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Pearl


Apro gli occhi di scatto, sentendo il suono della sveglia sul mio cellulare. Ah già, ho lezione alle dieci stamattina... me ne ero dimenticata. Sbuffo, alzandomi dal letto per poi proseguire verso il bagno. Devo farmi una doccia immediatamente: detesto questo senso di umido che mi sento addosso, credo sia dovuto alle temperature di Brooklyn. Mi spoglio, entrando in doccia per sciacquarmi e insaponarmi con il mio bagnoschiuma al... cocco? Ho preso quello che c'era in offerta ieri, quindi non ho badato molto al profumo. Fare la spesa è più difficile di quanto pensassi: si devono controllare i prezzi, cosa che io non ho mai fatto prima. Qualcosa mi piaceva? Me la prendevo e basta. Mia madre suppongo se la stia ridendo insieme a Iwona, quelle megere. Dopo essermi insaponata esco, e mi asciugo con il telo da bagno fucsia. Ci metto circa mezz'ora per prepararmi di solito, e questa volta non sono da meno. Quando sono asciutta e con i capelli perfettamente arricciati esco dal bagno e mi vado a vestire. Indosso sempre vestiti neri, e non perché mi sia morto il gatto ma perché mi stanno da dio. Infilo l'intimo rosa, per poi indossare sopra dei jeans neri a zampa di elefante e un top nero in pizzo. Faccio colazione con un toast bruciato e sopra metto la crema di nocciole. Devo sbrigarmi, devo prendere il bus che sarà tra qualche minuto alla fermata qui vicino.

Impreco mentalmente, maledicendo quella donna che in questo momento avrà tutto a portata di mano. Qualche ora dopo sono nei corridoi dell'edificio, e alquanto pare la gente mi nota come al solito. Saranno i miei tacchi a spillo o i miei occhi azzurro ghiaccio? Magari entrambi. Ignoro gli sguardi dei ragazzi troppo arrapati, per poi concentrarmi sul percorso. Dove diavolo è la palestra? «Ehi bellezza, hai bisogno di aiuto?» Mi domanda un ragazzo, alto, con i capelli biondi e lunghi fino alle spalle. Ma sono tutti biondi qui? «Dove si trova la palestra?» Gli chiedo, ignorando il sorrisetto smorfioso.

 «Ti accompagno, se vuoi», continua a sogghignare. Lo guardo con indifferenza, mettendolo a disagio. «Se rimorchi le ragazze in questo modo siamo messi male», mi lascio sfuggire. Schiude la bocca scioccato, e io alzo la mano verso il corridoio. «Indicami la strada, forza», lo snobbo. Alza un sopracciglio, assottigliando gli occhi. Non credo gli piaccia il mio atteggiamento. «E se non volessi?» Mi sfida, non capendo che io so come giocarmi tutte le carte meglio di lui. Sogghigno, avvicinandomi al suo naso per fargli capire che non scherzo affatto. «Be', se non mi aiuti non saprai mai come rimorchiare per davvero una ragazza». Attiro la sua attenzione, e di colpo mi porge la mano per salutarmi. «Mi chiamo Sven», fa un sorriso falso, ma che a me fa ridere sul serio. «Pearl», la stringo decisa, mentre lui si rilassa un po' sotto il mio sorriso divertito. Sembra uno scemo, ma uno di quelli buoni; un po' come mia sorella Corinne. «Vieni, ti mostro la palestra mia regina», ammicca, ottenendo il mio compiacimento.

«Bravo, mi stai già più simpatico», sogghigno, camminando dietro di lui per ammirare la mercanzia. Le cose belle si devono ammirare, un po' come le opere d'arte. Scendiamo le scale, arrivando di fronte ad un corridoio con qualche armadietto e una porta blu. Quando la apre resto basita dalla grandezza della palestra, è grande quanto il soggiorno di casa mia. Sono talmente persa ad ammirare le pareti bianche e gli spalti in legno, che non mi accorgo neanche di una tizia che mi urla. 

«Sven, chi ci hai portato?» Domanda, una donna in tuta grigia e con una coda di cavallo marrone con riflessi biondi. «Lei è Pearl, ha lezione con voi», dice, mettendosi le mani dentro le tasche dei jeans grigi. Ma nessuno ha un po' di stile qui dentro? É raccapricciante tutto questo. L'insegnante mi guarda con aria discriminatoria, facendo una smorfia quando nota i miei tacchi. «Non si viene conciate così in palestra. Siamo in un'università, non ad una sfilata di moda», intima, beccandosi una mia occhiataccia. Le sue scagnozze, ovvero le cheerleader con la gonna azzurra e il top bianco ridono, accrescendo il mio nervosismo. 

Faccio un passo avanti, aprendo bocca come al mio solito. «Almeno io sono femminile, lei sembra uno di quegli ubriaconi con la pancia scoperta e denti gialli per la troppa birra ingerita, i classici dei film americani», sputo fuori. Le ragazze dietro di lei restano sconvolte e Sven mi guarda sbalordito e divertito. È meglio quando non parlo, lo sanno tutti. L'insegnate resta un attimo scioccata, poi si riprende e fischia contro di me. «Vuole essere spedita dal rettore già al suo primo giorno? Me lo dica, così la spedisco immediatamente», ringhia, arrivandomi di fronte con aria minacciosa.

«Ha iniziato lei a prendermi in giro, perciò se lei mi spedisce dal rettore io di certo non starò zitta neanche lì! Sa cosa dirò? Uh, l'insegnante ha iniziato a prendermi in giro per il mio vestiario, e l'ha fatto di proposito con sguardo schifato tra l'altro; non è questo il giusto comportamento da tenere, vero professoressa?» Intimo gelida. 

Non ribatte, ma tiene le labbra strette tra di loro con fierezza. «Professoressa, dovremmo continuare con le prove», alza la mano, una biondina dai capelli a caschetto e lo sguardo insicuro. Mi sembra un pesce in un mare pieno di squali. L'insegnante si volta, dandomi le spalle per poi fischiare e ordinare alle sue schiavette di ricominciare con le prove. «Porca miseria, da dove diavolo l'hai preso il coraggio di risponderle in quel modo?» Domanda Sven, mentre io proseguo verso gli spalti e mi siedo. 

Non farò lezione, ho deciso. «Ho un grande problema Sven: non riesco a stare zitta, a controllarmi, perciò se mi sfidate o provocate dovete stare molto attenti», soffio fuori, accavallando le gambe per poi osservare le ragazze ballare. Sono tutte coordinate: brave a scuotere i loro sederi in maniera sensuale, brave a spostare i capelli e fare sguardi lascivi; tutte, eccetto una. La biondina di prima sembra impacciata, e per niente a suo agio. «Lotty! Insomma, è la terza volta che facciamo la coreografia e non riesci a farla bene», urla l'insegnate. «Cavolo, non è proprio il suo campo quello», impreca serio, Sven. Quindi la conosce? Interessante. «La conosci?» Gli chiedo, restando indifferente. Sposta lo sguardo su di me, annuendo impercettibilmente. «È la sorella di un mio amico», mi informa. «Mi dispiace, io... non riesco a...» Continua a balbettare lei.

L'insegnante si mette una mano in fronte, scuotendo la testa esasperata. Si volta verso di me, guardandomi con aria scocciata e forzata. «Tu saresti in grado di fare questo ballo? Piuttosto che restare seduta potresti muoverti sai? Anche se è il tuo primo giorno non devi restare per forza in disparte», mi informa con aria per niente gentile. Mi lecco il labro inferiore, notando lo sguardo insistente di un'altra ragazza...lei ha i capelli marroni con delle punte fucsia, mentre i suoi occhi sono scuri. Mi fissa con un certo distacco, quasi come se mi ripudiasse senza un verso senso logico. «Allora?!» Urla lo scaricatore di porto. 

La fisso con impassibilità, per poi alzarmi dagli spalti. «Se lo faccia da sola il balletto. Questo corso non fa per me, abbandono già oggi», la saluto con un gesto sbrigativo. Esco dalla palestra con un nuovo obiettivo: trovare un corso decente e che faccia per me. Cammino per il corridoio, guardando l'orario sul telefono per controllare le mie prossime lezioni. «Ma guarda chi abbiamo qui, la principessa», mi chiama, una voce virile che riconosco subito: il biondino. Alzo gli occhi dal cellulare, osservandolo nella sua maglietta bianca e i suoi jeans azzurri strappati sulle ginocchia. Ha il classico look da rockstar. «Ciao biondino», lo saluto, fermandomi di fronte. Mi guarda con occhi criptici, per poi osservare il mio vestiario.

 «Anche oggi di nero?» Ammicca. «Io vesto sempre nero», lo informo. Inclina leggermente il capo, ma ad un tratto qualcuno lo richiama, anzi, qualcuna. «Lionel!» Urla una ragazza, che non appena mi volto capisco chi è. La tipa dalle punte fucsia ha uno sguardo accusatorio, e sembra voler marcare il territorio. Oh no, meglio che ne resti fuori io. «Ci si vede», lo saluto, sorpassandolo per poi andarmene via. 


Angolo Autrice:

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Pagina: Car_mine01

Un bacio.

Pearl Piotrowsky (The real queen of Poland)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora