Capitolo 45

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Isabella

"Di quattro settimane", aggiungo. Non sia mai creda che non sia suo.

Come descrivere Alexander in questo momento? È praticamente sdraiato sulla poltrona, con il viso rivolto verso il soffitto. Credo che il termine "sconvolto all'inverosimile" sia perfetto in questa occasione. Certo, non mi aspettavo che facesse i salti di gioia o altro, ma che almeno dicesse qualche parola...

"Alexander?", cerco di richiamarlo.

Mi rendo conto che è preso dalla notizia, lo sono stata anche io e se avessimo tempo da perdere, lo lascerei crogiolare nei suoi pensieri, ma non ne abbiamo, quindi deve reagire all'istante.

"Ma non prendevi la pillola?"

"Si".

Alexander mi guarda e capisco che non ci arriva.

"Un mese fa siamo andati in quel ristorante cinese che tu tanto idolatravi. Mi hai fatto mangiare pesce crudo a volontà. Ricordi cosa è successo poi?".

"Abbiamo fatto una capatina nel bagno", inizia a ricordare.

Annuisco.

"E poi, una volta tornati a casa?".

Sento da qui l'ingranaggi del suo cervello lavorare senza sosta.

"Cazzo.....".

Finalmente è arrivato alla conclusione.

"Hai vomitato l'anima".

"Esatto. Per questo la pillola non ha avuto l'effetto desiderato".

Rimaniamo in silenzio per un paio di minuti. Il viso di Alexander ritorna al suo colorito e per fortuna, sembra uscito da quel limbo di sorpresa e paura.

"Quando l'hai scoperto?", mi chiede dopo un po'.

"Una settimana fa".

"Ora capisco perché David ti ha sussurrato qualcosa all'orecchio e le tue sorelle hanno approvato. Ti hanno consigliato di stare al riparo data la tua condizione".

Annuisco senza proferire parola. Mentirei se dicessi che, nel momento in cui ho scoperto di Odette, ho subito pensato a proteggere mio figlio. Ma credo sia più una questione di abitudine, per questo non ho contestato il consiglio datomi. So che mia sorella è in buone mani e di rischiare la vita di mio figlio, non me la sento.

"Quando avevi intenzione di dirmelo?".

Ecco la domanda cruciale.

"Dopo la questione di Odette. Non sono una codarda né un'ipocrita. È anche tuo figlio, non l'avrei tenuto nascosto per sempre. Aspettavo solo il momento giusto".

"Dio mio.... " sospira.

Mi alzo dalla poltrona, sgranchendomi un po' le gambe. Devo stemperare in qualche modo la situazione.

"Lo so. Quando l'ho scoperto ho avuto una crisi di pianto, ma ho iniziato ad amare questa creatura fin da subito, nonostante fosse legata alla persona che più odiavo in quel momento".

Alexander impreca silenziosamente. Si alza anche lui e mi raggiunge. Vorrebbe toccarmi e ci prova, ma poi fa cadere il braccio lungo il suo fianco. Teme una mia reazione negativa.

"Come ci comporteremo, d'ora in poi? Io voglio essere presente per mio figlio. Voglio essere un padre a tutti gli effetti".

"Lo sarai. Nonostante il male che mi hai fatto, non ti negherei mai l'amore di un figlio e non toglierei mai la figura del padre nella sua vita. Ma ora non è il momento giusto per parlarne. Porta a casa mia sorella, e solo allora ne discuteremo".

Il mio tono perentorio non ammette repliche. Per quanto voglia affrontare l'argomento e togliermi dubbi, pensieri e paure, Odette viene prima di tutto.

Manca poco all'inizio della missione e Alexander ha bisogno di riposarsi e prepararsi, sia mentalmente che fisicamente.

"Va a casa e cerca di risposarti. Non dovrai sbagliare una singola mossa questa notte".

Mi guarda sconfitto, ma non obietta. Prende la giacca che aveva posizionato sulla poltrona e si dirige verso l'uscita. Prima di fargli varcare la porta, però, lo fermo, prendendogli il braccio.

Ho le lacrime agli occhi per ciò che sto per dire e una stretta al cuore mi fa capire che non sono pronta a pronunciare queste parole, ma devo.

"Oltre a quello di mia sorella, porta il tuo culo sano e salvo da me. Hai un figlio d'amare e non pensare di farmelo crescere da sola. Ricordati chi ti aspetta a casa".

Gli occhi si sgranano ma non gli concedo altre parole. Lo spingo fuori dalla porta, chiudendomela alle spalle. Mi accascio per terra, cercando di smorzare il pianto che esce furibondo dal petto. La paura di qualsiasi complicanza mi offusca la vista e mi fa mancare l'aria ma devo rimanere lucida. Guiderò il tutto attraverso dei microfoni e non lascerò nulla al caso.

In campo di battaglia stanno scendendo le mie sorelle, i miei uomini e il padre di mio figlio.

E il mio cuore non è pronto a perdere nessuno di loro.

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