se stesse bene e lui fece segno di andare tra le sue braccia e così feci. Lui era palesemente brillo, biasciava le parole, e puzzava di gin. Parlammo del più e del meno, non ricordo neppure di cosa. Si posò una foglia trasportata dal vento sui suoi capelli e ridemmo un po' offuscati dall'effetto dell'alcol. Gliela tolsi e ci guardammo negli occhi. Lui aveva una mano sotto di me che mi circondava la vita e l'altra che mi accarezzava il viso. Posò la fronte sulla mia e ridemmo di nuovo per la situazione. Sfiorò con le dita i miei lineamenti, il mio naso, mie labbra. Poi ci guardammo negli occhi e fu quello il momento in cui capimmo che ci amavamo. C'era un silenzio tombale, solo i nostri respiri riempivano l'aria. Entrambi ci avvicinammo di più e finalmente ci baciammo. Non fu un bacio lungo ma fu molto intenso. È stato uno dei momenti più felici che io abbia mai vissuto, da tempo lo sognavo. Quante volte mi ero maledetta per aver bevuto troppo e non essermi goduta a pieno quel momento, anche se in realtà se non avessimo bevuto non ci sarebbe sicuramente stato. Mi riempiva di gioia il fatto che lui tenesse a me così tanto, sentivo il cuore a mille e lo stomaco in subbuglio. È stato un bacio confuso ma carico di amore.
In quel momento pensavo solo a lui e a quanto fossi felice, tutto il resto era scomparso. Non riuscivamo a smettere di sorridere e a bearci di noi, sembrava un sogno. Sembrava impossibile che fosse successo, così giusto e così sbagliato allo stesso tempo. È vero eravamo parecchio ubriachi ma se l'avevamo fatto significa che lo volevamo veramente. Nessuno di noi aveva pensato alle conseguenze, era semplicemente da fare, già da tempo ormai e avevamo temporeggiato fin troppo.
Avrei voluto dipingere quel momento per tenerlo impresso per sempre, per non dimenticare mai il bene che ci siamo voluti, l'amore che provavamo. A me martellava la testa per l'alcol, lui aveva i capelli tutti in disordine, tremavamo di freddo abbracciati, con le mani che non smettevano di toccarsi, perché era quello il loro posto, le une nelle altre, noi vicini come non mai, io che ascoltavo quella che sarebbe diventata la mia musica preferita, il battito del suo cuore, rannicchiata nel suo petto a respirare il suo profumo, lui a biascicare parole senza senso senza smettere di sorridermi e tenermi stretta. Tutto questo era sinonimo di felicità. Lui era sinonimo di felicità. Lo era sempre stato, nel bene e nel male ed io lo avevo sempre saputo in fin dei conti.

Eravamo rimasti abbracciati per qualche minuto con le nostre gambe intrecciate e i respiri che si mescolavano finché io iniziai a starnutire per il freddo, così ci alzammo per tornare dentro barcollanti e sempre abbracciati un po' per reggerci a vicenda, un po' per evitare di infreddolirci di più, un po' perché non volevamo separarci.

Bussammo alla porta e ci fecero entrare. Appena varcata la soglia gli altri ci inondarono con schiamazzi e applausi. Dopo un po' tornammo a casa in macchina di un nostro amico, eravamo sempre vicini, non riuscivamo a separarci e Nica dovette farmi uscire di peso dall'auto per farmi entrare in casa. Non volevo allontanarmi da lui perché avevo la paura fottuta che domani mi sarei svegliata e lui non mi avrebbe più amato, non sarebbe stato mio, non volevo che succedesse. Volevo che quella notte durasse per sempre, che noi fossimo reali perché sapevo in fondo che quella era stata un'eccezione, un momento fatalmente irripetibile. Così lui per farmi andare mi promise che quella notte mi avrebbe scritto e che non mi dovevo preoccupare di nulla perciò a malincuore mi staccai. Eravamo entrambi consapevoli di aver fatto un casino tremendo.

s.a.
Ciaoo, scusate se in questo periodo sto pubblicando raramente ma sono molto impegnata e non ho molto tempo per scrivere

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