Capitolo 44

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Alexander

Ci ritroviamo tutti nell'ufficio di Isabella. Non vola una mosca. I miei uomini guardano in cagnesco gli uomini di Isabella e viceversa. Io, sono impegnato a fulminare con gli occhi David, il quale mi ripaga della stessa accortezza.

"Smettetela di fare i bambini, tutti quanti. Per adesso facciamo tutti parte della stessa squadra. Non transigo litigi fra di noi, ne tanto meno ghigni e sbeffeggiamenti. Bisogna essere uniti".

Esasperata, Isabella si alza dalla sua poltrona dopo esser riuscita a delineare un piano perfetto.

Io ed Eros entreremo per liberare Odette, dato che conosciamo il bunker dove è nascosta. Tutti gli altri dovranno fare da palo, distrarre le guardie, intervenire nel momento del bisogno. Ognuno ha il suo compito, nessuno escluso.
Noto David prendere la mano di Isabella e sussurrarle con preoccupazione qualcosa all'orecchio. Un moto di gelosia si innesca in me, ma cerco di tenerlo a bada. Lei non ha bisogno di questo, ora.
Astrid e Persefone, ascoltato ciò che David ha detto, si posizionano di fronte Isabella, dandogli ragione.
Ma che sta succedendo? Cosa è successo? E perché tutta questa privacy?

Dopo minuti snervanti, finalmente Isabella parla.

"Andate tutti a prepararvi, agiremo questa notte. Riposatevi e ripassate più volte il piano, nulla deve andare storto".

Iniziamo tutti ad incamminarci verso la porta. Eros mi mette una mano sulla spalla. È particolarmente nervoso ed eccitato. Rivuole la sua donna.

"Alexander, tu resta".

Mi fermo di botto, sorpreso da queste parole. Non credevo mi volesse ancora vedere, figurati parlare. Probabilmente vorrà ripetermi il piano, dato che sarò io a salvare sua sorella.
Saluto i miei fratelli, dicendo loro che li avrei raggiunto dopo.
Per mia fortuna, se ne vanno anche le sorelle Rodriguez, accompagnate dal biondino che mi guarda con aria truce.
Fottiti detective dei miei stivali.

"Ti chiederai perché ti ho fatto rimanere".

Si è nuovamente riseduta sulla poltrona. Nonostante stia messa meglio di quando l'ho incontrata qualche ora fa, noto comunque i segni della stanchezza sul suo corpo. È dimagrita, ma al tempo stesso ha un aurea luminosa che la circonda. Come può essere così distrutta e magnetica allo stesso tempo?

"Presumo tu voglia rivedere il piano, avendo io un ruolo importante".

Sono ancora in piedi, eretto sulle mie gambe che sento come gelatina, ma cerco di non darlo a vedere.

"Siediti", mi chiede gentilmente.

L'espressione del suo viso cambia di secondo in secondo. Paura, preoccupazione, felicità, ansia, terrore, dolore, delusione. Tutte queste emozioni le contornano gli occhi ed io mi chiedo il perché.
Lascia passare infiniti minuti in cui mi guarda e in cui io la guardo. Per una settimana non ho potuto osservare i suoi tratti ed ora me li sto divorando.
Vorrei posare le mie labbra sulle sue, riassaporare il suo sapore, riscoprire il suo odore. Vorrei tornare in simbiosi con lei. È un istinto primordiale quello che mi attanaglia. Il bisogno di avere con me la mia metà.

Isabella si passa una mano sul viso, stanca.

"Non so come dirtelo, quindi vado dritta al punto".

Mi posiziono meglio sulla sedia, cercando di stare comodo.
Prende un bel respiro.
Incatena i suoi occhi ai miei.
Espira ed inspira.
Si stritola le mani.
Si morde il labbro.

"Non potrò partecipare questa notte, non fisicamente".

Aggrotto le sopracciglia, spaesato.

"Non capisco...."

Isabella diventa bianca come un lenzuolo e ho quasi paura che si senta male ma quando apre bocca, capisco che quello che sverrà per terra, sarò io.

"Sono incinta".

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