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Pearl


Apro la porta del mio appartamento, faticando a tenerla aperta con il peso di Lionel addosso. Abbiamo preso le scale a chioccia e siamo arrivati direttamente nel garage ma piuttosto che prendere la sua auto ho preso la mia e siamo usciti dalla porta laterale. «Lionel, siamo arrivati nel mio appartamento», soffio, chiudendo la porta con un calcio. Percorro il corridoio, sentendo il suo respiro sul mio collo. Penso che sia incosciente al momento, dato che non ha neanche gli occhi aperti e il suo respiro è regolare. Entro in camera, stendendolo sul letto. Maledizione, ma quanto pesa? Metto le mani sui fianchi, prendendo un attimo di fiato prima di togliermi i tacchi. La vibrazione del mio telefono mi ridesta dal mio momento "relax", quindi sono costretta a prenderlo per rispondere. «Lotty, dimmi», mi schiarisco la voce. «Dove diavolo siete?» Sbotta, abbastanza preoccupata. Guardo suo fratello sudato e tremolante sul mio letto, provando ad inventarmi qualche balla. Provo a prendere tempo, dicendole che sono appena uscita dal bagno di casa mia e che mi stavo lavando le mani — bugia —.  «Ehm... tuo fratello è ubriaco e pur di non farsi vedere da tuo padre mi ha chiesto di portarlo via dalla villa», mento, dandomi un cinque mentale. «Farò finta di crederci. Comunque che dovrei inventare a mio padre e mia madre?» Sbuffa, mentre io mi siedo accanto al ragazzo mezzo andato.

«Questo lo sai tu, non io. Digli che è uscito con Sophie o con me, inventati qualcosa!» Esclamo, posandomi una mano in fronte per lo stress. «Va bene, ci vediamo domani», mi saluta esasperata. La saluto anche io, chiudendo poi la chiamata il secondo dopo. Sposto gli occhi sul biondino, decidendo di sbottonargli la camicia ormai troppo bagnata. Questi sono i classici effetti della droga: sudore, tic e anche tremolii. Sapevo già che lui si drogasse, quei movimenti erano fin troppo chiari da individuare. 

Mi domando solo perché si sia gettato in questo buco nero fatto di dipendenze. Tolgo l'ultimo bottone, provando a sfilargliela dalle maniche. Fatico un po', ma alla fine riesco a spogliarlo. Stranamente a quanto mi aspettavo non ha tatuaggi sul petto, ne ha qualcuno sulle braccia e sul polso ma non sul petto. Ha disegnato una piccola luna sul polso sinistro mentre in quello destro ha un sole; sulla spalla sinistra ha un pugnale con la punta verso il basso attorcigliato da una radice. È davvero un bel ragazzo. Io conosco il Lionel del momento, tuttavia, so che un tempo non era questo ragazzo costantemente rigido e infuriato con tutti. Mi sarebbe piaciuto incontrarlo prima. Scuoto la testa, alzandomi dal letto per andare in bagno e prendere un panno bagnato, dato che è un brodo.

 Dovrei struccarmi e togliermi questo vestito e invece sono qui, a fare da balia ad un vent'enne. Da quello che mi ha detto Lotty so che sono gemelli i due, anche se caratterialmente non c'entrano nulla. Strizzo il panno, percorrendo poi il corridoio a piedi nudi. Mi siedo sul letto, poggiando il panno sulla sua clavicola, scendendo lentamente sul petto muscoloso.

Lavo le sue spalle, arrivando fino ai polsi e passo più volte il panno sia su che giù. Passo il tessuto fresco sul suo collo, risvegliandolo finalmente. Apre gli occhi lentamente, guardandomi con occhi vuoti. Mi fermo un attimo, mantenendo il contatto visivo con lui. «Stai bene?» Domando, sapendo già la risposta. Quando andavo a scuola in Polonia c'era una zona solitaria in cui di solito molti gruppetti si fermavano per fumarsi qualche canna o passarsi qualche pasticca. Più di una volta girava anche la cocaina e l'eroina da quelle parti. Una volta, una ragazza si è suicidata mentre era in uno stato incosciente; al suo funerale era andata tutta la scuola. Per questo so molto bene gli effetti di quelle dipendenze: le conseguenze di quelle bombe artificiali erano ben visibili a tutti quelli che passavano nel seminterrato per appartarsi. «Come se un treno mi avesse preso in pieno», tossisce. 

Avrei un milione di domande da fargli, eppure, vedendolo in questo stato, decido di non chiedergli nulla. Mi spiegherà domani che diavolo gli passa per la testa. Tampono la sua fronte con il panno, sentendo il suo sguardo addosso. «Non mi fai domande?» Commenta aspro. Scuoto la testa, bagnando di nuovo il collo e le clavicole. «Non ora», sussurro, osservando i suoi occhi azzurri accerchiati dal rosso. «Hai bisogno di riposare, e penso anche che ti stia venendo la febbre», dico, toccando la sua fronte con il palmo. «Sei anche dottoressa...» Ridacchia amareggiato, «chi lo avrebbe mai detto», conclude, richiudendo gli occhi. Non sai tante cose di me, Lionel Beverly... «Hai mangiato qualcosa?» Gli chiedo, alzandomi dal letto. «Gli stuzzichini e la prima portata». Almeno ha mangiato.

Lo lascio riposare sul letto e nel frattempo vado a struccarmi in bagno. Mi faccio anche una doccia veloce coprendo i capelli con una cuffietta e poi, una volta finito, esco dal box doccia, mettendomi l'accappatoio bianco. Osservo i fazzoletti imbevuti che ho buttato nel cestino, buttando poi un occhio sulla mia figura allo specchio. Ho giusto due brufoli, uno sulla guancia sinistra e l'altro sotto il mento. Li elimino con le dita, passandomi sopra poi della pomata che ho comprato l'altro giorno. Non ho la pelle perfetta come pensano in molti, a volte, non sempre, mi spuntano delle imperfezioni. 

Esco dal bagno, dirigendomi verso la camera per prendermi l'intimo e il mio pigiama coordinato in raso; ne ho esattamente tre paia, tutt'e tre di colori diversi: uno rosa con il bordo dei pantaloncini in pizzo, uno azzurro semplice e uno rosso lucido. Getto un'occhiata al ragazzo dormiente, aprendo poi l'armadio d'avanti al letto. Non mi cambierò qui, non gli darò modo di vedere l'ottava meraviglia. Dopo aver preso l'intimo bianco e nero insieme al mio pigiama azzurro esco e vado a cambiarmi in bagno mentre il ragazzo dorme. Qualche minuto dopo sono di nuovo in camera che scosto le coperte del letto dall'altro lato. Non ho alcuna intenzione di dormire sul divano, questo è il mio appartamento. Mi infilo sotto le coperte, prendendo il telecomando del ventilatore sul soffitto. Metto la velocità a tre, controllando di nuovo Lionel che dorme serenamente. Ora posso finalmente dire buonanotte a me stessa. Chiudo gli occhi, sistemando meglio la testa sul mio cuscino e dopo qualche minuto riesco a sentire il sonno arrivare. 


Angolo autrice:

Pagina Instagram: Car_mine01

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Un bacio!

Pearl Piotrowsky (The real queen of Poland)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora