Capitolo 26

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Isabella

Le opzioni sono due: o non riesco a mascherare bene le mie emozioni, o Alexander mi capisce meglio di quanto pensassi. In entrambi i casi, sono fottuta.

Quando Astrid mi ha chiamato dicendo che gli acquirenti stavano temporeggiando, ho iniziato ad allarmarmi. Ma il colpo di grazia l'ho ricevuto quando Odette mi ha informato che la merce che stiamo acquistando e vendendo non è la stessa di sempre. Ad una prima visione risulta uguale, ma se controllata maggiormente, si notano delle differenze. Scarsa qualità, materiale contraffatto, quantità minore.

I conti non tornano. Le famiglie con le quali facciamo affari ci stanno mancando di rispetto, cercando di indebolirci. Se prima era solo una mia idea, ora ne ho la conferma.
Siamo sotto attacco.

"Allora?".

Alexander stringe ancora di più la mano, ridestandomi dai miei pensieri. Sembra sinceramente preoccupato, ma non posso fidarmi di lui.

"Nulla che ti debba riguardare".

Tento di togliere la mano dalla sua morsa, invano. In risposta, me la stringe ancora di più.

"Isabella, sono con te. Ricordi?".

Sono quasi tentata di crederci, ma è ancora troppo presto. Non posso informarlo della situazione. Potrebbe prendere la palla al balzo e togliermi il trono. Sarebbe un altro problema da aggiungere alla lista.

"Dimitri, scorta Alexander fuori".

Sento la stretta allentarsi di poco e ne approfitto per togliere la mano del tutto.

"Isabella". Mi richiama, ma ho preso la mia decisione.

"Alexander, scusami se ti ho fatto perdere tempo. Hai ragione, c'è qualcosa che non va, quindi devo prima risolvere dei problemi. Parleremo poi dell'affare che avevo in mente".

"Non è così che si contratta".

Alzo lo sguardo sui suoi occhi, trovandoli particolarmente irritati.

"È così che contratto io. Il capo."

Alexander avanza verso la mia scrivania, piantando i due palmi sopra.

"Non mi allontanare, Bella. Fidati di me. Parlami. Sono dalla tua parte".

Lo è davvero?
Posso fidarmi di lui?
O è un leone travestito da agnello?

Di nuovo una lotta tra mente e cuore e di nuovo io mi trovo nel mezzo.
Posso rischiare e trovare una mano che mi sorregge.
Come posso giocarmela e trovare una mano impugnata di pistola con la mira su di me.
Mi prendo dei minuti per pensarci ma il punto non cambia.

Sono intenta a rimandarlo via, quando alla testa mi balena un'idea.
Mi alzo dalla scrivania e vado a riempirmi un bicchiere di whisky.

"Se vuoi delle risposte, ti aspetto domani sera qui, in questo ufficio. Alle otto in punto".

Non lo guardo in volto. Gli do le spalle. Ho paura possa captare il mio bluff.

"Perché non dirmelo ora?", chiede.

"Perché prima ho bisogno di un quadro generale. Non mettermi fretta".

Alexander non risponde. Dopo qualche attimo si incammina verso la porta, e prima di chiudersela alle spalle, mi da la buonanotte.

Ritorno alla mia scrivania, congedando anche Dimitri.
Voglio stare da sola. Affilare il mio piano in privato. Restare tra me e me. Nessun altro.
Prendo il telefono e chiamo l'unica persona su questo pienata in grado di aiutarmi.
Dopo due squilli, risponde.

"Isabella?".

"Persefone, caccia l'artiglieria pesante".

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