14. Quel maledetto soprabito rosso

657 45 9
                                    

📍Londra, novembre 2016

You spend your life in a dream that you can't escape
'Cause you live your life in a coma, you're never awake.

NF

{DANIEL}

La luce di un vecchio lampione ad olio scherma la mia ombra sull'asfalto scuro, allungandola fino a farla unire a quella di un gatto, intento a bere da una pozzanghera al lato della strada.

"Daniel!"

La musica che esce dal locale sovrasta in buona parte la sua voce ma ciò non basta ad impedire ad un brivido di percorrermi la spina dorsale.
Eppure per quanto vorrei farlo, non mi volto, continuo a camminare, con il mento rigido e le mani strette nelle tasche.

"Daniel ti prego!" questa volta la sua voce rimbomba nei vicoletti, mentre il rumore dei suoi tacchi sul lastricato si fa sempre più vicino, in un rieccheggiare quasi assordante che mi fa male ai timpani. "guarda che lo reggo il tuo passo!"

Sospiro, e rallento fino a fermarmi; lasciando che il freddo mi avvolga le membra, in un eccesso di gelo che non mi invade solamente le ossa, ma anche il cuore e il cervello.

"Cosa c'è Rebecca?" Sbuffo in un sussurro sofferente.

Proprio così? Senza ne ciao ne grazie?

"Lo sai benissimo cosa c'è" puntualizza, stringendosi nel suo soprabito rosso fuoco, evitando volontariamente il mio sguardo. "So che lo sai.."

Irrigidisco le spalle fissando l'andirivieni delle mie Vans sul marciapiede buio mentre un sorriso malinconico mi dipinge le labbra.

"No, non lo so Becca" replico irrigidendo le spalle "So che fino a cinque minuti fa ballavi con il tuo ragazzo in mezzo alla pista, e ora sei qui fuori, a pretendendere che io stia fermo ad ascoltarti, dopo quasi 3 mesi che non mi rivolgi la parola. Perdonami ma sono un po' confuso"

Alcune gocce di pioggia cadono leggere sulla mia testa, mentre le mie parole si perdono nell'aria, disturbate da una risata sguaiata che proviene da una veranda sopra di noi.

"Io.." Becca mi guarda con aria spaesata, prima di distogliere nuovamente i suoi occhi dai miei, puntandoli al di là degli argini che delimitano il Tamigi. "Volevo solo vedere se andava tutto bene, sei uscito con una faccia"

Sono uscito con facce molto peggiori dai box negli ultimi mesi, possibile che tu non te ne sia mai accorta?

"Sto bene" soffio senza preoccuparmi troppo di nascondere il sarcasmo. "Non pensavo di dover avere il tuo permesso per uscire a prendere una boccata d'aria"

Le sue gote si infiammano improvvisamente, come due piccoli tizzoni incandescenti, mentre le sue piccole dita si stringono in un pugno lasso.

"Non è questione di permettere o non permettere ma di preoccupazione" sussurra incerta.

"Preoccupazione..." dico, non riuscendo a trattenere una risata frustrata. "Preoccupazione per cosa? Hai paura che io possa giudicare te o il tuo ragazzo? È questo che intendi?"
Scrollo il capo, e passo una mano tra i capelli, permettendo all'umidità che gli ricopre di colarmi giù per il collo, imbrattando il colletto della felpa.

"Ti rassicuro subito Becca: non me ne frega un cazzo"

Le mie parole, acide e cattive come il più aspro degli agrumi, cadono rumorosamente tra di noi, colpendo forte Rebecca, rimasta impietrita dal mio eccesso di collera.

The Story •Daniel Ricciardo•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora