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Danny quella sera era intrattabile e capriccioso. Non gli andava giù che Loki se ne fosse andato senza neanche salutarlo e anche se Amy continuava a dirgli che sarebbe tornato presto, lui non le credeva, perché al suo "Quando?" non sapeva che rispondergli. Loki sarebbe potuto tornare entro poche ore, come anche dopo giorni. Amy non aveva idea di quanto fosse rischiosa la missione in cui l'aveva coinvolto Thor, né quanto avrebbero impiegato a compierla. Quello che sapeva, era che non sarebbe stata semplice, perché quel poco che aveva carpito dal discorso del Dio del Tuono era che tutto era molto oscuro – Elfi e Mondi – e decisamente poco speranzoso.

Ma questo non poteva dirlo a Danny. Poteva invece rassicurarlo raccontandogli di Thor e del Ponte dell'Arcobaleno, descrivergli Asgard – o almeno come l'aveva vista nell'illusione – e la missione eroica in cui Loki era stato chiamato a combattere. Non era in pericolo, perché lui era forte, era un dio e nulla l'avrebbe sconfitto.

Dopo quel racconto infiorettato di grandi gesta che Amy non aveva minimamente idea se fossero verosimili o meno, Danny decise di fare un disegno da regalare a Loki al suo ritorno.

«Mi sembra un'ottima idea» gli disse Amy, rasserenata dal vederlo finalmente tranquillo. Così, dopo cena, il bambino prese fogli e pennarelli e si mise a disegnare e colorare.

Finito di sparecchiare, la ragazza ricordò di aver lasciato i panni stesi fuori. «Ehi, cowboy, vado a ritirare il bucato prima che si inumidisca troppo» lo avvisò accarezzandogli i ricci biondi.

Danny annuì mentre continuava a colorare mettendo una marea di verde sul mantello svolazzante di Loki.

Amy accostò la porta di casa e col catino vuoto al fianco raggiunse i fili con i panni stesi. Li saggiò con le dita e li trovò zuppi.

«Accidenti» sbuffò. Se ne era completamente dimenticata, la sua testa sembrava essere partita insieme a Loki. Prese a togliere maglie e pantaloni e ad ammucchiarli nel catino. Quando da ultimo tolse un lenzuolo, scoprì un'alta figura nascosta lì dietro.

Le si gelò il sangue nelle vene. Amy era così spaventata che non trovò neanche il fiato per gridare. Connor era davanti a lei, senza divisa, ma con una camicia di flanella sdrucita e i jeans rovinati. Aveva un aspetto orribile: la barba incolta, gli occhi appannati dall'alcol e l'andatura barcollante. In una mano teneva una bottiglia di Cognac mezza vuota e nell'altra una pistola, quella non d'ordinanza e molto probabilmente neanche denunciata.

«Ciao, Amy» biascicò. «Contenta di vedermi?»

Lei indietreggiò, gli occhi sbarrati per il panico. Inciampò sul catino e cade a terra.

Lui rise e prese un sorso di Cognac, che per metà gli colò sul mento.

«C-che cosa vuoi?» gli chiese, senza riuscire a controllare il tremore della voce.

Connor si passò la lingua sui denti e prese a giocare con la pistola facendola roteare su un dito. «Questa mattina ho notato quella luce» cominciò a dire. «La direzione era all'incirca questa, ma non avevo idea di cosa fosse. Poi mi sono ricordato di averlo visto su internet mentre cercavo informazioni sul tuo folletto verde, quello che si crede un dio e che mi ha minacciato.» Tracannò un altro po' di liquore, poi lanciò la bottiglia sul prato, dove si infranse in mille pezzi. «Nessuno può minacciarmi e farla franca!»

Amy riuscì a trovare la forza di alzarsi in piedi e riprese a indietreggiare. «Cosa vuoi?» chiese ancora.

Connor avanzò verso di lei, continuando a rigirare la pistola in mano. «Dal terrore che vedo nei tuoi occhi, credo di non aver sbagliato a credere che quel mostro ti abbia lasciata qui da sola, tornandosene nella fogna da cui proviene. E ora tu sei qui, senza protezione, senza nessuno che ti senta gridare e che accorra in tuo aiuto. Dico bene?» sorrise.

LOKI - Non c'è ingannoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora